Non c’è nulla di più pericoloso del pregiudizio
ideologico: impedisce di vedere la realtà per quella che è, e convince le
persone che non sono loro a sbagliare ma è il mondo che va contromano.
Affrontare con un simile approccio fenomeni epocali come l’incrocio di civiltà
e le migrazioni di milioni di persone, è semplicemente suicida. Il governo
italiano per una volta ha evitato l’ennesimo autolesionismo fermando il
progetto di abolizione del reato di clandestinità; un’idea nata solo in virtù
del fatto che il reato era stato introdotto dall’aborrito governo Berlusconi.
Non era importante che Leggi analoghe fossero in vigore in quasi tutti i Paesi
civili: un procuratore antimafia è arrivato a sostenere che la spada di Damocle
del reato di clandestinità ostacola la disponibilità degli stranieri a
collaborare con la giustizia. Allora eliminiamo il reato di spaccio, altrimenti
i pesci piccoli non se la sentono di aiutare la magistratura. Il pregiudizio
ideologico stava per prevalere ancora una volta e ci sarebbe riuscito se a
Colonia e in altre città europee non fosse successo quel che i giornali hanno
raccontato. E siccome stavolta sono stati toccati - letteralmente - i punti più
sensibili anche delle suffragette del multiculturalismo, improvvisamente tutti
si sono accorti che l’integrazione non può e non deve significare abdicazione
della propria storia, delle proprie leggi, in una parola della propria civiltà.
Finché ad essere toccati erano i signori nessuno che riempiono le cronache
provinciali, tutto andava bene. Il sindaco di un paesino vicentino minacciato
perché «pensa agli italiani» o le studentesse sul bus veronese molestate perché
«girano da sole» sono “episodi”; ma quando situazioni simili si ripetono
migliaia di volte, diventano un fenomeno. E solo la colpevole cecità di chi
vive di pregiudizi ideologici non vede che non c’è alcuna differenza tra quei fenomeni
e quel che è accaduto a Colonia. Adesso, solo adesso ci si accorge che
l’ospitalità deve comportare prima l’accettazione integrale delle regole di
casa? Adesso, solo adesso ci si accorge che l’accoglienza non può essere
illimitata, e che ciò di conseguenza presuppone limiti numerici e filtri agli
ingressi? Adesso, solo adesso ci si accorge che a Vicenza - per esempio - il 90
per cento dei “profughi” sono maschi tra i 16 e i 40 anni, soli? E che oltre la
metà non arriva da Paesi in guerra? E che quasi mai sono in possesso dei
fondamenti culturali ed educativi in grado di renderli disponibili a una vera
integrazione? Solo la cultura potrà salvare l’Europa: ma al riparo dalle
ideologie.
ARIO GERVASUTTI
Nessun commento:
Posta un commento