La
legge impone a chi ferisce qualcuno o danneggia qualcosa di rimborsare
personalmente. Se i soldi non ci sono? «Pazienza».
Migranti
o non migranti la legge parla chiaro. Chi causa un danno risponde personalmente
con il proprio patrimonio. È una questione che appartiene alla sfera del
diritto civile. Stop. D'altra parte, affermano gli addetti ai lavori, ci sono
molti italiani che pur ritenuti responsabili non risarciscono il danno perché
privi di mezzi economici o patrimoniali. La domanda, sollevata in questi giorni
da alcuni lettori che raccontano di aver vissuto l'esperienza in prima persona,
è semplice. Premesso che notoriamente sembrano non avere un euro in tasca, chi
paga per i richiedenti asilo che, anche fosse in maniera colposa, provocano
danni a terzi? E se, per superare il problema, un domani il governo creasse una
copertura assicurativa per i migranti a carico dei contribuenti? LA NORMATIVA.
Le risposte necessitano un passo indietro. La norma di riferimento che, come un
ombrello copre tutte le fattispecie, è l'art. 2043 del codice civile. E il
parere degli addetti ai lavori, come detto, è unanime perché lo stesso
riferimento difficilmente lascia spazio a scappatoie. Il comandante della
polizia locale del capoluogo berico Cristiano Rosini sostiene che «il perno
della questione non è nell'essere o non essere profugo, perché in materia
civilistica i codici sono sufficientemente esaustivi e non discriminano». Insomma,
a fin dei conti se il portafogli è vuoto inutile insistere. «Se però - continua
l'ufficiale - il migrante al momento dell'incidente viaggiasse per conto della
cooperativa che lo ospita o per un ipotetico datore di lavoro potrebbero essere
proprio questi ultimi a essere chiamati a rispondere dei danni». TRA TEORIA E
PRATICA. «In linea teorica - afferma l'avvocato Daniele Accebbi - chi ha
ricevuto un danno da un migrante potrebbe chiedersi: "Posso rivalermi
sullo Stato?". In fin dei conti, si potrebbe imputare la presenza
dell'irregolare in Italia alla disattenzione dello Stato». In realtà, continua
il legale esperto in materia di infortunistica, «il collegamento, il nesso di
causalità è così lontano da rendere il ragionamento troppo sofisticato». E
perciò inutile nelle aule di tribunale. E allora la riflessione proposta sposta
la prospettiva, iniziando proprio dall'indossare i panni di chi, il danno, lo
ha subito. «Di fronte all'impossibilità di essere risarciti, indipendentemente
dal fatto che chi causa il danno sia migrante o meno - spiega - la ricetta è
una sola: rassegnarsi. Semmai dovrebbe intervenire il legislatore». L'ASSICURAZIONE.
Già, ma in che modo il legislatore potrebbe intervenire? La risposta
dell'avvocato è immediata. «Creare un'assicurazione obbligatoria per i
richiedenti asilo a carico dei contribuenti», afferma. Anche in questo caso il
ragionamento dell'avvocato sembra essere, almeno dal suo punto di vista,
lapalissiano. Dice: «Se in qualche modo finanziamo con le nostre imposte i 20
miliardi che servono per salvare alcune banche, perché non farlo anche per
creare una copertura assicurativa per queste persone? Perché poi, uno alla fine
se lo chiede, perché dovrei pagare per tamponare gli incauti investimenti di alcuni?».
Tra molti "perché", un'ultima considerazione: «Non possiamo illuderci
di fermare il fenomeno migratorio. Se perdessimo anche il valore della mutua
solidarietà che giustificherebbe un'assicurazione, le cose potrebbero essere
peggio di quanto già non sono».
Federico Murzio (GdV)
Federico Murzio (GdV)
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