venerdì 30 agosto 2013

"Ora ci tocca pure digiunare": il dissenso di Pretto col sindaco Moro pro don Bizzotto



Erik Umberto Pretto, Capogruppo di "Noi di Marano"  -  Per rispondere alla proposta del Sindaco Piera Moro di sostenere attivamente il digiuno per l'emergenza ambientale intrapreso dal fondatore del movimento "Beati i Costruttori di Pace", devo dire che personalmente non sono mai stato particolarmente in sintonia con questo genere di iniziative. Tuttavia le posso comprendere, nel momento in cui il proponente sia un privato cittadino o il responsabile di un comitato o di una associazione.
Il fatto che sia però un Amministratore ad avanzarle, è francamente ridicolo. Non trovo accettabile che a Marano Vicentino, dove spesso le aiuole rimangono da sfalciare o sono addirittura incolte, dove sovente i contenitori della raccolta differenziata traboccano di rifiuti, dove le fontane pubbliche rimarranno non funzionanti perché l'Amministrazione comunale ritiene non opportuno riattivarle, il Sindaco se ne esca con simili trovate.
Pur appoggiando la battaglia per la tutela e la valorizzazione dell'ambiente in cui viviamo, per la quale ho sempre dimostrato con le parole e con i fatti il mio sostegno, trovo che questa proposta di "digiuno collettivo" avanzata dal Sindaco di Marano Vicentino sia soltanto un maldestro tentativo di ricercare visibilità, forse per far digerire ai cittadini il fatto che il ricorso presentato al Consiglio di Stato sull'ex cava Vianelle è in stallo da un anno.
Credo che un'Amministrazione comunale dovrebbe badare meno alla demagogia, per concentrarsi invece sulle concrete azioni amministrative. Da una Giunta comunale io mi aspetto meno parole e più fatti, e sono certo di incarnare così il pensiero di molti nostri concittadini.
da VicenzaPiù

mercoledì 28 agosto 2013

LA LEGGE DELLA KYENGE: Posto statale agli “stranieri con permesso di soggiorno"



L'idea della Kyenge ora è legge: "Accesso all'impiego pubblico per chi ha il permesso di soggiorno".Nel silenzio dell'estate è passata la modifica alla legge per l'accedere all'impiego pubblico. Ora rifugiati, immigrati senza cittadinanza potranno lavorare in scuole e ospedali. 
Immigrati docenti nelle scuole, infermieri negli ospedali e magari anche impiegati comunali. Nel silenzio generele dell'estate agostana è stata modificata la legge per l'accesso agli impieghi pubblici. Con due semplici modifiche a partire dal prossimo 4 settembre, chiunque sia in possesso di un permesso CE per soggiorno di lungo periodo o sia riconosciuto come rifugiato politico potrà avere accesso ai concorsi per essere assunto nella pubblica amministrazione. 
Ecco cosa prevede la legge -  Lo prevede la legge numero 97 del 6 agosto, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20 agosto che recepisce la legge europea 2013. Potranno quindi essere assunti pure stranieri che non hanno la cittadinanza italiana. Leggendo il testo della legge non ci sono dubbi a riguardo. Ecco cosa prevede la legge su "Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni": "All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo le parole: 'Unione europea' sono inserite le seguenti: 'e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente'; b) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti: '3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria". Traduzione: chiunque abbia un permesso di soggiorno e non ha la cittadinanza può accedere all'impiego piubblico. Insomma ora gli immigrati faranno lavori che "gli italiani vogliono fare". 
L'idea della Kynege è legge - A lanciare la proposta era stata, manco a dirlo, il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge che era in pressing da tempo perchè l'Italia approvasse la legge europea 2013: "Serve una legge organica sul diritto di asilo. Questa è una delle proposte che intendo portare avanti che sarà la garanzia di accesso per i migranti ai posti nella pubblica amministrazione, su esempio di ciò che furono in le americane “affermative action”, politiche già applicate in Gran Bretagna. L’Emilia Romagna già applica in parte queste possibilità, ma anche molte grandi aziende estere hanno compreso che i migranti possono essere un volano per l’economia nonché referenti privilegiati per dialogare e creare partnership commerciali con i paesi di origine anche nel settore privato", aveva scritto sul suo sito qualche mese fa. Ora le parole della Kyenge sono legge. Le affermative action a cui si riferisce il ministro sono delle misure di tutela per le minoranze. Quote di impiego bloccate per chi appartiene ad una minoranza. In un momento di crisi come quello che l'Italia sta attraversando in questo momento, e con una disoccupazione galoppante pensare a dare un posto fisso agli immigrati lasciando indietro gli italiani potrebbe scatebnare una bufera senza precedenti. (I.S.)
da Libero Quotidiano 


