lunedì 30 giugno 2014

Immigrazione: sbarchi a quota 65mila

ROMA. Al giro di boa del 2014, i migranti sbarcati in Italia hanno già superato il totale degli arrivi registrato nel 2011, finora anno record: 63mila. Dati del Viminale indicano infatti che sono giunti via mare quest'anno
61.585 stranieri fino ad oggi. A questi vanno aggiunti i quasi 5.000 soccorsi nelle ultime ore dai mezzi di Mare Nostrum e che saranno sbarcati tra oggi e domani. Numeri che rendono sempre più reale la stima di 100mila sbarchi nell'anno, a meno di interventi sulle partenze.
NE (GdV)

Luca Zaia: totale fallimento della linea Renzi su l'immigrazione, l'Ue abbandona l'Italia

Fate da soli. L'Europa ci abbandona sulla lotta all'immigrazione. Il vertice del consiglio europeo ha sancito la strategia alla "Ponzio Pilato" dell'Ue. Matteo Renzi non è riuscito a convincere i leader europei a prendersi carico dell'emergenza sbarchi che arriva dalle coste italiane. Così dopo le notizie poco confortanti che venivano da Bruxelles, arrivano le prime reazioni. Dal Consiglio europeo l'Italia incassa la classica raffica di promesse, con frasi generiche e rassicuranti sul futuro rafforzamento operativo di Frontex. I numeri, però, sono implacabili e raccontano per il periodo ottobre-aprile di un contributo europeo di circa 12 milioni (in parte pagati da noi) rispetto ai 54 spesi dall'Italia per garantire una missione come Mare Nostrum da 300mila euro al giorno. Le rassicurazioni sul Frontex non vengono accompagnate dalla la reciprocità nel diritto d'asilo.
L'allarme - Il governatore del Veneto, Luca Zaia, parla di totale fallimento della linea Renzi: "Apprendo con grande disappunto, ma non con sorpresa, che dal vertice europeo tira una pessima aria per l'Italia che, se non cambieranno le cose, continuerà ad essere lasciata sola ad affrontare la tragedia della migrazione dal nord africa". "Se questa previsione non verrà modificata prima dell'atto formale - incalza il Governatore del Veneto - saranno confermati tutti i nostri timori: che l'Europa sia e resti un carrozzone di burocrazia parolaia; che in Europa, nonostante il continuo ma sterile gonfiare il petto di Renzi, l'Italia non conti nulla; che i veri egoisti e razzisti stiano o a latitudini ben diverse dalle nostre; che le migliaia di disperati che sbarcano quotidianamente sulle nostre coste, mettendo sempre più in crisi istituzioni locali e territori, per i cosiddetti "partner europei" non siano affar loro, tranne la miseranda elemosina di qualche stanziamento del fondo Frontex".
"Siamo soli" - Insomma a quanto pare da Bruxelles non arriverà nessun aiuto per l'emergenza sbarchi  e a niente è servito l'appello del ministro degli Interni, Angelino Alfano che aveva detto: "Cosi' com'e' l'operazione Mare Nostrum non puo' andare avanti. Noi siamo assolutamente certi di avere fatto il bene e siamo altrettanto certi che cosi' non si puo' andare avanti perche' questo mare Mediterraneo e' una frontiera europea e noi salviamo le vite di chi vuole venire in Europa non di chi vuole andare a Pozzallo, Augusta o Porto Empedocle". Le parole di Alfano non sono arrivate a Bruxelles. Intanto l'estate appena cominciata sarà l'ennesima passerella che unisce il nord Africa alle coste italiane.
da Libero Quotidiano

domenica 29 giugno 2014

Salvini contro Renzi: "È peggio di Monti. Coi bugiardi non tratto"

Il leader del Carroccio: "Ha svenduto l'Italia per avere due poltrone".
"Peggio di Monti". Matteo Salvini non usa mezzi termini e attacca a muso duro il premier Matteo Renzi
"Tra pochi giorni verrà in Europa per parlare del semestre di presidenza italiana e verrà accolto da noi leghisti con tutti gli onori del caso", avverte il leader del Carroccio in una intervista a Libero. E poi rincara la dose: "Renzi doveva fare due cose: chiedere aiuto su immigrazione e asilo, e gli hanno detto che se lo deve scordare. E poi doveva chiedere più tempo sui conti e invece gliene danno di meno. Sarebbe da dimissioni e da commissione di inchiesta subito". Insomma, per Salvini "Renzi ha svenduto l'Italia per due poltrone, è imbarazzante, non guarda in faccia a nessuno e a ottobre dovremo tirare fuori 25 miliardi".  
di Luca Romano (Giornale)

