lunedì 30 settembre 2013

Corso di arabo alle elementari. Il Marocco colonizza Treviso

Finanziati dal governo nordafricano, insegneranno la lingua, la cultura e la storia musulmana. Cedimento all'Islam in nome dell'integrazione.
L’insegnamento della lingua araba nella scuola italiana parte inaspettatamente dalla fortezza del Nordest, la dura e pura Treviso. Proprio gli abitanti della Marca gioiosa, che agognavano al dialetto veneto come lingua ufficiale, manderanno i figli a imparare l’arabo. Infatti, la scuola elementare Coletti inserirà nell’orario scolastico le lezioni di «corso lingua e cultura araba». L’istituto trevigiano è il primo in Italia a implementare un corso di arabo totalmente gratuito, perché pagato dal governo del Marocco. «Un traguardo clamoroso per l’associazione Intermedia» commenta il professore marocchino residente a Treviso ZinounBouchra «…i bambini dalla terza alla quinta avranno la possibilità di imparare l’alfabeto arabo, la storia e la cultura da cui provengono tanti loro compagni. E tutto durante l’orario scolastico. Treviso batte un colpo nel campo dell’integrazione e l’iniziativa è assolutamente gratuita».
Comprendiamo la gioia del prof marocchino per il traguardo raggiunto, ma ci permettiamo di dubitare dell’utilità didattica dello studio dell’arabo per ragazzi in tenera età. Anche se, a dirla tutta, l’innovazione appare un avvicinamento, o più maliziosamente un indirizzamento alla cultura islamica più che un corso finalizzato all’apprendimento di un idioma.  Così i fioi de Treviso conosceranno poco o nulla della Repubblica Serenissima, delle mutilazioni e del martirio eroico di Marcantonio Bragadin, generale della Repubblica veneta, torturato e trucidato in nome dell’Islam, il cui cadavere fu issato sul pennone di una galea ottomana e portato a  Costantinopoli, dopo giorni di prigionia con naso e orecchie mozzate. Poitiers, Lepanto, millenni di storia e battaglie spazzati via dai sussidiari di scuola in cambio del Corano e della Mecca. Non essendo riuscita la conquista con le armi, oggi, in nome del falso mito dell’integrazione razziale, la colonizzazione araba parte dalla scuola elementare. Complimenti alla lungimiranza del governo marocchino che, dopo aver favorito lo sbarco clandestino di migliaia di marocchini in Italia, riesce a istituire e sovvenzionare corsi di cultura araba nella roccaforte del leghismo e della razza Piave. E noi che facciamo? Subiamo sempre.
Miopi e ipocriti  Siamo abbindolati da questa barzelletta dell’integrazione razziale senza renderci conto che avviene sempre e solo a senso unico. In Alto Adige sta sparendo l’italiano per far largo al tedesco e il Veneto vuole andare oltre: marocchino gratuito a 7 anni. Così formiamo le classi dirigenti del futuro capaci di competere sul mercato globale, insegnando alla nostra gioventù come si rivolge il tappetino alla Mecca e i dogmi maomettani. Rifinanziamo la missione dei militari italiani per proteggerci da Al Qaeda, all’Onu discutiamo sulla guerra alla Siria, ma a Treviso blandiamo l’Islam che così s’insinua subdolamente nel nostro tessuto sociale. E non voglio immaginare l’espressione del viso di quei genitori che un giorno, in luogo del Pater noster, sentiranno recitare la preghierina dell’ora di pranzo dal proprio figlio: Allah Akbar!
Matteo Mion (Libero)

