L’altissima tensione tra Matteo Renzi ed
Enrico Letta generata dai continui attacchi (pubblici) del segretario
democratico sta alimentando, con maggiore forza, anche la possibilità di un rimpasto
nel governo. Il sindaco di Firenze ha dichiarato che non sarà lui a
chiedere «passi indietro» ai responsabili dell’esecutivo,
compito questo, che spetta al presidente del Consiglio.
I nomi sotto esame sono ormai
conosciuti: Fabrizio Saccomanni (ministro
dell’Economia e delle Finanze), Annamaria Cancellieri (ministro della
Giustizia), Flavio Zanonato (ministro
dello Sviluppo economico), la stessa Nunzia De
Girolamo (ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali)
per le note vicende, Enrico Giovannini
(ministro del Lavoro e delle Politiche sociali) e Maria Chiara Carrozza
(ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).
La sorpresa potrebbe, invece, giungere da chi
attualmente occupa il dicastero dell’integrazione: la ministra Cécile Kyenge.
Rumors romani indicano la politica di origini congolesi come “autorevole”
candidata (ovviamente in quota Pd) per un posto alle prossime elezioni europee.
Un’idea, pare, stimolata anche dal continuo scontro con i nuovi vertici della
Lega Nord. Si tratterebbe di una sorta di barriera che il maggior
partito della sinistra italiana avrebbe deciso di erigere per contrastare la
scelta dei verdi padani di schierarsi con il cartello delle destre europee.
Una volontà, dunque politica, di portare oltre i confini nazionali le istanze
“maturate” in questi 10 mesi di governo a favore dell’immigrazione.
La vicenda, però, potrebbe nascondere altre verità.
La poca operatività della signora Cécile, i risultati
praticamente nulli di un ministero “strumentale” sino dalla
scelta del nome, la querelle di polemiche di varia natura non ultima
quella legata alle famiglie adottive bloccate in Congo,
avrebbero convinto i vertici Pd (e anche il premier Letta) a trovare una nuova
collocazione alla Kyenge. Un’operazione tattica e maliziosa tesa
a scardinare i malumori (anche interni) rispetto alla povertà dei risultati
prodotti.
Come dicevano i latini Promoveatur ut amoveatur,
promosso per essere rimosso.
di Carlo Cattaneo (Intraprendente)
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