Quanto
peserebbe sui conti correnti italiani di famiglie e imprese il salvataggio
delle banche, se fosse scaricato per intero sui clienti? Fra 40 e 100 euro per
deposito. In particolare: 40 euro se si considerano i costi (noti) sostenuti
dalle banche finora per il Fondo di risoluzione (quello intervenuto per CariChieti,
Banca Marche, Etruria e CariFerrara) e il Fondo
interbancario (usato per CariCesena). E 100 euro se si aggiungono
gli impegni presi nel Fondo Atlante, a sostegno della Popolare di Vicenza e
di Veneto Banca.
Il calcolo — del Corriere Economia con Stefano Caselli, prorettore dell’Università Bocconi — è ipotetico e puramente indicativo, ma fondamentale per identificare una proporzione fra le risorse finanziarie impiegate e la totalità dei conti correnti. Semplicemente, si divide l’impegno delle banche per i salvataggi (stimabile tra 1,5 e 4 miliardi) per il numero dei depositi (oltre 40 milioni). Dà l’idea della posta in gioco,mentre scattano i veri rincari, anche esplicitamente per i salvataggi (come in Banco Popolare e Ubi). Da gennaio al 28 ottobre i costi dei conti correnti per le famiglie con operatività media sono saliti infatti del 7% (eravamo al +6% il mese scorso), dicono le ultime rilevazioni di Corriere Economia fra dieci banche. L’Indicatore sintetico di costo annuo è di 137 euro contro i 127,5 di gennaio. L’hanno appena alzato Intesa Sanpaolo (da 106,95 a 122,80 euro, secondo aumento in un anno) e Ubi (da 74,10 a 86,10 euro). E in dicembre arriverà l’una tantum di 25 euro del Banco Popolare. Si può stimare in almeno 4 miliardi l’impegno richiesto alle banche finora per i salvataggi: 2,5 miliardi al fondo Atlante per le due banche venete; più i 280 milioni nella Cassa di Cesena; più gli 1,3-1,4 miliardi di atteso sbilancio tra quanto investito nelle quattro good bank (1,8 miliardi) e l’incasso previsto dalla loro vendita (400- 500 milioni). Se si dividono questi 4 miliardi per i 40,2 milioni di conti correnti (dato Banca d’Italia, 2015) si ottiene l’extra-costo dei 100 euro a deposito. Se si esclude Atlante, la cifra scende a circa 40 euro (37). La forbice sale a 45-120 euro se si restringe il conto ai conti delle famiglie che sono 33 milioni (dato Abi). Si tratta di impegni di tipo diverso. Quelli in Atlante sono investimenti, quelli sui due fondi puri costi. «Ma se 40 e 100 euro sono i dati medi, l’effetto sui conti correnti più piccoli può essere ben più forte — commenta Caselli —. Non è solo un tema italiano, comunque. In Germania le banche stanno applicando ai conti correnti i tassi negativi». Di certo i rincari possono contare su una platea sempre più ampia. In dieci anni il numero dei depositi è aumentato del 15%, dicono i dati della Banca d’Italia: ce ne sono 5 mila in più. È anche salito il volume dei soldi lasciati in giacenza, negli ultimi due anni. Secondo Prometeia al 30 settembre scorso rispetto al dicembre 2015 i depositi in conto corrente delle famiglie erano saliti del 13% a 617,3 miliardi e quelli delle imprese del 16% a 218,4 miliardi. Le famiglie, in particolare, stanno accelerando: +10% nei nove mesi 2016 contro il +7,5% del 2014-2015. «Ma con i tassi di mercato negativi anche il contributo dei conti correnti della clientela alla raccolta è negativo», sottolinea Prometeia. Da qui la necessità di prelievi supplementari. «Abbiamo numerose segnalazioni sui rincari legati al salva-banche, soprattutto per Banco Popolare, Ubi e CheBanca!», dice Altroconsumo. Che aspetta ancora la risposta alla sua denuncia del 17 ottobre a Bankitalia per questo tipo di aumenti, «non giustificati».
Di Alessandra Puato, da Corriere economia
Il calcolo — del Corriere Economia con Stefano Caselli, prorettore dell’Università Bocconi — è ipotetico e puramente indicativo, ma fondamentale per identificare una proporzione fra le risorse finanziarie impiegate e la totalità dei conti correnti. Semplicemente, si divide l’impegno delle banche per i salvataggi (stimabile tra 1,5 e 4 miliardi) per il numero dei depositi (oltre 40 milioni). Dà l’idea della posta in gioco,mentre scattano i veri rincari, anche esplicitamente per i salvataggi (come in Banco Popolare e Ubi). Da gennaio al 28 ottobre i costi dei conti correnti per le famiglie con operatività media sono saliti infatti del 7% (eravamo al +6% il mese scorso), dicono le ultime rilevazioni di Corriere Economia fra dieci banche. L’Indicatore sintetico di costo annuo è di 137 euro contro i 127,5 di gennaio. L’hanno appena alzato Intesa Sanpaolo (da 106,95 a 122,80 euro, secondo aumento in un anno) e Ubi (da 74,10 a 86,10 euro). E in dicembre arriverà l’una tantum di 25 euro del Banco Popolare. Si può stimare in almeno 4 miliardi l’impegno richiesto alle banche finora per i salvataggi: 2,5 miliardi al fondo Atlante per le due banche venete; più i 280 milioni nella Cassa di Cesena; più gli 1,3-1,4 miliardi di atteso sbilancio tra quanto investito nelle quattro good bank (1,8 miliardi) e l’incasso previsto dalla loro vendita (400- 500 milioni). Se si dividono questi 4 miliardi per i 40,2 milioni di conti correnti (dato Banca d’Italia, 2015) si ottiene l’extra-costo dei 100 euro a deposito. Se si esclude Atlante, la cifra scende a circa 40 euro (37). La forbice sale a 45-120 euro se si restringe il conto ai conti delle famiglie che sono 33 milioni (dato Abi). Si tratta di impegni di tipo diverso. Quelli in Atlante sono investimenti, quelli sui due fondi puri costi. «Ma se 40 e 100 euro sono i dati medi, l’effetto sui conti correnti più piccoli può essere ben più forte — commenta Caselli —. Non è solo un tema italiano, comunque. In Germania le banche stanno applicando ai conti correnti i tassi negativi». Di certo i rincari possono contare su una platea sempre più ampia. In dieci anni il numero dei depositi è aumentato del 15%, dicono i dati della Banca d’Italia: ce ne sono 5 mila in più. È anche salito il volume dei soldi lasciati in giacenza, negli ultimi due anni. Secondo Prometeia al 30 settembre scorso rispetto al dicembre 2015 i depositi in conto corrente delle famiglie erano saliti del 13% a 617,3 miliardi e quelli delle imprese del 16% a 218,4 miliardi. Le famiglie, in particolare, stanno accelerando: +10% nei nove mesi 2016 contro il +7,5% del 2014-2015. «Ma con i tassi di mercato negativi anche il contributo dei conti correnti della clientela alla raccolta è negativo», sottolinea Prometeia. Da qui la necessità di prelievi supplementari. «Abbiamo numerose segnalazioni sui rincari legati al salva-banche, soprattutto per Banco Popolare, Ubi e CheBanca!», dice Altroconsumo. Che aspetta ancora la risposta alla sua denuncia del 17 ottobre a Bankitalia per questo tipo di aumenti, «non giustificati».
Di Alessandra Puato, da Corriere economia
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