lunedì 26 agosto 2013

Perché il governo Letta è quello più a sinistra di sempre




Il governo Letta è diventato il governo LGBT (Lesbiche-Gay-Bisessuali-Transgender, ndr). Forse non ce ne siamo accorti, ma è l’esecutivo più a sinistra della storia del nostro Paese. Lasciate stare le larghe intese, il compromesso Pd-PdL, la grande coalizione di unità nazionale. Su alcuni temi decisivi il governo ha messo la freccia a sinistra. Ius soli e legge contro l’omofobia sono i grimaldelli della sinistra del Terzo Millennio, terzomondista e terzogenerista, favorevole all‘immigrazione di massa e alla tutela speciale di alcune inclinazioni sessuali. 
La battaglia della Kyenge acquista, ahinoi, sempre più credito. Quanto più il ministro diventa bersaglio di beceri insulti razzisti, tanto più il suo intento politico prende quota. In certi ambienti sembra che la solidarietà doverosa al ministro debba tradursi necessariamente in un appoggio incondizionato alle sue idee. Per cui nasce l’equazione: visto che la Kyenge è bersagliata, dobbiamo assolutamente metterne in pratica i propositi. E questo a prescindere dalla statura politica del personaggio (mediocre) e dalla qualità delle sue idee (pericolosissime). Dire, come ha fatto ieri in un’intervista, che «la crisi in Egitto porterà un’impennata di immigrazione in Italia» e che «una legge sullo ius soli va fatta e si farà» significa non solo stabilire un rischioso gioco di causa-effetto tra la fuga dei disperati dalle zone di crisi e il loro arrivo in massa nel nostro Paese, ma anche non tenere conto delle effettive potenzialità economiche dell’Italia. Che non è più l’Eldorado, non è più la terra dei sogni che deve aver attratto lo stesso ministro quando andò via dal Congo. Ma è un Paese che arranca e non è più in grado di accogliere, perché fatica a promuovere i suoi stessi talenti, le sue energie migliori.
Lo stesso discorso vale per la legge contro l’omofobia. A prescindere dal nome sbagliato (omofobia significa letteralmente «paura di ciò che è uguale», non «di ciò che è diverso»), essa finisce per legittimare le diversità, rendendole più uguali degli altri. Non si può definire più grave un reato comune (ad esempio, rubare un portafogli) solo perché commesso nei confronti di un omosessuale; e non si può mettere il bavaglio a chi la pensa diversamente e sostiene magari che il matrimonio tra omosessuali sia qualcosa di incostituzionale. Allora che facciamo, mettiamo in carcere tutti i rappresentanti di associazioni che si battono per la difesa della famiglia naturale, basata sull’unione tra un uomo e una donna? Multiamo tutti i giornalisti che scrivono che le nozze gay violano l’articolo 29 della Costituzione? Siamo tutti omofobi per questo? La caccia all’omofobo è illiberale perché introduce un clima di sospetto e prudenza, in cui nessuno sarà più legittimato a esprimersi senza censure, ma dovrà calibrare le parole, misurarle, limitando la propria libertà, valore che pure dovrebbe essere caro a chi si batte per l’approvazione di questa legge. 
E il centrodestra intanto che fa? I berluscones sono tutti arroccati nella difesa del loro leader e affermano, con scarso senso del ridicolo, che la priorità ora in Italia sia la riforma della giustizia. Sui temi cruciali per la difesa di una civiltà, invece – l’immigrazione e la questione dell’omofobia – il centrodestra non si esprime oppure lascia libertà di coscienza, se non addirittura flirta con la sinistra. Solo la Lega e Fratelli d’Italia provano ad alzare la voce, a esprimere dissenso, ma i loro pareri sono percepiti come residuali, posizioni di una minoranza che non conta nel nostro Paese e soprattutto non fa mentalità, non crea opinione pubblica. 
La sinistra dell’egemonia culturale, insomma, sotto il governo Letta, ha creato anche una dittatura politica, con il tacito consenso del centrodestra. Disillusi, attendiamo il levarsi di un’unica voce, e forte, di destra capace di dire la propria su immigrazione e temi etici e fare da controcanto a chi, sotto traccia, trama per ridurla al silenzio, imponendole il regime del Pensiero Unico. 
di Gianluca Veneziani 


