“Respingo con fermezza ogni forma di contestazione violenta, anche solo nei toni, che è sempre e comunque sbagliata. Al contempo confermo la mia convinzione: non sono due ore di piscina riservata alle praticanti di una religione a concretizzare una reale integrazione. Tutt’altro: senza la benché minima reciprocità, che invece è elemento fondante della convivenza pacifica, non si fa altro che innalzare gli steccati e creare una discriminazione grazie alla quale le regole di un Paese, i sui usi, i suoi costumi, in questo caso i nostri, vengono piegati alle leggi di una sola religione.
Vorrei vedere cosa succederebbe se una donna veneta e cristiana andasse in giro per un paese islamico abbigliata come sempre e non coperta in un certo modo, come prescrivono leggi usi e costumi di quei popoli. Verrebbe rispettata e capita e le sarebbe consentito di andare in una piscina pubblica in bikini o verrebbe perseguita? Temo sia buona la seconda ipotesi e quindi l’esistenza di una inaccettabile non reciprocità”.
Con queste parole il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia commenta le tensioni verificatesi all’esterno della piscina pubblica di Mestre, dove una parte dell’orario è riservata all’utilizzo da parte di donne di religione islamica e vietata a tutti gli uomini al di sopra dei 7 anni.
“Ogni religione – aggiunge il Governatore – deve favorire unità, fratellanza e rispetto reciproco, non odio, aggressività e prevaricazione, perché in questo caso non è tale”.
“Non può esserci alcuna giustificazione, tanto meno religiosa o giuridica – incalza il Presidente del Veneto - sulla base della quale delle ragazze possono essere rapite da Boko Haram in Nigeria e sottoposte a ogni genere di violenza psichica e temo anche fisica, per costringerle alla conversione all’Islam, così come non può essere che si condanni a morte una giovane donna come Meriam in Sudan, incinta e già madre di un bimbo, solo perché lei, cristiana, non accetta di diventare islamica”.
“Questa è violenza allo stato puro, non religione; una brutalità che va contrastata con ogni mezzo, a cominciare dalle campagne #BringBackOurGirls e #meriamdevevivere alle quali ho aderito e, aggiungo, le ragazze nigeriane devono tornare sane e salve alle loro famiglie e Meriam deve essere liberata e nemmeno sfiorata da una frusta o da qualsiasi altro tipo di brutalità prevaricatrice”.
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