domenica 29 settembre 2013

Altavilla, le fiaccole della Lega Nord fanno sparire le lucciole

Un centinaio di persone ha partecipato ieri sera alla marcia fino a Montecchio contro la prostituzione indetta dalla Lega Nord. L'on. Bizzotto: «Chi è qui rappresenta una massa che è silenziosa ma che preferisce delegare a chi scende in strada».
Poche fiaccole anti-lucciole, ma bisogna riconoscere ai sindaci ieri sera una piccola vittoria: lungo la Regionale 11 tra Montecchio Maggiore e Altavilla non c'era neanche una prostituta. Sono stati un centinaio gli aderenti alla marcia contro la prostituzione, organizzata dalla Lega Nord, per promuovere il referendum di abrogazione di parte della legge Merlin. In prima fila i primi cittadini dei quattro Comuni: Milena Cecchetto di Montecchio, Claudio Catagini di Altavilla, Stefano Giacomin di Creazzo e Marilisa Munari di Sovizzo, accompagnati dalla senatrice Erica Stefani e dall'eurodeputata Mara Bizzotto. Accanto a loro residenti che hanno dichiarato senza mezzi termini di essere «stanchi di dover vedere ogni sera, ogni giorno degli spettacoli poco piacevoli soprattutto per i nostri figli. È una questione di decenza». Assente, per impegni, il sindaco di Mogliano Veneto e promotore della proposta referendaria, Giovanni Azzolini. Sebbene non ci sia stata larga adesione, i manifestanti non si sono certo persi d'animo: «Difficilmente la gente si espone pubblicamente - hanno ribadito i sindaci - per un argomento così difficile e delicato». E se l'iniziativa aveva come obiettivo quello di sensibilizzare la gente e spingerla a firmare per il referendum, il pensiero è anche andato alle prostitute. «Vogliamo trovare una soluzione anche per loro. C'è sfruttamento perché oggi in Italia non c'è una legge - ha detto Cecchetto - Secondo la commissione Affari sociali della Camera, le prostitute in Italia sarebbero dalle 50 mila alle 70 mila».  «È inutile negarlo - ha aggiunto Giacomin - la prostituzione su strada c'è e coinvolge la famiglie. Il mondo politico nazionale deve muoversi e noi tutti dobbiamo fare massa critica per spingerli a legiferare». Anche paesi come Sovizzo, sfiorato dal problema, ne paga le conseguenze, come ha osservato Munari: «Il nostro territorio è coinvolto per il disturbo e per i luoghi dove si appartano prostitute e clienti. Ci devono dare degli strumenti appositi per agire, oggi siamo nella terra di nessuno». 
Antonella Fadda (GDV)

sabato 28 settembre 2013

A Venezia la sinistra vuole eliminare la pasta Barilla dalle mense

Barilla non fa rima con Venezia. E non solo in termini grammaticali, che si sa, basta una licenza poetica a sconvolgere tutto. C’è qualcuno, là sulla Laguna, a cui la pipetta rigata deve essere rimasta sul gozzo. Proprio andata di traverso. Rimasta lì e mai scesa. Nello specifico, al centro del dibattito, c’è tal Sebastiano Bonzio, consigliere comunale di Fds, Federazione della Sinistra, che cavalcando l’onda di contestazioni che ha avvolto Guido Barilla in questi giorni lancia la proposta: «Eliminiamo la pasta Barilla dalle mense di Venezia». Quello che ormai è già stato soprannominato il Bonzio-pensiero diventa così un’interrogazione, presentata dal consigliere alla giunta veneziana. «Prendendo atto del diritto dell’azienda del signor Barilla ad orientare la commercializzazione dei propri prodotti verso le quote di mercato che ritiene più attraenti» scrive Bonzio «non si può trascurare come, dall’altra parte, stia in capo al consumatore il diritto di scegliere tra la ampia scelta di prodotti disponibili nel mercato in base ai propri gusti e ai propri orientamenti culturali, politici, etici o quant’altro». Dopo una lunga discussione sul valore etico del maccherone, del ditalino e della penna rigata, arriva il punto: «Anche seguendo il consiglio del signor Guido Barilla, cui non vorremmo dispiacere servendo la sua pasta a bambini inclusi in nuclei famigliari che non siano di suo gradimento, sarebbe opportuno verificare la necessità di rivolgersi ad altra realtà produttiva per individuarne una maggiormente rispettosa e in sintonia con la reale composizione della variegata società italiana del 2013».
Dal Comune di Venezia fanno sapere che la proposta, attualmente, è solo stata avanzata e non vi è stato ancora alcun modo di discuterla in consiglio o con l’assessore competente. La questione è tuttavia ridicola. Se il consigliere chiede che i consumatori di pasta possano avere libera scelta sul tipo di famiglia da creare, non è forse un totale controsenso che poi si proponga come giudice supremo della tagliatella e bandisca dalle mense della Laguna un determinato tipo di pasta solo per “antipatia” del suo produttore?  
di Marianna Baroli (Intraprendente)

