Nella sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale il grande dipinto dellaBattaglia di Lepanto di Andrea Michieli, il Vicentino, campeggia e ancor oggi desta meraviglia per la sua spettacolarità. Non sorprende se quel dipinto con la straordinaria forza ed esuberanza coloristica in qualche modo ci riporta al clima, alle tensioni, alla gioia che esplosero, è il caso di dirlo, all’indomani della vittoria di Lepanto, il 7 ottobre del 1571. Gli effetti della vittoria navale, che vide le galeazze veneziane giocare il ruolo determinante nello sfondare la linea ottomana simbolicamente disposta in mare a Mezzaluna, ebbero carattere duraturo e dovrebbero ancor oggi farci riflettere.
La stessa storia dell’arte, soprattutto in Veneto, è ricca di testimonianze di quel momento, pensiamo al Veronese o allo stesso Palladio che nella Loggia del Capitaniato a Vicenza costruì un arco di trionfo dedicato appunto a Lepanto dove “palmam genuere carinae”, la vittoria venne dalle navi.
Lo scontro con la flotta di Uluj-Ali, 230 galee turche, era stato preceduto da un clima acceso, esasperato nelle sue visioni profetiche e apocalittiche: “Ed ecco, apparve nel cielo un grande segno: una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi e incoronata da dodici stelle” sta scritto nell’Apocalisse e con queste parole, che restituiscono l’immagine arcaica della dea madre semitica, si invocò allora la Vergine affinché intercedesse per la vittoria e da Lepanto: si narra che all’inizio della battaglia tutti i combattenti s’inginocchiarono per pregare: sull’albero della nave ammiraglia Real lo stendardo benedetto dal Papa Pio V con il Cristo tra gli apostoli Pietro e Paolo sormontato dal motto costantiniano “In Hoc Signo Vinces” e sotto questo l’immagine dalla Madonna con al scritta “S. Maria succurre miseris”.
Ancor oggi noi si celebra la Madonna delle Vittorie poi Nostra Signora del Rosario, con l’icona canonica di Maria appunto vestita di sole, incoronata da dodici stelle e quella luna sotto i suoi piedi che rimanda indubbiamente al simbolo dell’impero ottomano.
Quel clima di tensione e speranza, dal sentore quasi millenaristico, la coscienza di uno scontro storico, di una svolta epocale, aveva costretto l’Europa ad abbandonare le sue divisioni anche religiose che avevano, nel cinquantennio precedente, fatto venir meno l’unità dei cristiani. Cattolici e riformati, protestanti e fedeli alla cattedra romana per tutti una cosa era chiara: “Inimicus crucis, inimicus Europae”. Fu così che già allora in Germania ci fu chi sosteneva come “Der Tűrke ist der lutheranischen Glűck” perché senza il pericolo ottomano forse luterani e protestanti in genere avrebbero fatto ben diversa fine.
Facile da capire perché la notizia della Vittoria destò tanta emozione in tutta Europa: fuor di ogni dubbio che la vittoria era stata ottenuta grazie a "la intelligentissima prudentia de i nostri generali, la bravura e destrezza de i capitani in mandare ad effetto, il valore de' gentiluomini e soldati nell'essequire" ma non dobbiamo porre in secondo piano quel sentimento comune che univa tutti i combattenti, quella forza interiore che li animava, quello spirito ideale che all’epoca fece pensare immediatamente al soprannaturale come ben si coglie nella dichiarazione del pur laicissimo senato veneto: "Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit", "non il valore, non le armi, non i condottieri ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori"
Sono molte le lezioni che possiamo cogliere da quell’evento: forse solo un miracolo può unire tutte le forze in una battaglia comune contro un nemico comune, contro un pericolo che può colpire la nostra cultura. Attorno alla Madonna del Rosario, nel 1571, le forze europee ritrovarono la loro fede comune abbandonando ogni divisione: il vessillo che sventolava nella flotta cristiana era proprio lo stendardo benedetto dal Papa issato sull’ammiraglia Real e il Senato veneziano, come detto, pur sapendo che la vittoria doveva moltissimo alle galeazze veneziane, non ebbe esitazione alcuna ad attribuire la vittoria alla fede comune, riassunta appunto nella Madonna del Rosario. Chi ama il Veneto ha molto su cui riflettere dalle parole del Senato veneziano.
Di Roberto Ciambetti
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