lunedì 11 gennaio 2016

Ci salverà la cultura. Riflessioni del Direttore de Il Giornale di Vicenza su abolizione del reato di clandestinità.



Non c’è nulla di più pericoloso del pregiudizio ideologico: impedisce di vedere la realtà per quella che è, e convince le persone che non sono loro a sbagliare ma è il mondo che va contromano. Affrontare con un simile approccio fenomeni epocali come l’incrocio di civiltà e le migrazioni di milioni di persone, è semplicemente suicida. Il governo italiano per una volta ha evitato l’ennesimo autolesionismo fermando il progetto di abolizione del reato di clandestinità; un’idea nata solo in virtù del fatto che il reato era stato introdotto dall’aborrito governo Berlusconi. Non era importante che Leggi analoghe fossero in vigore in quasi tutti i Paesi civili: un procuratore antimafia è arrivato a sostenere che la spada di Damocle del reato di clandestinità ostacola la disponibilità degli stranieri a collaborare con la giustizia. Allora eliminiamo il reato di spaccio, altrimenti i pesci piccoli non se la sentono di aiutare la magistratura. Il pregiudizio ideologico stava per prevalere ancora una volta e ci sarebbe riuscito se a Colonia e in altre città europee non fosse successo quel che i giornali hanno raccontato. E siccome stavolta sono stati toccati - letteralmente - i punti più sensibili anche delle suffragette del multiculturalismo, improvvisamente tutti si sono accorti che l’integrazione non può e non deve significare abdicazione della propria storia, delle proprie leggi, in una parola della propria civiltà. Finché ad essere toccati erano i signori nessuno che riempiono le cronache provinciali, tutto andava bene. Il sindaco di un paesino vicentino minacciato perché «pensa agli italiani» o le studentesse sul bus veronese molestate perché «girano da sole» sono “episodi”; ma quando situazioni simili si ripetono migliaia di volte, diventano un fenomeno. E solo la colpevole cecità di chi vive di pregiudizi ideologici non vede che non c’è alcuna differenza tra quei fenomeni e quel che è accaduto a Colonia. Adesso, solo adesso ci si accorge che l’ospitalità deve comportare prima l’accettazione integrale delle regole di casa? Adesso, solo adesso ci si accorge che l’accoglienza non può essere illimitata, e che ciò di conseguenza presuppone limiti numerici e filtri agli ingressi? Adesso, solo adesso ci si accorge che a Vicenza - per esempio - il 90 per cento dei “profughi” sono maschi tra i 16 e i 40 anni, soli? E che oltre la metà non arriva da Paesi in guerra? E che quasi mai sono in possesso dei fondamenti culturali ed educativi in grado di renderli disponibili a una vera integrazione? Solo la cultura potrà salvare l’Europa: ma al riparo dalle ideologie.

ARIO GERVASUTTI

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