giovedì 4 aprile 2013

L’Italia oggi è come l’Urss vent’anni fa. Tecnicamente fallita



Una crisi economica devastante, una macchina burocratica repressiva e un'opinione pubblica disgustata. Serve un Gorbaciov che rompa le righe, e ogni territorio vada per la sua strada. Poco più di vent’anni fa uno dei due grandi imperi mondiali, potenza militare, regime di ferro e patria ideologica di mezzo mondo, finiva senza troppi fragori, si autoscioglieva senza spargimenti di sangue e senza nessuno di quei traumi che tutti si aspettavano. La grande Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che avrebbe dovuto conquistare il mondo, essere il laboratorio di ogni futura felicità, che avrebbe dovuto durare in eterno, spariva dagli atlanti geopolitici e si frantumava in 15 Stati indipendenti. Ciascuno di loro è egregiamente sopravvissuto e tutti – senza eccezione – stanno meglio di quanto non stessero sotto le bandiere rosse. In realtà quella polverizzazione si è mostrata provvidenziale e salvifica. 
Oggi l’Italia si trova – con le debite proporzioni – in una situazione analoga a quella dell’Urss di Gorbaciov: in una devastante crisi economica senza sbocchi immediati e percepibili, con una classe dirigente del tutto incapace a governare, con una opinione pubblica disgustata e non più disposta a concedere fiducia e crediti a un sistema corrotto e sgangherato, con una macchina burocratica e organizzativa così appesantita da non riuscire più a fare alcun movimento. La soluzione per i problemi italiani può essere analoga a quella dell’Urss: dare il “rompete le righe” e permettere ai componenti della dissolta federazione di andarsene ciascuno per la propria strada, “ognuno per sé e Dio per tutti”. Qui il “tutti a casa” può essere affidato alle Regioni, il livello istituzionale più strutturato e “sentito” dalla gente. Ognuna delle venti regioni si prenda la propria libertà e decida se costituire uno Stato a sé, se associarsi ad altre Regioni, se andarsene con qualche Stato straniero. Ogni Regione si fa carico della propria fetta di debito pubblico (e di ricchezza pubblica, se ce n’é ancora) calcolata sulla base del Pil e decide come risolversi il problema, con o senza Euro, con o senza Europa. Non ci sarà più l’Italia? Ce ne faremo una ragione. È sparita l’Urss, perché non può svanire anche l’Italia? I nostalgici di quell’Impero si ritrovano ogni tanto sulla Piazza Rossa con bandiere, falci e martelli, uniformi e medaglie del loro glorioso passato: i patrioti italiani si ritroveranno sui gradini del Vittoriano con Napolitano e con Er Batman a cantare l’Oasi di Giarabub. 
La nave Italia sta affondando: mettiamo in mare le venti scialuppe regionali e andiamocene verso la salvezza. Ognuno verso la direzione che gli pare più conveniente e con le compagnie che più gli aggradano. A qualcuno andrà meglio, altri finiranno in compagnia del Selvaggio Venerdì, ma sicuramente tutti si salveranno. Ha funzionato con il Tagikistan, perché non dovrebbe funzionare con la Puglia; perché al Friuli dovrebbe andare peggio che all’Estonia? In ogni caso, nulla può essere peggio di quello che si prospetta restando sul Titanic Italia. Dobbiamo solo cercare un Gorbaciov che una sera annunci in televisione che lo Stato italiano non c’è più. La mattina dopo gli impiegati pubblici non si presenteranno in ufficio (in certi posti non se ne accorgerà nessuno) e tutto andrà avanti con nuove bandiere e sigle, e con le strutture regionali e macroregionali calibrate sui bisogni e sulle risorse locali. Il “millenario” Impero sovietico è durato dal 1922 al 1991, 69 anni. La Repubblica italiana è oggi al suo 67° anniversario: cominciamo a mettere in mare le scialuppe.

di Gilberto Oneto (L'Intraprendente)

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