venerdì 27 settembre 2013

Disoccupazione giovanile, Bizzotto: Veneto escluso dai fondi UE



On. Mara Bizzotto, Lega Nord - "Adesso l'Europa lo mette nero su bianco: da Bruxelles è in arrivo oltre 1 miliardo di euro per combattere la disoccupazione giovanile in Italia, ma il Veneto non vedrà il becco di un quattrino! Questi soldi, grazie agli strampalati criteri avvallati da Letta nel Consiglio UE di giugno, saranno infatti destinati solo alle Regioni con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25% e il Veneto, attestandosi al 23,4%, ne resterà escluso.
Altro che cantare vittoria per i fondi ottenuti dall'UE: il Governo Letta ha di fatto sbattuto la porta in faccia a migliaia di giovani veneti senza lavoro, trattandoli come fossero cittadini di serie B".
Con queste parole l’europarlamentare leghista Mara Bizzotto, vicesegretaria veneta della Lega Nord, annuncia la risposta della Commissione Europea alla sua interrogazione sui fondi UE destinati alla disoccupazione giovanile che nei mesi scorsi aveva scatenato roventi polemiche tra Roma e Venezia.
All'interpellanza dell'eurodeputata Bizzotto ha risposto il Commissario UE all'Occupazione e agli affari sociali László Andor: "La Commissione conferma che il Consiglio europeo riunitosi a giugno ha stabilito, come condizione di ammissibilità per la concessione di un contributo finanziario nel quadro dell'iniziativa per l'occupazione giovanile, una soglia minima pari al 25% relativamente al tasso di disoccupazione giovanile regionale tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni" ha dichiarato Andor, che ha aggiunto: "Nella Regione Veneto il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 23,4% e non sembra quindi soddisfare questo criterio".
"Escludere il Veneto dai fondi UE, per uno zero virgola o poco più, significa fare delle discriminazioni inaccettabili sulla pelle dei giovani che sono senza lavoro - spiega l'on. Bizzotto - Da Monti a Letta, nulla è cambiato: il Veneto continua ad essere pesantemente danneggiato dal Governo centrale, tanto a Roma quanto a Bruxelles ".
"Trovo semplicemente assurdo che una Regione come il Veneto, che è sempre stata la locomotiva d'Italia ma che oggi sconta, al pari di tutto il Paese, una pesante crisi economica ed occupazionale con un totale di oltre 170mila disoccupati, venga ingiustamente penalizzata su un tema così importante come quello della disoccupazione giovanile - conclude l'eurodeputata Bizzotto - Invece di compiacersi per questi finanziamenti europei in arrivo da Bruxelles, il Governo Letta farebbe bene a spiegarci perché mai un ragazzo veneto disoccupato debba avere meno aiuti di qualunque altro ragazzo italiano".

giovedì 26 settembre 2013

Fiaccolata contro le prostitute di strada lungo la strada Sr11 organizzata dalla Lega Nord



