“Non si
scarichino le colpe della crisi bancaria sui lavoratori”. L’appello viene dal
Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, che replica
così indirettamente alle dichiarazioni del primo ministro italiano, Matteo
Renzi, che a Cernobbio ha dichiarato “a porte chiuse, lontanissimo da microfoni
e giornalisti, ma vicinissimo ai banchieri e finanzieri – ha detto Ciambetti –
che per ottenere la modernizzazione del sistema creditizio bisognerà mettere
sul tavolo 150 mila licenziamenti in dieci anni. Queste parole gravissime in
una nazione minata dalla disoccupazione accompagnate alle accuse generalizzate
alla classe dirigente che ha sottovalutato il nodo del sistema bancario sono
state accolte con chiaro entusiasmo dai banchieri. Dopo aver azzerato i
risparmi di decine di migliaia di cittadini e famiglie, dopo aver salvaguardato
i predatori responsabili dei crack bancari sottraendoli persino ad ogni misura
cautelativa preventiva, con le losche vicende della finanza toscana, da
Montepaschi fino a Banca Etruria, sempre più celate agli occhi degli opinione
pubblica, il primo ministro dice che bisogna licenziare 150 mila lavoratori, al
ritmo di 15 mila all’anno, in un comparto che ha già visto oltre 60 mila
licenziamenti e pensionamenti negli ultimi anni.
Quest’ultima mossa significa voler far passare nell’opinione pubblica l’idea che una delle cause della crisi del credito sta nel costo del lavoro e non, invece, in potenti lobby che giocano con i destini di interi paesi a colpi di rating, in banchieri che non sanno fare il loro lavoro o in organismi di controllo a dir poco evanescenti. E’ singolare che ora Renzi se la prenda con i lavoratori, mentre nonostante tutto quello che è emerso dalle inchieste sulle banche popolari non sia stato peso nessun provvedimento, dico nessuno, sui meccanismi del controllo bancario, su chi doveva vigilare e invece se ne è stato silenziosamente complice: can no magna de can, si dice in Veneto, per dire che nessuno reca danno ai propri simili o, meglio in questo caso, principali finanziatori. Ecco perché la colpa, secondo Renzi, oggi è dei lavoratori da mettere sul lastrico. Magari con pensioni da fame dopo una vita di lavoro. Tutto ciò è inaccettabile, come è inaccettabile la strategia che vuole sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri responsabili di una crisi epocale fino ai pescicani che si sono arricchiti con i risparmi della povera gente, insomma la casta degli intoccabili che evidentemente detta strategie, parole e politica a palazzo Chigi”
Quest’ultima mossa significa voler far passare nell’opinione pubblica l’idea che una delle cause della crisi del credito sta nel costo del lavoro e non, invece, in potenti lobby che giocano con i destini di interi paesi a colpi di rating, in banchieri che non sanno fare il loro lavoro o in organismi di controllo a dir poco evanescenti. E’ singolare che ora Renzi se la prenda con i lavoratori, mentre nonostante tutto quello che è emerso dalle inchieste sulle banche popolari non sia stato peso nessun provvedimento, dico nessuno, sui meccanismi del controllo bancario, su chi doveva vigilare e invece se ne è stato silenziosamente complice: can no magna de can, si dice in Veneto, per dire che nessuno reca danno ai propri simili o, meglio in questo caso, principali finanziatori. Ecco perché la colpa, secondo Renzi, oggi è dei lavoratori da mettere sul lastrico. Magari con pensioni da fame dopo una vita di lavoro. Tutto ciò è inaccettabile, come è inaccettabile la strategia che vuole sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri responsabili di una crisi epocale fino ai pescicani che si sono arricchiti con i risparmi della povera gente, insomma la casta degli intoccabili che evidentemente detta strategie, parole e politica a palazzo Chigi”
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