Le inchieste sui rimborsi allegri dei consiglieri stanno franando. Il record Valle d'Aosta: 100% di prosciolti.
Milano - Sventolano al mondo la loro assoluzione, Ignazio Marino e Roberto Cota, all'indomani della fine delle rispettive vicende giudiziarie nate su spese e scontrini.
Pretendono le scuse di partiti e avversari, come se la sentenza che oggi riconosce la loro non colpevolezza sia una spugna capace di cancellare macchie reputazionali di inchieste cadute nel vuoto. Non sono i soli. Con loro, decine e decine di nomi, più anonimi che eccellenti, sono rimasti coinvolti nel calderone giudiziario delle rimborsopoli e delle spese pazze scoperchiate nei consigli regionali. E infine assolti dopo la gogna pubblica, che con i dettagli diffusi sui presunti acquisti illeciti, ha impresso alla classe politica regionale - in parecchi non senza ragione - il bollino del degrado morale della «casta».
Un castello accusatorio, quello delle maxi inchieste penali e contabili, che finora sta restituendo più assoluzioni che condanne. Richieste si archiviazioni di massa, posizioni stralciate, requisitorie di pm di mezza Italia smontate dal verdetto, spesso ribaltato dalla Corte dei Conti sul binario del danno erariale, emesso dai tribunali: «Il fatto non sussiste».
Cosa resta allora di quel polverone che dal 2012 ha investito sedici Regioni e centinaia di politici di tutti partiti? Viaggi, cene, pranzi, giocattoli, profumi, pneumatici, elettrodomestici, abiti pagati con soldi pubblici: accuse come sassate piovute sulle assemblee regionali. Filoni d'indagine che in molti casi si sono infranti sulla linea di confine che separa reato e opportunità politica, o sgonfiatisi in errori da rendicontazione. Con l'ex presidente del Piemonte, sono stati assolti altri 14 consiglieri regionali. A Bologna, di 41 richieste di rinvio a giudizio sono arrivate finora due condanne, un patteggiamento, sette assoluzioni. La bufera che si era abbattuta sul consiglio dell'Emilia Romagna aveva coinvolto anche due ex consiglieri grillini, macchiatisi del peggior peccato agli occhi del Movimento. Salvo poi essere assolti. «È finito così, come un castello di carte al primo soffio di vento, un calvario di anni» aveva commentato Andrea Defranceschi, ricordando come «un'indagine basata sul nulla, mi ha impedito di ricandidarmi. Per la gioia e il vantaggio di molti, dentro e fuori il M5S».
Nelle Marche, su 66 indagati per rimborsi di spese effettuate tra il 2008 e il 2012, solo sei sono stati rinviati a giudizio, ma solo per alcuni capi di imputazione. Il gup ha disposto il proscioglimento per 55 persone perché «il fatto non sussiste»; assolto dal peculato anche l'ex presidente regionale Spacca, e altri cinque che avevano chiesto il rito abbreviato. Nella prima tranche del processo per l'utilizzo dei fondi dei gruppi del consiglio della Valle d'Aosta, sono stati assolti tutti e 24 gli imputati.
In Fvg, dopo due anni di udienze e rinvii, il gup di Trieste Giorgio Nicoli ha assolto dal peculato 18 dei 22 indagati tra gli eletti vecchi e nuovi. Spiegando che «queste vicende sono nate sulla scia dell'inchiesta su Fiorito, nel Lazio, ma qui nessuno di quei fatti è riconducibile, per le persone assolte, a quell'esempio». In Basilicata, su 20 indagati, questa volta nel consiglio provinciale di Potenza, in 5 sono stati rinviati a giudizio, mentre la Cassazione nell'ottobre scorso ha annullato la condanna nei confronti di tre ex consiglieri regionali.
Il Giornale 09.10.2016
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