sabato 28 giugno 2014

Diritto d'asilo, Renzi si prende un altro calcio dall'Europa


Sparisce la "reciprocità" chiesta dall'italia nella bozza del vertice. Salvini: <Bruxelles se ne frega e il premier cala le braghe>.
«Europa, sull’immigrazione Renzi cala le braghe... Dall'ultima bozza del vertice europeo, è scomparsa infatti la “reciprocità” sull'asilo fra gli Stati dell'Unione per le migliaia di immigrati in arrivo. In sostanza, l’Europa e Renzi se ne fregano dell'invasione clandestina». Lo ha scritto ieri il segretario leghista Matteo Salvini, commentando su Facebook la notizia della scomparsa dall’ultima bozza delle conclusioni Ue del «mutuo riconoscimento» delle decisioni sull’asilo. Era questo un punto fortemente voluto dall’Italia. Nella prima bozza veniva indicata come «nuovo passo futuro», ma già nella seconda, sotto le pressioni dei Paesi del Nord eruropa, era diventata una semplice possibilità «da esplorare». Nella terza, niente del tutto.
«L’Europa se ne fotte del problema immigrazione non accettando il mutuo riconoscimento del diritto d’asilo», ha commentato ildeputato leghista Nicola Molteni, capogruppo in commissione Giustizia.
«Renzi non conta niente. L’immigrazione e gli sbarchi rimarranno un problema tutto italiano. Frontex è e rimane un carrozzone europeo mangiasoldi che non controlla le frontiere esterne, destinate a rimanere un colabrodo. Mare nostrum rimarrà e verrà rifinanziata, con l’esito di indurre una nuova invasione, senza precedenti, causata da Renzi, Merkel, Alfano e dal Pd», conclude Molteni.
«Apprendo con grande disappunto, ma non con sorpresa, che dal vertice europeo in corso a Bruxelles tira una pessima aria per l’Italia che, se non cambieranno le cose, continuerà ad essere lasciata sola ad affrontare la tragedia della migrazione dal nord Africa», ha detto il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia commentando la notizia della scomparsa del «mutuo riconoscimento» delle decisioni sull'asilo.
«Se questa previsione non verrà modificata prima dell’atto formale - incalza il Governatore del Veneto - saranno confermati tutti i nostri timori: che l’Europa sia e resti un carrozzone di burocrazia parolaia; che in Europa, nonostante il continuo ma sterile gonfiare il petto di Renzi, l’Italia non conti nulla; che i veri egoisti e razzisti stiano o a latitudini ben diverse dalle nostre; che le migliaia di disperati che sbarcano quotidianamente sulle nostre coste, mettendo sempre più in crisi istituzioni locali e territori, per i cosiddetti “partner europei” non siano affar loro, tranne la miseranda elemosina di qualche stanziamento del fondo Frontex».
«Non possiamo continuare a considerare Lampedusa e le regioni del sud - aggiunge Zaia - come il confine dell’Italia e non come il confine dell’Europa».
«Bisogna dire basta a questa ipocrisia continentale, e bisogna farlo con gesti e atti concreti. Renzi, se davvero conta così tanto come ci fanno credere, la metta giù dura e abbia il coraggio di dire ciò che tutti gli italiani pensano e di fare ciò che è necessario: pretendere la reintroduzione del mutuo riconoscimento delle decisioni sull'asilo arrivando, se non ascoltato, a non sottoscrivere l’accordo finale», conclude.
di Giovanni Polli

giovedì 26 giugno 2014

''3 MILIONI DI FIRME PER CANCELLARE LA LEGGE FORNERO E ALTRI OBBROBRI, GLI ALTRI PENSANO ALLA LEGGE ELETTORALE''

Questa mattina il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, accompagnato da una delegazione di parlamentari del Carroccio e dal comitato promotore, ha depositato in Cassazione i moduli con le firme a sostegno dei cinque quesiti referendari per abolire la legge Fornero, la legge Merlin, le prefetture, per vietare i concorsi pubblici agli stranieri e la legge Mancino. ''Abbiamo contato 570 mila firme per cancellare la legge Fornero - dice Salvini che ha scaricato e portato materialmente uno degli scatoloni in Cassazione -. Noi ci preoccupiamo di cose concrete che interessano alle persone mentre altri si incontrano nei palazzi per discutere di legge elettorale, ultimo dei pensieri dei lavoratori, dei pensionati, degli esodati'', ha concluso Salvini che per l'occasione ha sfoggiato una t-shirt (indossata anche da tutti gli altri partecipanti) con la scritta ''Elsa (l'ex ministro Fornero, ndr) piange 500 mila volte''. Insieme al segretario del Carroccio, tra gli altri, Roberto Calderoli, i senatori Emanuela Munerato, Stefano Candiani e Gianmarco Centinaio.
''Mentre altri si trovano per discettare di legge elettorale, noi offriamo 3milioni di firme ai cittadini italiani - aggiunge -. Un enorme grazie ai militanti e ai cittadini che, da Nord a Sud, ci hanno creduto. Speriamo di far votare gli italiani il prima possibile. A luglio continueremo a lavorare per la reintroduzione del reato di immigrazione clandestina''
E a chi gli ha domandato cosa serve al centrodestra per risorgere, dopo la sconfitta alle europee, Salvini ha risposto: "Coerenza, coraggio, compattezza".
da Il Nord

mercoledì 25 giugno 2014

Referendum: la Lega seppellisce la Fornero sotto tre milioni di firme


Una carovana di furgoni arriva oggi alla Cassazione per depositare gli scatoloni con i moduli.

Tre milioni di firme. Cinquecentocinquantamila solo per cancellare la legge Fornero che ha creato migliaia di esodati. A dispetto dei gufi la Lega Nord ce l’ha fatta: il quesito per abolire la controriforma Fornero va in porto. Così questa mattina mentre al buio dei Palazzi Renzi e Grillo s’incontrano per parlare di legge elettorale, il Carroccio guidato da Matteo Salvini sarà in Cassazione per consegnare centinaia di scatoloni con i moduli regolarmente firmati. Con la Fornero la Lega manda in soffitta anche la legge Merlin, i prefetti, i concorsi per gli stranieri, la legge Mancino sui reati d’opinione.L’annuncio è arrivato ieri nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio che Salvini ha tenuto insieme con il capogruppo alla Camera Giancarlo Giorgetti e il senatore Raffaele Volpi. «Mentre noi stiamo parlando - esordisce il segretario del Carroccio - decine di ragazzi stanno caricando sui camion gli scatolini con le firme raccolte in questi mesi per i nostri referendum. Una carovana di furgoni che da Milano arriveranno domani (oggi per chi legge, ndr) in Cassazione 3 milioni di firme sui nostri cinque referendum. Quello sulle pensioni contro la legge Fornero ha raccolto 550 mila firme, credo che per gli altri i numeri siano gli stessi». «Mentre si parla del nulla tra Pd e M5s - spiega Salvini - di legge elettorale che è l'ultimo dei problemi degli italiani, noi parliamo di lavoro, pensioni, sicurezza e prostituzione con un programma più serio e alternativo». Grande successo di firme anche al Sud: ne sono state raccolte quasi 100 mila nel Meridione: più di 10 mila a Roma, 14 mila in Campania e 1250 nel Comune di Palermo.

