Verrebbe da chiedere: "Dove eravate?".
Politici, istituzioni e giornalisti: tutti miopi sullo Stato guidato da Erdogan.
Sulla
Turchia, però, verrebbe da chiedere un classico «dove eravate?» ai tanti che
adesso si agitano per i diritti umani: anche perché a opporsi all'ingresso
della Turchia in Europa (di 71 milioni di musulmani, cioè, in un'Europa che ne
contiene solo 15 milioni) poco tempo fa c'erano solo quattro gatti leghisti e
comunisti. Berlusconi magnificava «il grande amico» Erdogan, il Corriere
della Sera ospitava articoli del ministro Frattini che esaltava le
fantasmatiche riforme turche, la sinistra se ne strafotteva, il Vaticano taceva
per paura di ritorsioni contro i cristiani armeni. E i giornalisti? Nel
novembre 2006 Napolitano andò ad Ankara e auspicò «l'ingresso della
Turchia come stato membro», ma gli inviati italiani gli fecero solo domande su Schifani
e sul presidenzialismo. Intanto l'Herald Tribune e altri giornali del
mondo si occupavano del caso Turchia per davvero, anche perché Ankara guardava
apertamente all'Iran di Ahmadinejad e a una partnership militare con la
Siria: le repressioni e i giri di vite contro la stampa erano all'ordine del
giorno. E oggi? Forse ignorate che Francia e Germania hanno cambiato idea: sia
benvenuta la Turchia nella Ue, come ribadito nel maggio 2012 con l'applauso di Mario
Monti. Una questione economica, certo: anche se da un rafforzamento
dell'Asse Berlino-Ankara c'è soltanto da temere. Le perplessità di ordine
demografico e culturale? Chi se ne frega.
di Filippo
Facci
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