domenica 25 agosto 2013

I rom invadono Firenze e il sindaco non fa nulla



Nelle più belle piazze di Firenze rom ed extracomunitari lavano i panni sporchi e si fanno il bidet nelle fontane storiche accanto a turisti esterrefatti. Mentre Renzi pensa a pedonalizzare e a mettere i vasoni pieni di fiori in centro e il ministro Kyenge allo ius soli. Torselli (FdI): "Quel tabernacolo del '500 diventato vasca da bagno e lavanderia". 
Chissà cosa avrebbero detto Girolamo e Giovanni Della Robbia, autori della vasca cinquecentesca con fontana del Tabernacolo delle Fonticine sull'asse di via Nazionale, a pochi passi dal mercato di San Lorenzo.
Due zingare, come se fossero al chiuso di una lavanderia, sciacquano una secchiata di panni. Non contente, li stendono, incuranti, di occupare un luogo pubblico. Un uomo, con totale indifferenza, prima l'ha fatta "fuori dalla tazza" e poi ha utilizzato la fontana come un bidet. L'ennesimo fermo immagine di questo album delle figuracce che Firenze sta regalando al mondo.
Alcuni commercianti della zona postano su Facebook anche foto di chi si fa lo shampoo e chi si lava i denti. "Una vergogna - racconta una esercente-. Sta per partire una raccolta firme, una situazione del genere è intollerabile". A fare da cornice anche l'odore: disgustoso. "Spesso chiamiamo l'azienda di pulizie Quadrifoglio - sottolinea l'esercente - ma serve a poco: questo angolo è stato scambiato per un wc".
Intanto il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, di ritorno dalla sua vacanza in America, pensa a cambiare il simbolo della città di Firenze. Di questo passo sarà costretto a scegliere una toilette. Mentre il ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge si è fissata sullo ius soli, col rischio di un'invasione di stranieri in Italia.
"Si metta fine allo scempio del tabernacolo dei Della Robbia in via Nazionale usato come bagno pubblico dai rom", tuona in Palazzo Vecchio il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Francesco Torselli."Chi può anche solo immaginare di possedere una stanza da bagno o una lavanderia realizzata da Girolamo e Giovanni Della Robbia? Nessuno. Eppure il tabernacolo di via Nazionale, le cosiddette Fonticine pare proprio abbiano assunto tali, svilenti, funzioni per alcuni rom ed extracomunitari della zona", denuncia Torselli.
"Alcuni commercianti e lavoratori della zona mi hanno segnalato il problema - spiega Torselli - ma ho stentato a crederci fino a quando non ho visto coi miei occhi alcune donne rom avvicinarsi in pieno giorno alle Fonticine e con la massima disinvoltura, prima spogliarsi e lavarsi parti del corpo utilizzando addirittura bottiglie d'acqua (?) prese dalle loro borse, poi addirittura sciacquare nel tabernacolo del 1522 i propri abiti".
"La cosa grave è che - prosegue il consigliere di centrodestra - in risposta a chi faceva notare alle donne il cattivo gusto del loro gesto, abbiamo ricevuto solo offese e sfottò. Ci dispiace che la parola degrado urti la sensibilità del nostro sindaco, ma noi conosciamo pochi altri termini per definire simili comportamenti. Possiamo dire scempio, offesa o mancanza di rispetto verso Firenze, i fiorentini e la nostra storia, ma a prescindere dalle parole, pretendiamo una sola risposta: che si ponga fine a questi deplorevoli comportamenti veramente disgustosi nel pieno centro di Firenze, di fronte agli occhi di tutto il mondo".
E oltre al danno, c'è sempre la beffa. Dal 2004 ad oggi il centrosinistra ha speso 14 milioni e 703.819 euro per la gestione dei campi rom a Firenze. A cosa sono serviti tutti questi soldi dei fiorentini? Il Comune di Firenze ha in vigore un regolamento per la gestione dei due campi: è stato rispettato, o il Comune non ha fatto ciò che è previsto? I soldi sono serviti per accogliere i rom e integrarli e superare in maniera graduale la logica dei campi, o soltanto a dimostrare una falsa accoglienza e a far lavorare le cooperative?
Tutte domande che per il momento non hanno una risposta.
di Fabrizio Boschi (Giornale)