martedì 24 giugno 2014

«Poliziotti e marinai a rischio contagi dai clandestini»


Il segretario del Sap, Tonelli, visita i centri di accoglienza in Sicilia: unica protezione, una mascherina.
Nessun controllo sanitario efficace sulle migliaia di clandestini che ogni giorno sbarcano in Italia. E nessuna, autentica protezione per il personale di polizia, ma anche della Marina e dei centri di accoglienza, contro i rischi di contrarre malattie. Gianni Tonelli, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia (Sap), ieri era in Sicilia per verificare di persona la situazione. E per denunciare un problema che investe l’intera comunità nazionale. Un problema che non è solo di sicurezza e sanitario, ma anche di mancata informazione.«Il premier dovrebbe mandare qua una persona di fiducia per una settimana per capire come stanno le cose - esorta Tonelli -. Secondo me non è stato informato correttamente, come non lo ero io finché stavo a Roma. Il circuito mediatico, non so se per interesse o superficialità, non fa filtrare la realtà. E la gente non la conosce». Una realtà che lo stesso Tonelli ha toccato con mano, in tre centri per immigrati dell’isola.
«È stato illuminante. Fra gli immigrati c’è chi sa cosa deve fare, mentre il 30% vuole solo fuggire. Le persone scaricate dalle navi vengono sottoposte a un controllo del medico, presente solo 8 ore al giorno, per un esame “obbiettivo” sommario, cioè senza nessun controllo strumentale né tantomeno esami del sangue. Ho stretto la mano ad un bambino affetto da tubercolosi, che si trasmette all’interno di ambienti chiusi, e qui ci sono cameroni con persone stipate come bestie. La scabbia è molto frequente, c’è stato qualche caso di meningite. Ma un esame “obbiettivo” non riscontra in alcun modo gran parte delle malattie».
A Pozzallo (Ragusa) il Centro di primo soccorso e accoglienza ospita 200 immigrati (su 400 posti potenziali), soprattutto giovani in attesa del riconoscimento dello status di esiliati politici. Ai dieci poliziotti in servizio sono state date, come precauzione, «mascherine che fanno ridere - lamenta Tonelli -, non fermano nemmeno le polveri grosse, figuriamoci gli agenti patogeni. Una presa in giro», taglia corto.
A Caltagirone (Catania) i richiedenti asilo sono 150 (su 250 posti), affidati a una cooperativa e senza alcun presidio di polizia. Risultato: la metà sono già fuggiti. Ma la situazione peggiore è al Cara di Mineo, ancora nel Catanese, dove 4 mila persone, «anche di etnie diverse atavicamente in conflitto fra loro», sono gestite da appena 20 agenti. «Basta un attimo per far volare colli di bottiglia o coltellate. Anche qui, per garantire sicurezza occorrono soldi e più operatori».
Ma Tonelli lamenta altri problemi. «Le prefetture non sanno quanti immigrati devono accogliere perché manca un sistema informatizzato come può essere quello di un hotel, una stupidata. Ed è assurdo che le persone identificate in italia e poi fermate, poniamo, in Germania, vengano rispedite nel Paese dove sono state identificate. Molti non si fanno identificare proprio perché non vogliono fermarsi qui». Soluzioni? «La prima cosa da fare sarebbe pestare davvero i piedi in Europa e pretendere corridoi umanitari. E poi sposterei alle frontiere con gli altri Paesi i centri che trattengono per mesi le persone in attesa di asilo politico: finché stanno in Sicilia, quelli se ne fregano».
Giovedì scorso i sindacati di polizia hanno incontrato il vice capo vicario della polizia, Alessandro Marangoni, e il direttore centrale di Sanità, Giovanni Cuomo. «Un incontro molto deludente - sbotta Tonelli -. Che garanzie può dare sotto il profilo sanitario un esame non strumentale su una nave che trasporta duemila persone per volta?».
Andrea Accorsi

lunedì 23 giugno 2014

Thiene. Tutti contro Casarotto. Busetti e Busin :' Hai offeso la Regione Veneto'. Chiavegato:' Non voglio incontrarlo'


