La Moretti pubblica una foto con Boschi, Serracchiani
e Madia per sbeffeggiare il sindaco. Ma l'effetto è pessimo.
Per fortuna non si fa sentire più tanto spesso. Perché ogni volta che lo fa, commette un errore. Alessandra Moretti è la maestra delle figuracce, da quando la sua parabola politica ha iniziato a precipitare da deputata a parlamentare europea, poltrona abbandonata per tentare la scalata della sua regione e miseramente perduta con disonore.
Oggi è una semplice consigliere regionale, ma dall'alto della sua vanagloria non manca di discettare su tutto, perlopiù sui propri avversari, che denigra su Facebook con modi ad dir poco infantili.
Lo ha fatto anche l'altro ieri, nei confronti dell'odiata sindaca di Roma, Virginia Raggi. Quella mente sublime della Moretti ha pubblicato una foto di lei con Maria Elena Boschi, Marianna Madia e Debora Serracchiani che se la ridono sguaiatamente, scrivendo: «Io, Maria Elena, Debora e Marianna non stavamo commentando il 7 e mezzo che Virginia Raggi si è data, ma ci stavamo rilassando dopo una riunione. Però mi è venuta in mente questa foto leggendo sui quotidiani il voto che la sindaca di Roma si è data. #lamanicalargadei5stelle».
Ecco fatto. Delegittimare l'avversario politico deridendolo: un livello che rasenta l'asilo nido. Certo, se Renzi e il Pd hanno idea di vincere con queste qua, avranno un bel po' da fare.
Anche perché, guardando questa foto, uno potrebbe chiedersi: che c'avranno poi così tanto da ridere... La Boschi è impelagata da due anni con i casini del babbo e dei risparmiatori truffati da Banca Etruria. Non paga di tanta spudoratezza (anche alla luce delle rivelazioni uscite nel libro di Ferruccio de Bortoli), nel dicembre 2016 ha pure perso miserevolmente il referendum che portava il suo nome, sulla riforma costituzionale alla quale, sia lei che Renzi, avevano legato a doppio filo il loro futuro politico, salvo poi ovviamente rimangiarsi tutte le promesse come è loro costume.
La Madia poi. A parte che non sembra proprio un fulmine di guerra paragonata alla Raggi, la sua carriera politica è costellata da cambi di casacca e voltafaccia. Incantatrice di serpenti, ha fatto appena in tempo a saltare sul carro giusto, dopo aver flirtato praticamente con tutte le correnti esistenti nel Pd e anche quelle non esistenti: veltroniana, lettiana, dalemiana, bersaniana, e poi anche mariniana, franceschiniana, prodiana, fassiniana, civatiana, napoletaniana. A vendere se stessa è impareggiabile. Quello che le manca è mettere in pratica i delicati ruoli che le vengono affidati. La Corte costituzionale ha bocciato per ben due volte la sua riforma della pubblica amministrazione. Chapeau, che record.
Riguardo alla Serracchiani è un po' come sparare sulla Croce Rossa. Da quando, nel 2006, decide di dedicarsi alla politica, entrando nel consiglio provinciale di Udine, non si è capito ancora cosa sappia fare. Già parlamentare europea, viene eletta presidente della Regione del Friuli-Venezia Giulia per una manciata di voti. Sotto la sua guida la regione è stata invasa dai migranti. Alle ultime Amministrative fa perdere al Pd città chiave come Pordenone e Monfalcone. L'unica cosa buona è stata farsi amico Renzi, che infatti l'ha nominata sua vice.
Infine ladylike Moretti. «Io, la Boschi e la Madia abbiamo uno stile ladylike (cioè donne che piacciono, ndr): dobbiamo e vogliamo essere belle, brave, intelligenti ed eleganti», ebbe a dire nel 2014, in vista delle Regionali in Veneto che perse infelicemente nel 2015. Come ladylike è imbattibile , senz'altro più famosa per quante volte va dall'estetista che per i suoi contenuti politici. Ha fatto parlare di sé anche recentemente per un'altra bella figura di palta: già assente 25 volte su 90 sedute del consiglio regionale , a dicembre non partecipò alle decisive sedute che dovevano decidere sulla legge di bilancio, dandosi malata. Pochi giorni dopo però pubblicò su Instagram sue foto in India , dove era andata per il matrimonio di un amico imprenditore . Messa in croce dai suoi replicò di essere «ammalata da viaggio » e che «vale più una settimana in India che un anno a Palazzo Ferro Fini ». Per questo le toccò pure dimettersi da capogruppo Pd in consiglio regionale e chiedere scusa.
