giovedì 22 gennaio 2015

Ciambetti: i territori si conquistavano con le guerre, oggi si comprano in Borsa


Roberto Ciambetti, assessore regionale del Veneto al Bilancio e ai rapporti con il sistema creditizio, analizza la questione sulle banche popolari (tra cui BPVi e Veneto Banca) affermando che c'è "l’Alta Finanza, che mira ai miliardi dei risparmiatori, dietro l’operazione sulle Popolari". "Un tempo - dice Ciambetti - i territori si conquistavano con le guerre. Oggi si comprano in Borsa".
Con un colpo di mano il governo cancella le banche popolari. Molto c’è da dire in questa scelta. Innanzitutto il metodo: il ricorso alla decretazione di urgenza sottrae al Parlamento il diritto-dovere di pronunciarsi su una provvedimento che muta gli equilibri economico finanziari di una parte del Paese. E’ chiaro che è saltato ogni meccanismo democratico con tutte le conseguenze del caso: c’è chi decide e chi subisce le decisioni altrui imposte dall’alto.
La grande finanza a dire il vero aveva già provato a mettere le mani sulle Popolari: gli stress test a cui erano state sottoposte le banche sembravano confezionati apposta per giustificare provvedimenti di emergenza e rottamare un modello capace di resistere alla grande crisi e alle devastazioni perpetuate proprio dalla finanzia internazionale.
Andata male questa mossa, si è passati all’azione di forza. L’eliminazione del voto capitario è il preludio alla svendita di un patrimonio inestimabile: nel mirino della grande finanza a breve non ci sono le banche, quanto le partecipazioni in fondi come Arca, controllate apponto dalle Popolari, tra i principali gestori del risparmio in Italia, più che un boccone prelibato.
Chi darà la scalata alle grandi Popolari non è interessato a sportelli e all’innervamento nel territorio Per costoro, il futuro non è lo sportello ma la piattaforma digitale mentre il governo degli Istituti sarà concentrato nelle mani di una ristretta élite soggetta ad una responsabilità quasi del tutto fittizia di fronte a degli azionisti remoti e dispersi.
Ma questo scenario, più che realista, elimina dal tessuto socioeconomico la banca popolare che, almeno nel Nordest, viveva in stretta simbiosi con il territorio e i suoi attori. In un’area, come il Veneto, dove le imprese soffrono di sottocapitalizzazione il pericolo è quello di lasciare il rubinetto del credito nelle mani di una ristretta oligarchia internazionale e cosa significhi questo rischio è facilmente comprensibile.
Il credito può sancire il successo o la sconfitta di una idea produttiva, determina l’evoluzione come la chiusura di una impresa, condiziona la qualità del vivere di una bottega, di una famiglia e di un intero territorio. Se il Veneto uscirà con molti meno danni rispetto ad altri dalla crisi, lo si deve anche alla rete delle nostre Popolari che hanno saputo difendere le imprese e quel risparmio su cui, come già detto, molti vogliono mettere le mani.
Un conto è sapere che quel risparmio viene re-investito nelle nostre imprese, un altro è ipotizzare che quei soldi verranno canalizzati chissà dove e magari usati per speculazioni folli. Non dimentichiamo che i guai maggiori in questi anni li hanno creati, dai mutui sub-prime ai derivati tossici proprio le grandi Spa, non certo le Banche popolari e i casi italiani di malgoverno, Monte Paschi e Pop Genova, hanno precisi padrini politici.
Con questo non intendo di certo sottovalutare il problema del dimensionamento delle Popolari che devono essere giustamente patrimonializzate e modernizzate. Ma questo problema può essere risolto in maniera ben diversa e qui lancio la mia proposta: le Popolari facciano fronte comune, si aggreghino, si costituiscano come unico grande soggetto per rimanere al servizio dei nostri cittadini, del mondo del lavoro e del nostro risparmio.
Senza controllo del credito e senza l’oculata gestione della raccolta e del risparmio lo sviluppo del territorio, le nostre imprese, la qualità della vita, l’occupazione, i consumi, la ricerca e l’innovazione sono violentemente condizionati dall’esterno. Un tempo i territori si conquistavano con le guerre, oggi si comprano in Borsa.

Nessun commento:

Posta un commento