La determinazione degli indipendentisti veneti a non lasciarsi zittire non si è fatta attendere e una folla di trecento persone, gente comune e leader di partito, tra cui l'europarlamentare Mara Bizzotto e il deputato Filippo Busin, ognuno sventolando la propria bandiera della Serenissima Repubblica veneta, ha risposto per le rime alle recenti dichiarazioni polemiche del Sindaco di Thiene Giovanni Battista Casarotto, che negli ultimi giorni tramite i media aveva tentato di sedare gli animi e si era detto disposto al dialogo.
La polemica, nata a causa del divieto da parte degli organizzatori della Festa dei popoli a far entrare i venetisti con le bandiere della Serenissima, inizialmente, sembra, senza polemiche di partito, ha assunto invece in questi giorni i colori del diverbio politico e, coinvolgendo il Sindaco Casarotto, che si è detto estraneo all'episodio scatenante la polemica, ha dato apparentemente senza volerlo il "la" ai venetisti per tenere sempre viva l'attenzione sullo spirito independentistico del popolo veneto, che reclama il proprio diritto, tra polemiche di ogni genere, all'autodeterminazione.
Con la bandiera avvolta sulle spalle come uno scialle ha sfilato con il corteo anche l'ex sindaco di Thiene Marita Busetti, proprio lei che ha voluto far nascere la Festa dei Popoli, che ha avuto inizio infatti nel terzo anno del suo mandato, il 2010. "Sono qui perché ritengo che sia stata offesa la Regione Veneto", ha dichiarato mentre il corteo raggiungeva la meta, "la bandiera del Veneto è appesa fuori dai comuni e dalle scuole, ma qui accettano meglio la bandiera del Perù che quella nostra. Il vero problema è che la rifiutano a prescindere, e questo secondo me non è dignitoso".
Durante il comizio, in pieno centro a Thiene, il primo ad intervenire è stato il promotore del referendum telematico sull'indipendenza del Veneto Gianluca Busato, che ha parlato di "parole sprezzanti dell'Amministrazione di Thiene, che non è ben consapevole che quella che hanno rifiutato è la bandiera di una nazione, e non di un partito. Rifiutando di lasciarci entrare hanno offeso anche le nostre famiglie. Siamo arrivati al punto che oggi ci è impedito anche di sognare. Vogliamo solo una vita dignitosa ed essere rispettati per quello che siamo. In questa situazione di grave rischio abbiamo l'opportunità di trovare un nuovo futuro come nazione. Il grido parta da Thiene. Ritroviamo la nostra dignità attraverso percorsi pacifici, all'ombra della nostra bandiera".
La battaglia contro il pericolo della snobistica sottovalutazione del fenomeno dell'indipendentismo veneto dei media e contro quella che è vista come una vera e propria arroganza dello Stato Italiano i venetisti la stanno combattendo anche fuori dai confini nazionali e che c'è tra di loro anche chi promuove la causa veneta fuori dall'Italia. Nel suo intervento il leader dell'associazione Free Veneto, Luca Polo, ha infatti portato l'esempio della sua esperienza nell'Università catalana dove, ha riportato con orgoglio, "la Serenissima è considerata la madre della democrazia moderna, mentre qua non ti riconoscono nemmeno come popolo. Ma noi lo siamo, e deve essere chiaro a tutti che non faremo nemmeno un passo indietro."
Gianluigi Setti di Veneti indipendenti ha ricordato alla platea e a quei politici "non presenti" che "colleghi ben più illustri già molti anni fa avevano visto quello che adesso questi non vogliono vedere. Cossiga scrisse un progetto di legge dove affermava che in Italia ci sono due nazioni senza stato, e questi sono i Veneti ed i Sardi. Qui in piazza tutti vedete il grande leone di pietra, ma il Sindaco non lo considera. Noi siamo un popolo, ma siamo anche una civiltà. Perfino a Pechino, grazie agli antichi rapporti con il Veneto, sventola la bandiera del Veneto, mentre noi ce ne vergogniamo".
A sottolineare di nuovo l'assenza del sindaco Casarotto che molti si aspettavano di trovare per un confronto definitivo ci si è messo anche il Responsabile direttivo di Veneto stato Ruggero Ziliotto: "Speravo veramente ci fosse il Sindaco, per un dialogo aperto, ma per ribadirgli comunque che noi siamo veri secessionisti, tuttavia crediamo in uno stato ottenuto pacificamente, non con le guerre o con l'inganno come quello in cui viviamo."
Anche Filippo Busin reclama la presenza del Sindaco: "Se fosse qui gli direi di ricordarsi più spesso che il Veneto è un grande popolo. Libertà e identità sono il nostro motto. L'Italia non ce la farà a farci abbassare la testa".
Infine l'atteso intervento del "patriota" Lucio Chiavegato, leader del movimento indipendentista veneto, acclamato dai suoi sostenitori che lo hanno seguito tra le cronache dell'inchiesta legata alla presunta secessione del Veneto che, sfoderando la consueta grinta del secessionista vecchio stampo, ha dichiarato alla folla che ha già avviato un procedimento legale per diffamazione contro il Primo cittadino di Thiene. "Sindaco, non pestarmi i piedi!", ha subito chiarito al grande assente Casarotto, "sono stato in carcere con altre 23 persone che non avevano fatto assolutamente niente! Se questa è la tua Italia, non è di certo la mia. Non posso certo passare sopra alle affermazioni che noi stavamo costruendo un carro armato. Il Sindaco dovrà assumersi le responsabilità di quanto afferma. La nostra bandiera non è stata lasciata entrare perché hanno paura, ecco la verità. Perché se questa bandiera qua raggiunge il potere, tu, Sindaco, dovrai andare a casa". E al possibile incontro con Casarotto Chiavegato ha risposto senza timore di essere travisato: "Il sindaco ci ha detto che ci riceverà, ma sono io che non voglio incontrarlo. Ci deve delle scuse, non sarà certo il Primo cittadino a fermare la nostra bandiera".
Marta Boriero (ThieneOnLine)