Fabrizio Boschi (Il Giornale)
Per fortuna non si fa sentire più tanto spesso. Perché ogni volta che lo fa, commette un errore. Alessandra Moretti è la maestra delle figuracce, da quando la sua parabola politica ha iniziato a precipitare da deputata a parlamentare europea, poltrona abbandonata per tentare la scalata della sua regione e miseramente perduta con disonore.
Oggi è una semplice consigliere regionale, ma dall'alto della sua vanagloria non manca di discettare su tutto, perlopiù sui propri avversari, che denigra su Facebook con modi ad dir poco infantili.
Lo ha fatto anche l'altro ieri, nei confronti dell'odiata sindaca di Roma, Virginia Raggi. Quella mente sublime della Moretti ha pubblicato una foto di lei con Maria Elena Boschi, Marianna Madia e Debora Serracchiani che se la ridono sguaiatamente, scrivendo: «Io, Maria Elena, Debora e Marianna non stavamo commentando il 7 e mezzo che Virginia Raggi si è data, ma ci stavamo rilassando dopo una riunione. Però mi è venuta in mente questa foto leggendo sui quotidiani il voto che la sindaca di Roma si è data. #lamanicalargadei5stelle».
Ecco fatto. Delegittimare l'avversario politico deridendolo: un livello che rasenta l'asilo nido. Certo, se Renzi e il Pd hanno idea di vincere con queste qua, avranno un bel po' da fare.
Anche perché, guardando questa foto, uno potrebbe chiedersi: che c'avranno poi così tanto da ridere... La Boschi è impelagata da due anni con i casini del babbo e dei risparmiatori truffati da Banca Etruria. Non paga di tanta spudoratezza (anche alla luce delle rivelazioni uscite nel libro di Ferruccio de Bortoli), nel dicembre 2016 ha pure perso miserevolmente il referendum che portava il suo nome, sulla riforma costituzionale alla quale, sia lei che Renzi, avevano legato a doppio filo il loro futuro politico, salvo poi ovviamente rimangiarsi tutte le promesse come è loro costume.
La Madia poi. A parte che non sembra proprio un fulmine di guerra paragonata alla Raggi, la sua carriera politica è costellata da cambi di casacca e voltafaccia. Incantatrice di serpenti, ha fatto appena in tempo a saltare sul carro giusto, dopo aver flirtato praticamente con tutte le correnti esistenti nel Pd e anche quelle non esistenti: veltroniana, lettiana, dalemiana, bersaniana, e poi anche mariniana, franceschiniana, prodiana, fassiniana, civatiana, napoletaniana. A vendere se stessa è impareggiabile. Quello che le manca è mettere in pratica i delicati ruoli che le vengono affidati. La Corte costituzionale ha bocciato per ben due volte la sua riforma della pubblica amministrazione. Chapeau, che record.
Riguardo alla Serracchiani è un po' come sparare sulla Croce Rossa. Da quando, nel 2006, decide di dedicarsi alla politica, entrando nel consiglio provinciale di Udine, non si è capito ancora cosa sappia fare. Già parlamentare europea, viene eletta presidente della Regione del Friuli-Venezia Giulia per una manciata di voti. Sotto la sua guida la regione è stata invasa dai migranti. Alle ultime Amministrative fa perdere al Pd città chiave come Pordenone e Monfalcone. L'unica cosa buona è stata farsi amico Renzi, che infatti l'ha nominata sua vice.
Infine ladylike Moretti. «Io, la Boschi e la Madia abbiamo uno stile ladylike (cioè donne che piacciono, ndr): dobbiamo e vogliamo essere belle, brave, intelligenti ed eleganti», ebbe a dire nel 2014, in vista delle Regionali in Veneto che perse infelicemente nel 2015. Come ladylike è imbattibile , senz'altro più famosa per quante volte va dall'estetista che per i suoi contenuti politici. Ha fatto parlare di sé anche recentemente per un'altra bella figura di palta: già assente 25 volte su 90 sedute del consiglio regionale , a dicembre non partecipò alle decisive sedute che dovevano decidere sulla legge di bilancio, dandosi malata. Pochi giorni dopo però pubblicò su Instagram sue foto in India , dove era andata per il matrimonio di un amico imprenditore . Messa in croce dai suoi replicò di essere «ammalata da viaggio » e che «vale più una settimana in India che un anno a Palazzo Ferro Fini ». Per questo le toccò pure dimettersi da capogruppo Pd in consiglio regionale e chiedere scusa.
Fabrizio Boschi (Il Giornale)
Nessun commento:
Posta un commento