ALTAVILLA. Domani alle 21 l'iniziativa promossa dalla Lega a cui parteciperà il sindaco di Mogliano. Invitato Flavio Tosi. I sindaci e i cittadini dei comuni lungo la strada Sr 11 in marcia a sostegno della raccolta firme per la riapertura delle case chiuse. 
Una fiaccolata contro la prostituzione. Per sensibilizzare al problema e sostenere la raccolta firme referendaria per la revisione della legge Merlin. L'ha organizzata la Lega Nord, circoscrizione 11, ed in particolare le sezioni di Altavilla, Creazzo, Montecchio Maggiore e Sovizzo, che da tempo raccolgono il disagio dei cittadini che vivono lungo la strada regionale 11.  E così domani sera, con ritrovo davanti a “Bonometti ” ad Altavilla, alle 20.30, partirà la marcia delle fiaccole con in prima linea il sindaco di Mogliano Veneto Giovanni Azzolini, promotore del referendum per la riapertura delle case chiuse.Ad affiancarlo la senatrice Erika Stefani e l'eurodeputata Mara Bizzotto. Con loro anche i sindaci dei quattro comuni che si sviluppano lungo l'ex statale 11: Stefano Giacomin di Creazzo e Milena Cecchetto di Montecchio Maggiore della Lega Nord, ma anche Claudio Catagini di Altavilla e Marilisa Munari di Sovizzo.  I quattro comuni ci saranno, compatti. Alla fiaccolata e al comizio.  Del resto il sindaco di Montecchio Maggiore Milena Cecchetto era già scesa in piazza, al mercato settimanale di qualche settimana fa, per raccogliere le firme per il referendum. «Alla fiaccolata è stato invitato anche il sindaco di Verona Flavio Tosi, ma - precisano gli organizzatori - finora non ha confermato la presenza». L'invito, comunque, è stato allargato anche ai sindaci che non sono leghisti ma che vogliono unirsi per affrontare il problema, perché il governo centrale arrivi a prendere in mano la situazione ed emanare una normativa che sia in linea con i tempi.  «Bisogna dare uno scossone - dice il sindaco di Creazzo Stefano Giacomin -. Il referendum abrogativo non è la soluzione ma speriamo sia una spinta per far legiferare in materia. Non passa settimana che non mi arrivino segnalazioni in comune sul problema prostituzione. Ma i sindaci con le ordinanze e i regolamenti stanno facendo la guerra a palle di neve. 
Luisa Nicoli (GDV)

 

C'è la Boldrini a Palazzo Marino. E ci son 14 auto blu



«Tra me e l’auto blindata i problemi non mancano. Nell’abitacolo mi sento soffocare, anche perché i finestrini sono bloccati. Un rapporto travagliato che passa per mal di stomaco e continue soste. Insomma, stavo meglio prima!».
Così Laura Boldrini, in una lettera al quotidiano Libero di qualche settimana fa, descriveva il suo travagliato rapporto con la grossa Bmw in dotazione alla presidenza di Montecitorio. Roba da far morire di tristezza e compassione le migliaia di pendolari che, ogni giorno, prendono le Ferrovie dello Stato o le Ferrovie Nord per recarsi al lavoro: chissà se anche a loro è mai capitato, in un caldo pomeriggio d’estate, sentirsi soffocare nel bel mezzo d’un vagone affollatissimo. Davvero, signora presidente, l’idea che lei stia usando ancora quella fuoriserie made in Monaco di Baviera ci fa piangere il cuore. Eppure ci chiediamo una cosa. Perché, se quella macchina le provoca così tanto orrore, non se n’è disfatta? In fondo poteva benissimo venderla, optare per una più sobria utilitaria oppure prendere anche lei i mezzi pubblici. Ed invece, non sappiamo per quale ragione, ha voluto comminare a se stessa una punizione così severa.
Oggi la Boldrini era a Palazzo Marino per il convegno dal titolo “I Comuni d’Italia per l’Expo”. Mentre dentro si parlava dei problemi insostenibili del bilancio di Stato ed Enti locali, all’esterno – nella via adiacente al Comune – era tutto un lussureggiare di auto blu. Gioielli a quattro ruote che arrivano a costare cifre a cinque zeri. Il capogruppo leghista in Comune Alessandro Morelli ne ha contate la bellezza di 14, tutte rigorosamente parcheggiate in divieto di sosta (alcune addirittra contromano). Ha scattato la foto che potete vedere qui a fianco ed è intervenuto in consiglio comunale per denunciare l’accaduto, sollecitando il presidente dell’assemblea comunale Basilio Rizzo a scrivere al suo omonimo alla Camera dei Deputati per lamentarsi dell’accaduto. «L’argomento del giorno – ha sottolineato Morelli – era Expo e non l’esposizione di autovetture, per carità molto belle, per la maggior parte straniere».
Anche perché resta da capire come mai così tante quando le autorità col bisogno di spostarsi erano solo quattro: la Boldrini, il sindaco di Roma Ignazio Marino, quello di Torino Piero Fassino e il sottosegratrio a Expo Maurizio Martina e il commissario del padiglione Italia Diana Bracco. Ora, anche ponendo che Bracco e Fassino ne abbiano usate ben due a testa vuol dire che da Roma ne sono arrivate 10. «Che bisogno c’è di tante auto –ha proseguito Morelli – tutte da un posto solo? Pur comprendendo la necessità di un mezzo di trasporto non capisco perché non si sia riuscito a fare economia sulle auto blu visto che lo stesso Letta ha detto che ciò sarebbe stato uno dei punti qualificanti della spending review». Riduzione della spesa che pare non interessare molto alla nostra presidente che, alla Camera, l’ha aumentata di ben cinque milioni in sei mesi.
Facendo un calcolo della distanza fra piazza Montecitorio e Piazza della Scala (575 km) dove ha sede il Comune e moltiplicandola per i costi chilometrici Aci per un’auto blu tipica (una Bmw 740) si ottiene un costo di 816 euro ad autovettura. Il che vuol dire, per le 10 presunte auto blu romane (di Boldrini, marino e Martina), una spesa di oltre ottomila euro, senza contare le “indennità di missione” dei vari accompagnatori dei politici (segretari, addetti stampa etc).
Di questi privilegi puoi usufruire se ti chiami Boldrini e Martina ma anche Marino o Fassino (che almeno un’auto di servizio ce l’hanno), tutti guru dell’ambientalismo de noantri. Se invece ti chiami in altro modo l’auto in città non usarla. O se lo fai, mi raccomando, paga l’Area C.
di Matteo Borghi (L'Intraprendente)