domenica 22 giugno 2014

Vicenza, e ora la Finanza passa al setaccio i nomadi

Al vaglio le posizioni di sinti  e rom che abitano nel Vicentino alla ricerca di sproporzioni fra redditi dichiarati e beni posseduti.
VICENZA. Dopo il caso degli Halilovic di strada Nicolosi, l'indagine si allarga. Com'era scontato, del resto. Perchè la sproporzione fra i redditi dichiarati e i beni posseduti da alcune famiglie rom e sinti che vivono nel Vicentino appare evidente. E così la guardia di finanza, dopo i clamorosi esiti dell'attività sugli Halilovic, capaci di versare in posta quasi un milione di euro in pochi anni, estende le verifiche patrimoniali anche su altri soggetti.
I CAMPI. Fra la città e la provincia i campi nomadi sono numerosi (quello più popoloso è in via Cricoli a Vicenza), e non sono tutti uguali. Situazioni di disagio e di difficoltà economiche sono reali e documentate in molti casi. Gli stessi inquirenti sottolineano che non è il caso di fare di tutta un'erba un fascio. Però dei sospetti sono emersi anche nel corso di altre indagini: famiglie intere che non dichiarano nulla all'erario per anni (nessuno lavora), come fanno ad acquistare a ripetizione vetture di lusso? O, ancora, ad avere conti correnti a sei cifre in banca o in posta? (...) 
Nell'immagine del campo nomadi di via Cricoli, uno dei più popolati dell'intera provincia berica. (GdV)

sabato 21 giugno 2014

Vicenza, i “poveri” nomadi con un milione in banca

La procura chiede il sequestro a scopo di confisca perché c'è il sospetto siano guadagni illeciti Trovati 100 mila euro in un conto.
VICENZA. Quella famiglia di rom, che vivono accampati fra camper e tende, senza servizi, in quel terreno di strada Nicolosi che è da anni una delicata questione amministrativa, è ricca sfondata. In qualche anno, dai conti correnti di padre e figlie è passato quasi un milione di euro. Da dove sono arrivati tutti quei soldi, visto che in dieci anni i tre hanno dichiarato al fisco redditi complessivi per 49 mila euro, neanche 5 mila l'anno? «Da proventi illeciti», è il legittimo sospetto.
È per questo che la guardia di finanza, con un'intuizione investigativa del nucleo di polizia tributaria, ha chiesto alla procura l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. Di fatto, il sequestro di quanto Ibrahim Halilovic, 45 anni, e le due figlie Zingara, 30, e Diana, 27, hanno nella loro disponibilità. I detective del tenente colonnello Fabio Dametto hanno trovato 100 mila euro in un conto, e chiesto i sigilli per il famoso terreno di strada Nicolosi. Ieri mattina, il procuratore Carmelo Ruberto ha chiesto la convalida dei sequestri per la confisca; il collegio presieduto da Maurizio Gianesini si è riservato. (...) 
Nella foto il campo nomadi della famiglia Halilovic in strada Nicolosi. GdV

Thiene (VI). In 300 hanno sfilato per la 'dignità' del 'Popolo Veneto'

Oltre trecento persone, tra cui personaggi di spicco della politica locale, hanno sfilato stamattina a Thiene, per manifestare e per far capire alla popolazione dell'Alto Vicentino, che non solo esiste un Popolo Veneto, ma che vuole avere voce e farsi sentire.
Il corteo ha messo insieme stamattina, tutti coloro i quali credono dell'indipendenza della Regione Veneto.
Tra loro, spiccavano il deputato leghista Filippo Busin e l'ex sindaco di Thiene nonché presidente Anci Veneto Marita Busetti, che alla presenza dei fotografi, ha reagito sfoderando il sorriso di chi crede in quello che sta facendo,  esibendo sulle spalle la bandiera della Serenissima.  Quella che avevano in braccio tanti simpatizzanti, che hanno partecipato alla manifestazione partita alle 10,30 da piazza Stazione. Indossava invece, la sua solita maglietta con la scritta 'Veneto is not Italy' Lucio Chiavegato, leader degli indipendentisti veneti, accorso a Thiene l'altra mattina, per spiegare il perchè della manifestazione di oggi.
Tutto è partito  domenica scorsa, quando, in occasione della Festa dei Popoli che si svolgeva a Villa Fabris, ad un gruppetto di veneti è stato negato l'accesso dagli organizzatori dell'evento che si sono giustificati dichiarando che non era una discriminazione bensì una decisione dovuta al rispetto delle regole. Quelle persone che avevano addosso la bandiera di San Marco non potevano entrare perchè non iscritte alla Festa dei Popoli, condizione necessaria, secondo il comitato organizzatore, di cui fa parte anche la moglie dell'assessore Maurizio Fanton, per accedere a Villa Fabris.
Per gli indipendentisti invece, quello è stato solo un pretesto per 'discriminarli' ed emarginarli da una Festa che non ha riconosciuto 'Il Popolo Veneto'. Da qui, un fiume di polemiche con il sindaco Gianni Casarotto, che ieri ha spiegato chiaramente il perchè gli indipendentisti non potevano partecipare all'evento, chiarendo comunque, che il Comune ha un ruolo diverso dal comitato organizzatore della Festa dei Popoli.
Stamattina, tutto si è svolto senza disordini. Impeccabile il servizio di ordine pubblico, che ha coinvolto Polizia locale, Polizia di Stato e Carabinieri con uno spiegamento di forze che ha 'scortato' il corteo da piazza Stazione a piazza Chilesotti.
redazione di Thiene on line

