venerdì 23 agosto 2013

Immigrati liberi Ma di devastare



Stringere d'assedio un ministro, assalire la polizia, incendiare i Cie: ora è loro concessa ogni illegalità. E un giudice li assolve. Motivo: "È giusto ribellarsi". 
Liberi di distruggere e di devastare. Liberi di ribellarsi, anche nel più violento dei modi, se le «condizioni dell'alloggio» non sono all'altezza delle aspettative. Stiamo parlando di un Cie, Centro di identificazione ed espulsione per immigrati clandestini e non di un hotel a cinque stelle, intendiamoci, ma lo scenario e le prospettive che schiude una sentenza decisamente clamorosa, di cui si è venuti a conoscenza solo ieri, sono piuttosto allarmanti. 
Partiamo dalla conclusione: liberateli immediatamente perché questi tre imputati si sono solo difesi da una situazione molto simile alla tortura e dalla condizione di degrado al quale lo Stato italiano li aveva ridotti. Queste, in buona sostanza, le motivazioni con cui il giudice Edoardo D'Ambrosio, del tribunale di Crotone, ha assolto tre migranti che erano stati accusati di devastazione e di violenze. In altre parole la legittimazione, se non la giustificazione, per il loro sconsiderato agire, che trova fondamento, secondo il magistrato, nel pessimo trattamento coercitivo cui i tre erano stati sottoposti. I fatti in questione risalgono al 2012. E tutto accadde allora, proprio come nei giorni scorsi, nel Cie di Isola di Capo Rizzuto dove, un terzetto di extracomunitari diede fuoco alle polveri della rivolta.
Arrestati in varie zone d'Italia perché privi di documenti, i tre vengono trasferiti nel Cie del Crotonese. Rimangono lì per più di un mese e mal sopportano quella situazione fino al pomeriggio del 3 ottobre 2012 quando occupano un'ala del Centro e cominciano a danneggiarlo. La rivolta dura sei giorni poi si arrendono e vengono incarcerati. Ma, al momento del processo, la loro situazione si capovolge e, da autori di un reato, diventano vittime, grazie alla sensibilità del giudice che si trovano davanti. Analizzando le loro condizioni di detenzione D'Ambrosio ritiene di poter configurare, a giustificazione della loro ribellione, la legittima difesa perché i tre reclusi in quella sorta di lager non potevano far altro che ribellarsi. Una sorta di diritto alla ribellione con annessa devastazione, dunque. 
Ma a questo punto, che cosa si sentirebbero autorizzati a fare e a dire alcune migliaia di detenuti nelle carceri italiane, costretti a vivere ogni giorno in ambienti ancora più degradati e in situazioni ancora più insostenibili? Via libera alla rivolta che, intesa come legittima difesa, troverebbe e troverà sempre l'approvazione di un magistrato particolarmente sensibile? 
Una sentenza simile, clamorosa quanto sconcertante, che, di fatto, riconosce il diritto alla ribellione, non può del resto stupire più di tanto se si considera la piega che gli avvenimenti hanno preso. Un altro dei paradossi di questa nostra Italia buonista, senza potersi permettere il lusso di esserlo realmente, che ha segnato avant'ieri un passaggio delicato mettendo in serio imbarazzo lo stesso ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge, fervente sostenitrice di una proposta di legge unica perché l'Italia sdogani al più presto il cosiddetto ius soli , che sancisce l'acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto giuridico di essere nati nel territorio dello Stato, qualunque sia la cittadinanza posseduta dai genitori. La sua visita proprio al Centro di accoglienza di Capo Rizzuto, e all'attiguo Centro identificazione ed espulsione, chiuso dopo la rivolta dei giorni scorsi, è stata infatti caratterizzata da momenti di altissima tensione. Il ministro è stato infatti letteralmente «bloccato» due volte da un gruppo di ospiti-manifestanti. Mentre stava visitando il settore riservato alla donne ed ai bambini, si sono posti davanti al cancello imponendole di visitare l'intera struttura dopodiché, quando stava per lasciare il Centro e dirigersi a Crotone per partecipare alla cerimonia di consegna della cittadinanza simbolica del Comune a otto bambini stranieri nati in Italia, un gruppo di immigrati si è seduto davanti alla sua auto per impedirne l'uscita. La Kyenge ripete che « il ministero per l'Integrazione sta lavorando perché non debbano più essere delle emergenze» ma lei, per prima, si è trovata in mezzo a una situazione caotica, in cui la violenza è stata sfiorata nuovamente per poco. Che si fa? Si assolveranno sempre e comunque tutti abbinando allo ius soli anche lo ius rebellionis?
di Gabriele Villa (Giornale)   

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