Non un
accenno all'assemblea del Partito democratico di sabato, né la successiva
domenica, né oggi, lunedì 16 giugno, all'assemblea di Confindustria di Vicenza
e Verona, due città vicine a Venezia, epicentro dello scandalo. Matteo Renzi
non ne parla, bocca cucita su quei 500mila euro incassati dall'ex
sindaco della Laguna, Giorgio Orsoni, per conto del Partito democratico.
Un silenzio, quello del premier, che in un articolo-appello pubblicato su Libero di domenica 15 giugno Mario
Giordano ha chiesto di rompere. Un appello (lanciato già sabato da Maurizio
Belpietro) non raccolto, e ancor più attuale dopo il silenzio delle ultime ore.
Un appello che vi riproponiamo.
#matteononfareilfurbo.
Visto che ormai con Renzi bisogna parlare per hashtag, proviamo a usare il suo
codice preferito. Se non lo capisce, ne aggiungiamo un altro:
#matteotirafuoriisoldi. O anche #matteorestituiscilemazzette. Stiamo parlando,
ovviamente, di quei 500mila euro incassati dall’ex sindaco di Venezia Orsoni
per conto del Partito democratico, oseremmo dire: su istigazione del Partito
democratico, come ha raccontato lui stesso ai giudici. Orsoni, come è noto, ha
patteggiato 4 mesi. Dunque è evidente che i magistrati hanno preso per buona la
sua versione. Di conseguenza è acclarato che quei soldi sono finiti nelle casse
del Pd. Quindi, ribadiamo: #matteononfareilfurbo. Restituisci subito il
maltolto.
Ieri
all’assemblea del partito, il premier ha fatto come al solito un bel discorso,
traboccante di slogan, belle parole e retorica. Ha innalzato la bandierina
della pulizia, del rigore e dell’intransigenza con i ladri. Ha rivendicato il
fatto di aver chiesto le dimissioni di Orsoni perché, dice, uno che ha ammesso
la sua colpa (il finanziamento illecito) non può fare il sindaco.
#bravomatteopugnoduro, bisogna essere inflessibili. Giusto. Sacrosanto. Ma,
allora, c’è qualcosa che non torna: se il Pd non può convivere con uno che ha
ammesso di aver ricevuto il finanziamento illecito, come fa a convivere con il
finanziamento illecito medesimo?
A questa
domanda Renzi il candido, l’uomo che veste la camicia bianca come se fosse un
manifesto di stile e di morale, non ha voluto rispondere. Non ne ha fatto
cenno. #silenzioassoluto. O anche #silenzioimbarazzato. Qualcuno, tra i suoi, a
mezza bocca, ammette l’evidente contraddizione: com’è che Orsoni è stato fatto
fuori per aver preso i soldi e poi i soldi restano nelle casse del partito? Non
si fa così. Il bottino va restituito, quando si recupera la refurtiva la si
rimette sempre a disposizione della collettività. Non abbiamo forse speso
intere pagine di entusiasmo per il meraviglioso recupero dei beni sottratti
alla criminalità organizzata? La mazzetta finita nelle casse del Pd è poca roba
rispetto a tutto ciò, si capisce. Ma, in ogni caso, non è roba del Pd. E dunque
non possono tenersela.
#matteononfareilfurbo,
dai verbali di Venezia emerge un quadro chiarissimo, il cosiddetto «sistema
Pd», incentrato sull’ex presidente dell'Autostrada Padova Venezia, Lino
Brentan, già funzionario locale del partito. Era lui l’architrave di quel
metodo rosso della tangente che partiva dal Mose e finiva nelle casse dei
democratici, coinvolgendo i massimi responsabili locali. Per ottenere soldi
venivano truccate le gare per appalti e subappalti, di tutti i lavori pubblici
del Veneto, mica solo quelli relativi all’acqua alta in Laguna. L’impressione è
che ci sia ancora molto da raccontare e da ricostruire. Ma noi non vogliamo
spingerci così avanti. Ci limitiamo a quello che sappiamo, ciò che è accertato,
definitivo, così definitivo da spingere il partitone a far dimettere un suo
uomo dalla carica di sindaco: una mazzetta da mezzo milione di euro è finita nelle
casse del Pd. Perché non viene immediatamente restituita?
Come vedi,
caro premier, è una domanda semplice. Un sillogismo politico che non lascia
spazio a dubbi, né a chiacchiere. A te le chiacchiere piacciono, lo sappiamo.
Sei il numero uno. Ma qui le chiacchiere stanno a zero. Qui è una questione
pragmatica, come piace nel Nordest, è un ragionamento semplice fondato sulla
logica e sugli schei: quel mezzo testone (che sommando quello confessato dal
consigliere regionale del Pd Marchese sarebbe poi un testone tondo tondo) va
restituito ai suoi legittimi proprietari. Cioè, nella fattispecie, noi, i
cittadini italiani. Non riusciremo a darci pace finché non avremo una risposta.
Perché, vedi, altrimenti tutte le parole che pronunci e che pronuncerai su questo
tema valgono meno di zero. È un po’ troppo comodo, no? Chiedi agli altri di
denunciare il malaffare e tu non denunci il malaffare che hai in tasca?
#mattenonfareilfurbo. Facci un cenno e restituisci la refurtiva. Altrimenti
diventi un po’ ladro anche tu. O, per lo meno, ricettatore.
di Mario
Giordano