Nei mass
media è sparita la parola immigrati: si parla solo di profughi anche se
sappiamo tutti che buona parte dei profughi che arrivano da noi tali non
sono. Esclusa una sparuta minoranza, siamo in presenza di immigrati, la
maggior parte manodopera priva di specializzazione, che cerca fortuna e un
lavoro magari in Paesi come il nostro dove la disoccupazione è alta e la
tendenza a sfruttare, ‘in nero’, i disperati e altrettanto elevata. Il fatto di
chiamarli gli immigrati “profughi” serve solo a far digerire all’opinione
pubblico l’obbligo all’accoglienza, obbligo doveroso e giusto in una società
civile, ma inesistente per l’immigrazione.
Le risorse investite per dare accoglienza a questa massa di diseredati in Italia potrebbero essere ben spese diversamente: in Giordania, ad esempio, le Nazioni Unite danno ospitalità e servizi a oltre 2 milioni di rifugiati, gestiscono 10 campi con 173 scuole dove studiano 116 mila alunni, due centri di formazione professionale, 23 centri sanitari di base e 12 centri per le donne: forse sarebbe il caso di destinare una parte delle risorse che spendiamo in Italia per sostenere lo sforzo delle Nazioni Unite e a maggior ragione quando leggiamo della protesta di immigrati per la qualità del cibo loro servito o per il fatto che volessero ospitare, contro le disposizioni, in un albergo una donna e via dicendo come abbiamo visto a Vicenza. Nel 2015 lo stato italiano ha speso circa 1 miliardo e 160 milioni di € per l’accoglienza. La spesa media giornaliera per immigrato s’attesta tra i 35 e i 40 € e in molte realtà è emerso un singolare intreccio del malaffare nella gestione di quello che per alcune realtà è un vero e proprio business.
La stessa Ocse, nel 2014 aveva già messo in luce una serie di contraddizioni evidenti nella gestione della spesa statale italiana, sottolineando invece come le realtà locali fossero alla perse con costi insostenibili per i Comuni alle prese con bilanci sempre più appesantiti dalle spending review imposte dal governo: “Due categorie, in particolare, assorbono gran parte delle risorse comunali” si leggeva nel rapporto Ocse “La prima è rappresentata dai minori stranieri non accompagnati, la cui accoglienza grava in parte sui bilanci comunali. I servizi relativi a questi minori (in media, più di 5000 ogni anno alla fine del 2000 e più di seimila nel 2014) sono estremamente costosi: l'Anci ha stimato il costo totale per i comuni nel 2013 a circa 200 milioni di euro di cui solo il 10 per cento rimborsato da fondi nazionali specifici. Il secondo gruppo è costituito dai richiedenti asilo”.
L’analisi dell’Ocse trova conferma anche negli anni successivi, quando lo Stato italiano decise di gestire con mentalità codina l’emergenza sparpagliando nel territorio contingenti di immigrati e scaricando nella realtà locale ogni problema, sia esso di natura sociale, economica e di ordine pubblico. E qui occorre ricordare, checché se ne dica, che esiste una correlazione tra l’aumento di crimini nelle nostre città e l’ondata migratoria di questi ultimi anni.
Il problema dell’immigrazione va gestito in maniera totalmente diversa da come è stato fatto fino ad oggi e la prima azione da compiere è smettere di confondere profughi con gli immigrati. I profughi vanno assistiti e vanno sostenuti quei Paesi, come appunto la Giordania, che stanno sostenendo pesantemente l’ondata di rifugiati. In secondo luogo occorre agire nei Paesi di origine dei flussi anche con una contro-informazione come hanno fatto molti Paesi del Nord Europa, spiegando bene che non c’è più spazio per una accoglienza indiscriminata. Infine, ma non ultimo, avviare una seria azione di polizia internazionale per contrastare chi organizza e gestisce le rotte della disperazione e chi, anche in Italia, dell’immigrazione incontrollata, dei clandestini, sedicenti rifugiati ha fatto un vero e proprio business.
Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti
Le risorse investite per dare accoglienza a questa massa di diseredati in Italia potrebbero essere ben spese diversamente: in Giordania, ad esempio, le Nazioni Unite danno ospitalità e servizi a oltre 2 milioni di rifugiati, gestiscono 10 campi con 173 scuole dove studiano 116 mila alunni, due centri di formazione professionale, 23 centri sanitari di base e 12 centri per le donne: forse sarebbe il caso di destinare una parte delle risorse che spendiamo in Italia per sostenere lo sforzo delle Nazioni Unite e a maggior ragione quando leggiamo della protesta di immigrati per la qualità del cibo loro servito o per il fatto che volessero ospitare, contro le disposizioni, in un albergo una donna e via dicendo come abbiamo visto a Vicenza. Nel 2015 lo stato italiano ha speso circa 1 miliardo e 160 milioni di € per l’accoglienza. La spesa media giornaliera per immigrato s’attesta tra i 35 e i 40 € e in molte realtà è emerso un singolare intreccio del malaffare nella gestione di quello che per alcune realtà è un vero e proprio business.
La stessa Ocse, nel 2014 aveva già messo in luce una serie di contraddizioni evidenti nella gestione della spesa statale italiana, sottolineando invece come le realtà locali fossero alla perse con costi insostenibili per i Comuni alle prese con bilanci sempre più appesantiti dalle spending review imposte dal governo: “Due categorie, in particolare, assorbono gran parte delle risorse comunali” si leggeva nel rapporto Ocse “La prima è rappresentata dai minori stranieri non accompagnati, la cui accoglienza grava in parte sui bilanci comunali. I servizi relativi a questi minori (in media, più di 5000 ogni anno alla fine del 2000 e più di seimila nel 2014) sono estremamente costosi: l'Anci ha stimato il costo totale per i comuni nel 2013 a circa 200 milioni di euro di cui solo il 10 per cento rimborsato da fondi nazionali specifici. Il secondo gruppo è costituito dai richiedenti asilo”.
L’analisi dell’Ocse trova conferma anche negli anni successivi, quando lo Stato italiano decise di gestire con mentalità codina l’emergenza sparpagliando nel territorio contingenti di immigrati e scaricando nella realtà locale ogni problema, sia esso di natura sociale, economica e di ordine pubblico. E qui occorre ricordare, checché se ne dica, che esiste una correlazione tra l’aumento di crimini nelle nostre città e l’ondata migratoria di questi ultimi anni.
Il problema dell’immigrazione va gestito in maniera totalmente diversa da come è stato fatto fino ad oggi e la prima azione da compiere è smettere di confondere profughi con gli immigrati. I profughi vanno assistiti e vanno sostenuti quei Paesi, come appunto la Giordania, che stanno sostenendo pesantemente l’ondata di rifugiati. In secondo luogo occorre agire nei Paesi di origine dei flussi anche con una contro-informazione come hanno fatto molti Paesi del Nord Europa, spiegando bene che non c’è più spazio per una accoglienza indiscriminata. Infine, ma non ultimo, avviare una seria azione di polizia internazionale per contrastare chi organizza e gestisce le rotte della disperazione e chi, anche in Italia, dell’immigrazione incontrollata, dei clandestini, sedicenti rifugiati ha fatto un vero e proprio business.
Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti
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