mercoledì 25 settembre 2013

Vuoi cambiare sesso? Ci pensa Nichi. La Regione finanzia i transgender


Una delibera di giunta rifinanzia il servizio di aiuto attivo al policlinico di Bari. 
Cento settantamila euro per aiutare chi, all'interno del Policlinico di Bari, deciderà di cambiare sesso. A stanziarli la giunta del governatore Nichi Vendola con una delibera che ha innescato forte polemiche soprattutto perché la sanità pugliese non gode certo di ottima salute tra tagli di posti letto, chiusure di ospedali e riduzione della spesa. Per l'opposizione si tratta di una "scelta ideologica", perchè finanziare l'assistenza di chi decide di cambiare sesso, "non tiene conto delle vere priorità del sistema sanitario regionale". Ma dall'assessorato al Welfare della Regione Puglia, fanno sapere che si tratta del "rifinanziamento di un'attività preesistente, unica nel Mezzogiorno, e che non sottrae risorse ad altri servizi".  
Il botta e risposta - "Se la Regione vuole sostenere queste attività", puntualizza il capogruppo del Pdl in Consiglio regionale, Ignazio Zullo, "deve essere in grado di farsi carico anche degli altri bisogni: ad esempio, abbiamo il problema della dislessia su cui si è abbattuto un taglio di 150mila euro".  Dagli uffici del Servizio prevenzione, assistenza psichiatrica e territoriale della Regione Puglia, sottolineano che "la delibera non sottrae risorse ad altri servizi, proprio perchè esiste un fondo dedicato ai progetti di rilevanza regionale, per il quale ogni anno vengono accantonate specifiche risorse. Con questa delibera di giunta, andiamo quindi a sostenere un'attività di servizio del Policlinico, per disturbi dell'identità di genere. Un servizio unico nell'Italia meridionale, che da oltre 10 anni svolge assistenza psicologica ai transgender". "Purtroppo - concludono gli esperti dell'assessorato - chi critica questo servizio non riesce a comprendere la sua importanza e suo risvolti per la collettività". Da parte sua il capogruppo del Pd alla Regione Puglia, Pino Romano, commentando le polemiche sollevate dal Pdl ironizza: "Credo che in Puglia dovremmo finanziare anche il cambio di mentalità di certe persone, oltre alle attività legate al cambio del sesso. Solo così, forse, non sentiremmo più sciocchezze su argomenti tanto delicati e complessi come i disturbi dell'identità di genere".
da Libero Quotidiano.