Arriva a un
evento milanese accompagnata da tre auto di scorta che viaggiano contromano e
si lamenta della mancanza di fondi per il suo ministero. Si è pienamente
inserita nel (mal)costume della classe dirigente.
Sì, va detto: Cécile
Kyenge è un perfetto esempio di integrazione. Lo
ha dimostrato, oggi, a Milano dando prova delle caratteristiche
tipiche dell’homo italico medio, di vizi e vezzi tipici – in
particolare – del mondo politico. Robe da far passare in secondo e in terzo
piano il colore della pelle, l’accento marcatamente francofono e il numero di
fratelli e sorelle (38) parecchio superiore alla media occidentale.
A una manifestazione a Villa Clerici dedicata
al contrasto al lavoro minorile il ministro dell’Integrazione ci è arrivata con
tre auto di scorta, in contromano, scatenando le polemiche
di una decina di residenti preoccupati dal fatto che – a pochi metri –
si stava tenendo il mercato. Critiche cui ha risposto, seccata, dicendo che «le
scelte su spostamenti e sicurezza non le faccio io».
Quello di usare una o più auto blu pare essere un vezzo tipico di tutti
gli schieramenti politici (Giorgia Meloni, al dicastero della Gioventù,
è stata forse l’unica ad avervi rinunciato). Quello di giustificarsi
attribuendo la colpa agli altri anche. Quello di andare contromano
invece pare tipico dei progressisti de noantri, memori della lezione del
governatore ligure Claudio Burlando.
Poche ore dopo la Kyenge ha proseguito il suo tour
milanese visitando il G.Lab, servizio che il Comune di Milano ha ideato
per aiutare i figli di immigrati di seconda generazione a ottenere la cittadinanza,
partecipare ad eventi culturali e condividere con altre persone lo status di
«italiani di fatto ma non ancora di diritto», come recita lo slogan. Insomma
l’ennesima trovata della giunta arancione per dare una mano a tutti, italiani a parte: a loro, che tra l’altro
pagano le tasse, si tagliano servizi e integrazione
alla pensione sociale. La Kyenge, dopo essersi complimentata per
l’iniziativa, ha spiegato per sommi capi i progetti che il suo dicastero
ha intenzione di portare avanti. E ha cominciato lamentandosi di ciò di
cui tutti i ministri, notoriamente, si lagnano: i soldi
che mancano. «Ahimè il ministero è senza portafoglio» – ha detto
suggerendo che, per portare avanti le politiche di accoglienza e integrazione,
prioritarie di fronte a una crisi economica che sta distruggendo la ricchezza
degli italiani, servirebbero più risorse economiche. La stessa retorica
di Pisapia che, dopo aver creato una voragine da 437 milioni nei conti
comunali, se l’è presa col governo che si trattiene
una parte dei soldi dell’Imu, come se la cosa non riguardasse tutti
i municipi d’Italia.
Insomma bisogna proprio dire che, per una volta, il
commento più intelligente e assolutamente non razzista l’ha fatto Massimiliano
Bastoni, consigliere leghista a Palazzo Marino: Come ha sottolineato
Massimiliano Bastoni, consigliere comunale leghista a Palazzo Marino: «La
signora Kyenge – ha detto – dimostra di avere imparato bene i difetti
della nomenclatura politica romana, ossia: arroganza, uso smodato
di una triplice scorta armata, dispendio di denaro pubblico». E – aggiungiamo
noi – ha appreso bene anche l’arte della retorica.
di Matteo Borghi (L'Intraprendente)
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