Una crisi
economica devastante, una macchina burocratica repressiva e un'opinione
pubblica disgustata. Serve un Gorbaciov che rompa le righe, e ogni territorio
vada per la sua strada. Poco più
di vent’anni fa uno dei due grandi imperi mondiali, potenza militare, regime di
ferro e patria ideologica di mezzo mondo, finiva senza troppi fragori, si
autoscioglieva senza spargimenti di sangue e senza nessuno di quei traumi che
tutti si aspettavano. La grande Unione delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche, che avrebbe dovuto conquistare il mondo, essere il laboratorio
di ogni futura felicità, che avrebbe dovuto durare in eterno, spariva dagli
atlanti geopolitici e si frantumava in 15 Stati indipendenti. Ciascuno
di loro è egregiamente sopravvissuto e tutti – senza eccezione – stanno meglio
di quanto non stessero sotto le bandiere rosse. In realtà quella
polverizzazione si è mostrata provvidenziale e salvifica.
Oggi l’Italia si trova – con le debite
proporzioni – in una situazione analoga a quella dell’Urss di Gorbaciov:
in una devastante crisi economica senza sbocchi immediati e percepibili,
con una classe dirigente del tutto incapace a governare, con una opinione
pubblica disgustata e non più disposta a concedere fiducia e crediti a un
sistema corrotto e sgangherato, con una macchina burocratica e
organizzativa così appesantita da non riuscire più a fare alcun movimento. La
soluzione per i problemi italiani può essere analoga a quella dell’Urss: dare
il “rompete le righe” e permettere ai componenti della dissolta
federazione di andarsene ciascuno per la propria strada, “ognuno per sé e Dio
per tutti”. Qui il “tutti a casa” può essere affidato alle Regioni, il
livello istituzionale più strutturato e “sentito” dalla gente. Ognuna delle
venti regioni si prenda la propria libertà e decida se costituire uno
Stato a sé, se associarsi ad altre Regioni, se andarsene con qualche Stato
straniero. Ogni Regione si fa carico della propria fetta di debito pubblico
(e di ricchezza pubblica, se ce n’é ancora) calcolata sulla base del Pil
e decide come risolversi il problema, con o senza Euro, con o senza Europa. Non
ci sarà più l’Italia? Ce ne faremo una ragione. È sparita l’Urss, perché non
può svanire anche l’Italia? I nostalgici di quell’Impero si ritrovano ogni
tanto sulla Piazza Rossa con bandiere, falci e martelli, uniformi e medaglie
del loro glorioso passato: i patrioti italiani si ritroveranno sui gradini del
Vittoriano con Napolitano e con Er Batman a cantare l’Oasi di
Giarabub.
La nave Italia sta affondando: mettiamo in mare le
venti scialuppe regionali e andiamocene verso la salvezza. Ognuno verso la
direzione che gli pare più conveniente e con le compagnie che più gli
aggradano. A qualcuno andrà meglio, altri finiranno in compagnia del Selvaggio
Venerdì, ma sicuramente tutti si salveranno. Ha funzionato con il Tagikistan,
perché non dovrebbe funzionare con la Puglia; perché al Friuli dovrebbe andare
peggio che all’Estonia? In ogni caso, nulla può essere peggio di quello che si
prospetta restando sul Titanic Italia. Dobbiamo solo cercare un
Gorbaciov che una sera annunci in televisione che lo Stato italiano non c’è
più. La mattina dopo gli impiegati pubblici non si presenteranno in
ufficio (in certi posti non se ne accorgerà nessuno) e tutto andrà avanti con
nuove bandiere e sigle, e con le strutture regionali e macroregionali
calibrate sui bisogni e sulle risorse locali. Il “millenario” Impero
sovietico è durato dal 1922 al 1991, 69 anni. La Repubblica italiana è oggi al
suo 67° anniversario: cominciamo a mettere in mare le scialuppe.
di Gilberto Oneto (L'Intraprendente)
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