mercoledì 18 giugno 2014

Matteo Renzi, restituisci la tangente rossa

Non un accenno all'assemblea del Partito democratico di sabato, né la successiva domenica, né oggi, lunedì 16 giugno, all'assemblea di Confindustria di Vicenza e Verona, due città vicine a Venezia, epicentro dello scandalo. Matteo Renzi non ne parla, bocca cucita su quei 500mila euro incassati dall'ex sindaco della Laguna, Giorgio Orsoni, per conto del Partito democratico. Un silenzio, quello del premier, che in un articolo-appello pubblicato su Libero di domenica 15 giugno Mario Giordano ha chiesto di rompere. Un appello (lanciato già sabato da Maurizio Belpietro) non raccolto, e ancor più attuale dopo il silenzio delle ultime ore. Un appello che vi riproponiamo.
#matteononfareilfurbo. Visto che ormai con Renzi bisogna parlare per hashtag, proviamo a usare il suo codice preferito. Se non lo capisce, ne aggiungiamo un altro: #matteotirafuoriisoldi. O anche #matteorestituiscilemazzette. Stiamo parlando, ovviamente, di quei 500mila euro incassati dall’ex sindaco di Venezia Orsoni per conto del Partito democratico, oseremmo dire: su istigazione del Partito democratico, come ha raccontato lui stesso ai giudici. Orsoni, come è noto, ha patteggiato 4 mesi. Dunque è evidente che i magistrati hanno preso per buona la sua versione. Di conseguenza è acclarato che quei soldi sono finiti nelle casse del Pd. Quindi, ribadiamo: #matteononfareilfurbo. Restituisci subito il maltolto.
Ieri all’assemblea del partito, il premier ha fatto come al solito un bel discorso, traboccante di slogan, belle parole e retorica. Ha innalzato la bandierina della pulizia, del rigore e dell’intransigenza con i ladri. Ha rivendicato il fatto di aver chiesto le dimissioni di Orsoni perché, dice, uno che ha ammesso la sua colpa (il finanziamento illecito) non può fare il sindaco. #bravomatteopugnoduro, bisogna essere inflessibili. Giusto. Sacrosanto. Ma, allora, c’è qualcosa che non torna: se il Pd non può convivere con uno che ha ammesso di aver ricevuto il finanziamento illecito, come fa a convivere con il finanziamento illecito medesimo?
A questa domanda Renzi il candido, l’uomo che veste la camicia bianca come se fosse un manifesto di stile e di morale, non ha voluto rispondere. Non ne ha fatto cenno. #silenzioassoluto. O anche #silenzioimbarazzato. Qualcuno, tra i suoi, a mezza bocca, ammette l’evidente contraddizione: com’è che Orsoni è stato fatto fuori per aver preso i soldi e poi i soldi restano nelle casse del partito? Non si fa così. Il bottino va restituito, quando si recupera la refurtiva la si rimette sempre a disposizione della collettività. Non abbiamo forse speso intere pagine di entusiasmo per il meraviglioso recupero dei beni sottratti alla criminalità organizzata? La mazzetta finita nelle casse del Pd è poca roba rispetto a tutto ciò, si capisce. Ma, in ogni caso, non è roba del Pd. E dunque non possono tenersela.
#matteononfareilfurbo, dai verbali di Venezia emerge un quadro chiarissimo, il cosiddetto «sistema Pd», incentrato sull’ex presidente dell'Autostrada Padova Venezia, Lino Brentan, già funzionario locale del partito. Era lui l’architrave di quel metodo rosso della tangente che partiva dal Mose e finiva nelle casse dei democratici, coinvolgendo i massimi responsabili locali. Per ottenere soldi venivano truccate le gare per appalti e subappalti, di tutti i lavori pubblici del Veneto, mica solo quelli relativi all’acqua alta in Laguna. L’impressione è che ci sia ancora molto da raccontare e da ricostruire. Ma noi non vogliamo spingerci così avanti. Ci limitiamo a quello che sappiamo, ciò che è accertato, definitivo, così definitivo da spingere il partitone a far dimettere un suo uomo dalla carica di sindaco: una mazzetta da mezzo milione di euro è finita nelle casse del Pd. Perché non viene immediatamente restituita?
Come vedi, caro premier, è una domanda semplice. Un sillogismo politico che non lascia spazio a dubbi, né a chiacchiere. A te le chiacchiere piacciono, lo sappiamo. Sei il numero uno. Ma qui le chiacchiere stanno a zero. Qui è una questione pragmatica, come piace nel Nordest, è un ragionamento semplice fondato sulla logica e sugli schei: quel mezzo testone (che sommando quello confessato dal consigliere regionale del Pd Marchese sarebbe poi un testone tondo tondo) va restituito ai suoi legittimi proprietari. Cioè, nella fattispecie, noi, i cittadini italiani. Non riusciremo a darci pace finché non avremo una risposta. Perché, vedi, altrimenti tutte le parole che pronunci e che pronuncerai su questo tema valgono meno di zero. È un po’ troppo comodo, no? Chiedi agli altri di denunciare il malaffare e tu non denunci il malaffare che hai in tasca? #mattenonfareilfurbo. Facci un cenno e restituisci la refurtiva. Altrimenti diventi un po’ ladro anche tu. O, per lo meno, ricettatore.
di Mario Giordano

