Una Regione
che vanta 20 miliardi di residuo fiscale, ma non riesce a ottenere i fondi per
le barriere fluviali. Ma è anche colpa dei veneti, uomini laboriosi che chinano
il capo e fanno, ma non reagiscono all'ingiustizia.
Il silenzio di chi tace davanti a un’ingiustizia
é colpevole nella misura dell’ingiustizia stessa. E il Veneto pare non
averlo imparato. I vigneti sembrano poggiarsi su risaie, tanto
l’acqua ha invaso i terreni. Le coltivazioni agricole già provate
dalle intemperie e dalla grandine sono irrimediabilmente perdute. Strade
dissestate e case, oggi, abitate da fango e detriti. Un uomo di 58 anni
morto sotto il peso di un muretto che non ha contenuto la forza dell’acqua che
esondava da un piccolo corso d’acqua paesano. Decine i feriti e centinai le
famiglie evacuate. Le spiagge sono disintegrate, a poche settimane dalla
stagione turistica. Metri e metri di argini scomparsi. Secondo il governatore Luca
Zaia i danni mancherebbero di poco i 500 milioni di euro. Ciononostante se
non ci fosse scappato il morto, non ci sarebbe stata una notizia. Perché
che l’alluvione colpisca la stessa regione tre volte in quattro anni non puó
essere più importante della diatriba sull’Imu o sulle riforme in cantiere da
agosto. Che il Veneto vanti nei confronti dello Stato un residuo fiscale
superiore ai 20 miliardi di euro, ma comunque non riesca ad ottenere i fondi
per terminare le barriere architettoniche e i bacini di laminazione in cantiere
da oltre quattro anni non può essere più importante degli aggiornamenti sull’asse
Hollande-Merkel o della giornata mondiale contro l’omofobia.
Anche il numero sempre più crescente di auto senza
assicurazione é più importante di quello che accade all’interno dei vecchi
confini della Serenissima, che domani pagherà l’Imu sui capannoni infangati e
danneggiati. Perché la notizia non é che l’ammontare dei risarcimenti per i
danni provocati dalla pioggia negli ultimi anni avrebbero già coperto oltre
metà della spesa complessiva per i lavori sui corsi d’acqua. No, la notizia é
“l’eccezionale ondata di maltempo che ha fatto anche una vittima”. Con le
immagini prese da internet, perché tanto le formiche non piangono. E se non
piangi, in Italia, non hai una notizia. Perché 5 milioni di persone che
hanno smesso di essere arrabbiate e che hanno imparato a vedere la soluzione a
un’emergenza come l’assenza di un problema da risolvere il giorno dopo, non
sono una notizia. Sono una risorsa per chi lacrima sul numero verde con cui
donare piccole somme a emergenze con meno della metà dei danni ma con il doppio
della visibilità. Ma sono anche la gioia di chi trae profitto dal vittimismo
laborioso di chi “fa e non insegna”, dal popolo tronfio del suo pragmatismo,
che non capisce di essere stato appaltato da se stesso a metà compenso. Lavora
e tace, perché le valutazioni e le responsabilitá di quanto é accaduto oggi
si faranno domani, dice dall’ottobre del 2010 almeno. Ma chi tace non può
lamentarsi dell’ingiustizia quindi, formica, sei colpevole dell’indifferenza
in egual misura.
di Francesca Carrarini (L'Intraprendente)
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