Dall'inizio della crisi i ritardi nei pagamenti hanno
costretto al fallimento oltre 15mila imprenditori.
Lo Stato,
gli enti locali, la pubblica amministrazione sono i veri boia delle
imprese italiani. Coi loro debiti e le continue dilazioni di pagamento non
fanno altro che ferire a morte gli imprenditori che, schiacciati dalla
recessione e dalla pressione fiscale, non riescono più a tirare a fine mese e
sono, quindi, costretti a chiudere.
Tra il 2008
ed il 2012 sono, infatti, più che raddoppiati (+114%) i fallimenti delle
imprese vittime dei ritardi o dei mancati pagamenti da parte dei committenti
pubblici e privati. Secondo il
report degli analisti della Cgia di Mestre, elaborato sulla base dei
risultati emersi da un’indagine campionaria presentata nel marzo scorso dalla Banca
d’Italia in un’audizione parlamentare, il debito della pubblica
amministrazione nei confronti delle imprese è di circa 120 miliardi.
Secondo i ricercatori di via Nazionale,
il debito della pubblica amministrazione è pari a 91 miliardi di euro. Una
cifra che, ormai, viene presa come riferimento da tutti gli osservatori ogni
qual volta si dimensiona l’ammontare complessivo dei crediti che le aziende
vantano nei confronti del settore pubblico. Ma si tratta di una foto scattata a
fine dicembre del 2011, ovvero più di un anno e mezzo fa. "In quel
numero non sono comprese le aziende con meno di venti addetti che sono il 98%
del totale delle imprese italiane", spiega il segretario degli
artigiani di Mestre, Giuseppe Bortolussi. Nella ricerca, poi, gli analisti
della Banca d'Italia non hanno coinvolto le imprese che operano nella sanità e
con i servizi sociali dove, storicamente, si annidano i ritardi di pagamento
più eclatanti. "Alla luce di questi elementi - continua Bortolussi -
riteniamo che l’ammontare dei debiti scaduti stimato dalla Banca d’Italia sia sottodimensionato
di circa 30 miliardi". La Cgia di Mestre non intende affatto
mettere in discussione il rigore scientifico dell’indagine realizzata da
Bankitalia. Nelle note metodologiche i ricercatori di via Nazionale hanno,
infatti, messo in evidenza tutti i limiti della ricerca. Chi dovrebbe
preoccuparsi a dimensionare il debito dovrebbe essere lo Tesoro che, invece, si
è dato tempo fino a settembre per calcolarlo. Per il segretario della Cgia,
sarebbe ingeneroso prendersela con il governo guidato da Enrico Letta: "Il mancato pagamento
dei debiti è un problema che parte da lontano. Anzi, dobbiamo ringraziare Monti
e Letta per aver messo al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica questa
anomalia tutta italiana. Tuttavia, bisogna accelerare i tempi di pagamento,
altrimenti con soli 20 mld di euro a disposizione annui, questi 120 mld di
debito saranno onorati non prima del 2018".
Dall’inizio
della crisi economica alla fine del 2012 sono fallite per mancati
pagamenti oltre 15mila imprese. I risultati a cui sono giunti gli artigiani di
Mestre nascono da alcune
osservazioni realizzate da Intrum Justitia secondo cui il 25% delle
imprese fallite nel Vecchio Continente ha chiuso a causa dei ritardi dei
pagamenti. Tenendo presente che l’Italia è la maglia nera dell'Eurozona per
quanto concerne la mancata regolarità dei pagamenti tra la pubblica
amministrazione e le imprese nonché nelle transazioni commerciali tra le
imprese, la Cgia ha quindi stimato che tra il 2008 e il 2010 questa incidenza
abbia raggiunto la soglia del 30%, per salire al 31% nel biennio 2011-2012.
Pertanto, a fronte di oltre 52.500 fallimenti nel lustro preso in esame,
l'associazione ha stima toche 15.100 chiusure aziendali siano addebitabili ai
ritardi nei pagamenti. Per Bortolussi "oltre ai ritardi nei
pagamenti, hanno concorso sicuramente alla chiusura di queste attività anche
gli effetti nefasti della crisi, come il calo del fatturato dovuto alla
contrazione degli ordinativi e il deciso aumento registrato in questi ultimi
anni dalle imposte e dai contributi, oltre alla forte contrazione
nell’erogazione del credito che ha caratterizzato l’azione degli istituti di
credito nei confronti soprattutto delle piccole imprese".
Pur
continuando ad essere il peggior pagatore d’Europa, in questi primi mesi del
2013 lo Stato italiano e le sue autonomie locali hanno ridotto di almeno dieci
giorni i tempi di pagamento verso i propri fornitori. Se nel 2012 le fatture
venivano saldate mediamente dopo 180 giorni, quest’anno, stando
all’elaborazione Cgia su dati di Intrum Justitia, i fornitori devono attendere
una decina di giorni in meno, ovvero 170. Solo la Grecia, che nella graduatoria
generale è al penultimo posto, ha fatto meglio del Belpaese: per l’ anno in
corso ha accorciato i tempi di pagamento di due settimane. "Vuoi
per gli effetti della nuova legge nazionale entrata in vigore dal primo gennaio
di quest’anno che ha recepito la Direttiva europea contro i ritardi dei
pagamenti, vuoi perchè nel Paese si è diffusa una certa sensibilità nei
confronti di questo problema - conclude Bortolussi - sta di fatto che la Pa
italiana paga i propri fornitori con maggiore celerità. Questa è un’inversione
di tendenza importante, ma non ancora sufficiente, visto che rimaniamo fanalino
di coda a livello europeo. Se in questo ambito le pubblica amministrazione di
Grecia e di Cipro continuano ad essere più efficienti della nostra, vuol dire
che il lavoro da fare è ancora molto".
di Sergio Rame
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