martedì 17 giugno 2014

Salvini sbarca in Sicilia: stop ai clandestini. Il vero responsabile? E' Renzi

Due giorni in Sicilia per vedere senza filtri come le centinaia di sbarchi siano diventati un'emergenza insostenibile per la popolazione, per i sindaci, per gli ospedali. Perché, al di là delle sparate del falso buonista di turno, l'epidemia è sempre dietro l'angolo. E ogni barcone che arriva è un terno al lotto. Ma queste cose i giornali del Renzi regime non le scrivono. E' una Sicilia che non va sui tg quella che  noi invece vogliamo raccontare con Matteo Salvini, che domenica è stato a Maletto paese etneo dove la Lega è il primo partito alle ultime europee e ieri a Pozzallo. Comune nel ragusano diventato famoso perché là arrivano migliaia di immigrati ogni giorno, portati da Renzi e da Mare Nostrum. Salvini ieri è tornato nella sua Milano con tante immagini negli occhi. Quelle della gente, gentilissima, che ha fatto a gara per portare a casa un selfie e una stretta di mano con lui, ma anche quelle dei bivacchi di stranieri a ogni angolo, dei lavoratori disperati perché con l'invasione della Sicilia diminuisce anche il turismo. Chi vuole andare in un posto sotto assedio? Così a fioccare sono le disdette più che i vacanzieri. Se ne va con la promessa di tornare e con un caffè mancato, quello con il ministro Angelino Alfano, tanto attaccato fino a pochi giorni fa dal Carroccio per l'indecisione sulla strada da imboccare per combattere la clandestinità. «Ma lui ha la forza del 4% - derubrica Salvini - mentre qui il vero responsabile è Renzi con il suo 40% e oltre che sull'immigrazione non ha detto nemmeno un parola e che ha tempo per tutto tranne che per andare in Sicilia e vedere come stanno le cose».Segretario, lei invece che in Sicilia c'è andato, cosa ha visto?
Una vera e propria emergenza...
Iva Garibaldi

lunedì 16 giugno 2014

Thiene (VI). Indipendentisti veneti esclusi dalla festa: 'Volevamo far ricredere chi ci accusa di essere razzisti'


‘Non volevamo uno stand, volevamo solo stare in mezzo a persone di altra etnia per far ricredere chi ci accusa di essere razzisti’. A parlare è un indipendentista convinto come Riccardo Piccolo, commerciante thienese, che stamattina ha spiegato perché il suo gruppo voleva partecipare alla Festa dei popoli. ‘Ma che provocazione – racconta – eravamo andati per confrontarci con chi ci accusa di essere razzisti, dimostrando che non è così, stando in mezzo a loro.
Dovevano farci entrare – conclude – avevamo solo la bandiera della Serenissima sulle spalle, ci hanno preso per chi voleva attaccare briga. Ripeto, non è così. E’ stato il contrario. Non ci hanno fatto entrare. Ora dicono che ci voleva l’iscrizione, ma noi non volevamo uno stand. Volevamo partecipare alla Festa , stare in mezzo alla gente e magari avere la possibilità di confrontarci. All’inizio della festa di ieri, abbiamo visto sventolare tutte le bandiere. Volevamo portare quella nostra, di cui andiamo tanto orgogliosi e farla conoscere. Tutto qui, ma ci è stata sbattuta la porta in faccia’.
'Il nostro voleva essere solo un gesto di amicizia e di benvenuto verso tutti i popoli presenti alla festa, ci siamo presentati orgogliosamente con la bandiera del nostro popolo, che ha radici millenarie, per farci conoscere, e niente di più - racconta Leonardo Collareda - Non siamo iscritti a nessun movimento politico, non abbiamo mire politiche o personalistiche e non avevamo nessuna volonta di provocare. Devo dire che siamo rimasti molto delusi per come siamo stati trattati, che poi se andiamo a guardare bene, quelli che non ci hanno voluto sono stati proprio gli organizzatori, tra lo stupore dei partecipanti delle varie etnie, che a mio parere erano ben felici di averci fra loro. Preciso che siamo andati con uno spirito assolutamente pacifico, e ribadisco, con il solo intento di dare il benvenuto a nome del popolo Veneto, ai popoli presenti a questa festa. - conclude Collareda - Avevo mio figlio di 13 anni con noi, e mai lo porterei a qualsiasi tipo di evento possa mettere a rischio la sua innocenza'
Di redazione Thiene on line

Thiene (VI). Veneti 'non graditi' e allontanati alla Festa dei Popoli


Alla Festa dei Popoli che si è svolta al parco di Villa Fabris e che avrebbe dovuto sancire l’unione tra le varie comunità che compongono la società odierna si è verificato un atto decisamente stravagante: i padroni di casa, cioè coloro che volevano rappresentare la comunità veneta, sono stati cacciati per timore di atti di violenza. Un paradosso a dir poco scioccante per un gruppo di persone che si sono presentate sbandierando con orgoglio la bandiera di San Marco, simbolo del Veneto, e che si sono visti sbattere il cancello in faccia e sono stati invitati ad allontanarsi.
La motivazione? L’organizzazione non ha giustificato la cosa ma si è limitata a far intendere il timore di atti di rappresaglia.
‘Un gesto assurdo e vergognoso – ha commentato un rappresentante di Veneto Stato – e violento nei confronti di chi voleva solamente unirsi alle rappresentanze dei vari popoli del mondo con la bandiera veneta a significare uno spirito di fratellanza e solidarietà verso ogni nazione’.
Sicuramente una delle peggiori forme di razzismo è il razzismo di chi si vanta di essere anti-razzista, salvo poi discriminare proprio la terra che l’ha visto nascere e la gente con cui è cresciuto. Un paradosso puro, dovuto forse all’ingenuità di chi ha organizzato una festa così importante come se fosse un semplice ‘party del volemose bene che semo tutti bravi’. Ma la Festa dei Popoli non può essere solo questo e il rispetto per le culture e le tradizioni passa anche dal rispetto per il proprio paese. Perché festeggiare usi e costumi del mondo in casa nostra e poi temere la guerra nel salotto di casa? Perché accettare senza battere ciglio che alcune comunità, come quella cinese, rimangano fuori dalla Festa dei Popoli per manifestato disinteresse ad entrare a fare parte della società?
‘Questi episodi sono estremamente tristi – hanno commentato da Veneto Stato – che dimostrano un’inspiegabile avversità nei confronti di chi vuole essere solamente rappresentante della sua terra’.
Anna Bianchini (ThieneOnLine)

