sabato 27 agosto 2016

La sostanza dei numeri

Ferragosto segna il punto di svolta dell’anno, almeno psicologicamente: il grosso dell’estate se n’è andato e ci si prepara ad affrontare la stagione “discendente”. Gli italiani lo fanno - secondo quanto dicono i numeri - con il freno a mano tirato: la crescita del Pil è praticamente ferma. Ma, come abbiamo più volte sostenuto, a forza di guardare i numeri si perde di vista la sostanza. Non è certo uno zerovirgola in più o in meno che può cambiare lo stato delle cose. Se il governo nazionale è fermo dietro il referendum e il governo europeo è inchiodato alle formule matematiche, la sostanza ci dice che la gente non ha più fiducia. Il clima di incertezza generale raffredda anche i più ottimisti, e non certo per un decimale di percentuale in più o in meno. Per esempio: hai voglia a raccontare che i migranti a Vicenza sono “solo” duemila e quindi non si può parlare di emergenza, quando poi dai documenti recuperati dall’Isis in fuga dalla Libia si ha la conferma che su ogni barcone c’è una percentuale ben definita di terroristi in base a un pianificato progetto di infiltrazione finalizzato a portare la jihad nel cuore delle nostre città. Anche i profeti dei numeri devono arrendersi all’evidenza che se l’1 per cento (a essere ottimisti) dei migranti sbarcati sono tutt’altro che profughi, significa che solo a Vicenza ci sono una ventina di infiltrati con velleità terroristiche. Ma noi che non crediamo ai numeri vogliamo invece immaginare che quell’1 per cento si sia concentrato tutto a Milano, o a Bruxelles: cambierebbe qualcosa? Ovviamente, no. L’emergenza c’è, ed è tanto più grave quanto si continua a confondere il dovere dell’accoglienza con il suicidio della sottomissione, l’ospitalità con l’invasione, la solidarietà con il servilismo. Padre e madre curdi, lui insegnante lei infermiera, che con due figli piccoli sono fuggiti alle fiamme del loro paese invaso dall’Isis, sono con tutta evidenza profughi: ed è sufficiente vedere come si muovono la donna e i bambini per capire se quella famiglia avrà la possibilità di integrarsi in Europa. Ma un venticinquenne algerino, tunisino, marocchino, nigeriano o ghanese non è - salvo rarissimi casi - un profugo; e i rari casi possono essere esaminati nelle ambasciate - altrimenti inutili - che i Paesi europei hanno in quegli Stati. Se un governo, sia esso nazionale o europeo, non è in grado di prendere atto di questa semplice realtà e di trarne le conseguenze, non può pretendere che i suoi cittadini abbiano l’entusiasmo e la fiducia necessari a far risalire il Pil: è già tanto se non prendono i numeri e glieli tirano in testa.
ARIO GERVASUTTI (GdV)

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