 

venerdì 23 agosto 2013

Immigrati liberi Ma di devastare



Stringere d'assedio un ministro, assalire la polizia, incendiare i Cie: ora è loro concessa ogni illegalità. E un giudice li assolve. Motivo: "È giusto ribellarsi". 
Liberi di distruggere e di devastare. Liberi di ribellarsi, anche nel più violento dei modi, se le «condizioni dell'alloggio» non sono all'altezza delle aspettative. Stiamo parlando di un Cie, Centro di identificazione ed espulsione per immigrati clandestini e non di un hotel a cinque stelle, intendiamoci, ma lo scenario e le prospettive che schiude una sentenza decisamente clamorosa, di cui si è venuti a conoscenza solo ieri, sono piuttosto allarmanti. 
Partiamo dalla conclusione: liberateli immediatamente perché questi tre imputati si sono solo difesi da una situazione molto simile alla tortura e dalla condizione di degrado al quale lo Stato italiano li aveva ridotti. Queste, in buona sostanza, le motivazioni con cui il giudice Edoardo D'Ambrosio, del tribunale di Crotone, ha assolto tre migranti che erano stati accusati di devastazione e di violenze. In altre parole la legittimazione, se non la giustificazione, per il loro sconsiderato agire, che trova fondamento, secondo il magistrato, nel pessimo trattamento coercitivo cui i tre erano stati sottoposti. I fatti in questione risalgono al 2012. E tutto accadde allora, proprio come nei giorni scorsi, nel Cie di Isola di Capo Rizzuto dove, un terzetto di extracomunitari diede fuoco alle polveri della rivolta.
Arrestati in varie zone d'Italia perché privi di documenti, i tre vengono trasferiti nel Cie del Crotonese. Rimangono lì per più di un mese e mal sopportano quella situazione fino al pomeriggio del 3 ottobre 2012 quando occupano un'ala del Centro e cominciano a danneggiarlo. La rivolta dura sei giorni poi si arrendono e vengono incarcerati. Ma, al momento del processo, la loro situazione si capovolge e, da autori di un reato, diventano vittime, grazie alla sensibilità del giudice che si trovano davanti. Analizzando le loro condizioni di detenzione D'Ambrosio ritiene di poter configurare, a giustificazione della loro ribellione, la legittima difesa perché i tre reclusi in quella sorta di lager non potevano far altro che ribellarsi. Una sorta di diritto alla ribellione con annessa devastazione, dunque. 
Ma a questo punto, che cosa si sentirebbero autorizzati a fare e a dire alcune migliaia di detenuti nelle carceri italiane, costretti a vivere ogni giorno in ambienti ancora più degradati e in situazioni ancora più insostenibili? Via libera alla rivolta che, intesa come legittima difesa, troverebbe e troverà sempre l'approvazione di un magistrato particolarmente sensibile? 
Una sentenza simile, clamorosa quanto sconcertante, che, di fatto, riconosce il diritto alla ribellione, non può del resto stupire più di tanto se si considera la piega che gli avvenimenti hanno preso. Un altro dei paradossi di questa nostra Italia buonista, senza potersi permettere il lusso di esserlo realmente, che ha segnato avant'ieri un passaggio delicato mettendo in serio imbarazzo lo stesso ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge, fervente sostenitrice di una proposta di legge unica perché l'Italia sdogani al più presto il cosiddetto ius soli , che sancisce l'acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto giuridico di essere nati nel territorio dello Stato, qualunque sia la cittadinanza posseduta dai genitori. La sua visita proprio al Centro di accoglienza di Capo Rizzuto, e all'attiguo Centro identificazione ed espulsione, chiuso dopo la rivolta dei giorni scorsi, è stata infatti caratterizzata da momenti di altissima tensione. Il ministro è stato infatti letteralmente «bloccato» due volte da un gruppo di ospiti-manifestanti. Mentre stava visitando il settore riservato alla donne ed ai bambini, si sono posti davanti al cancello imponendole di visitare l'intera struttura dopodiché, quando stava per lasciare il Centro e dirigersi a Crotone per partecipare alla cerimonia di consegna della cittadinanza simbolica del Comune a otto bambini stranieri nati in Italia, un gruppo di immigrati si è seduto davanti alla sua auto per impedirne l'uscita. La Kyenge ripete che « il ministero per l'Integrazione sta lavorando perché non debbano più essere delle emergenze» ma lei, per prima, si è trovata in mezzo a una situazione caotica, in cui la violenza è stata sfiorata nuovamente per poco. Che si fa? Si assolveranno sempre e comunque tutti abbinando allo ius soli anche lo ius rebellionis?
di Gabriele Villa (Giornale)