domenica 15 giugno 2014

Mentre il governo vara pseudo riforme, il debito pubblico aumenta


“Il debito pubblico sotto il governo Renzi corre, cioè aumenta, al ritmo di circa 24 miliardi al mese: un bel passo nella direzione sbagliata, però, per chi ha l’obiettivo di mettere a posto i conti”. L’assessore regionale del Veneto al Bilancio, Roberto Ciambetti, commenta i dati relativi all’incremento del debito pubblico.
“Un aumento che sta tutto nell’incremento di circa 26,1 miliardi del debito delle amministrazioni centrali dello stato – spiega Ciambetti – Sui dica quel che si vuole, ma questo dato, che proietta a 2.146,4 miliardi di € il deficit delle casse pubbliche, dimostra che spending review e abbattimenti nella spesa non sono di certo praticati dallo stato centrale e quel che è peggio è che non si vedono mutamenti di rotta. C’è poco da prendere provvedimenti di qualsivoglia natura se poi non si è capaci, o non si vuole, incidere laddove si manifesta e c’è il bubbone. Non ha senso alcuno parlare di Riforma della Pubblica amministrazione, scaricando sui lavoratori i costi reali dell’operazione, e poi continuare ad accettare allegramente un ritmo da 24 miliardi al mese di aumento del debito pubblico”
Roberto Ciambetti, assessore Regione Veneto

Referendum indipendenza del Veneto, Bizzotto: stiamo facendo sul serio!


"Il Veneto è pronto per andarsene da questo Stato in totale rovina. Questo è il dato di fatto oggettivo che emerge dall'approvazione del referendum per l'indipendenza del Veneto. Forse a Roma non si sono ancora accorti che noi Veneti stiamo facendo tremendamente sul serio!". Lo dichiara l'europarlamentare leghista Mara Bizzotto, vicesegretaria veneta della Lega Nord, che ha portato più volte la questione "indipendenza del Veneto" direttamente all'attenzione della Commissione UE e del suo Presidente Jose Manuel Barroso.
"Il via libera al referendum è una decisione storica che sta facendo il giro d'Europa e che pone il Veneto sullo stesso piano di Scozia e Catalogna che, a settembre e novembre, celebreranno i referendum per la propria indipendenza" prosegue l'eurodeputata Bizzotto che in questi anni a Bruxelles ha curato i rapporti con i partiti indipendentisti europei.
"Ora è importante che il referendum sia fissato e svolto il prima possibile per dare ai Veneti la possibilità di esercitare, in modo libero e democratico, il proprio naturale diritto all'autodeterminazione" - conclude l'europarlamentare Mara Bizzotto.
Mara Bizzotto, LN 

Con una scheda in mano il Leone torna a ruggire

Nei giorni scorsi, a Venezia, sono state prese decisioni che potrebbero avere conseguenze epocali, dal momento che riaprono la vertenza tra il Veneto e Roma, riponendo al centro del dibattito quella richiesta di democrazia e autodeterminazione che da tempo agita la società veneta.
Cosa è successo? Il Consiglio Regionale, un giorno dopo l’altro, ha deciso di convocare la popolazione al fine di chiedere (questo è il primo punto) se vogliono che il Veneto diventi una regione a statuto speciale. Chiusi tra il Trentino e il Fiuli Venezia Giulia, i veneti reclamano di poter tenere all’interno dei loro confini una parte maggiore di quanto producono.
Si tratta di una proposta che ha qualche prospettiva? Penso di no. La situazione della finanza pubblica è tale che l’Italia non può permettersi di rinunciare ai soldi dei veneti. Il deficit salirebbe a livelli troppo alti senza tutti quei soldi che i da Padova o da Verona giungono a Roma per provare a tenere in piedi istituzioni ormai al collasso.
L’altro referendum approvato - e questo è il secondo punto – ha però un peso assai maggiore e potrebbe avere conseguenze storiche: e non a caso è passato con maggiore difficoltà, giovedì 12 giugno, al termine di un consiglio infuocato. Stavolta non si domanda nulla a Roma, ma si rivendica invece il diritto a governarsi da sé, in perfetta coerenza con quel diritto internazionale alle cui norme (all’articolo 10) la stessa Costituzione italiana dichiara di conformarsi.
In sostanza, la legge approvata porterà i veneti a votare su un referendum consultivo il cui quesito sarà secco e senza equivoci, poiché chiederà se il Veneto deve oppure no diventare una Repubblica indipendente: entro l’Europa, ma fuori dall’Italia. Il referendum è solo consultivo, ma è chiaro che il suo esito vincolerà i comportamenti del ceto politico veneto, che dovrà prendere atto della volontà della propria gente.
A questo punto il Veneto, quasi in silenzio e senza che i media nazionali dedichino grande attenzione alla cosa, si inserisce nel gruppo delle zone calde d’Europa: dove lo Stato nazionale è in crisi e si profila un sistema di realtà istituzionali assai più piccole e sotto il diretto controllo della popolazione. Il Veneto entra in un club di cui fanno parte la Scozia, la Catalogna, i Paesi Baschi, le Fiandre e altri ancora. E il prossimo autunno le rivendicazioni catalane e scozzesi agiteranno i sonni di eurocrati e nazionalisti in tutto il continente.
Questo è solo un inizio, dato che nel loro insieme i protagonisti attuali della politica veneta sono uomini dell’Ancien régime e anche molti tra quanti hanno votato a favore del referendum indipendentista in realtà si trovano assai bene entro le istituzioni italiane attuali. Non solo essi non vogliono l’indipendenza del Veneto, ma nemmeno vogliono che la gente possa decidere del proprio futuro. In Veneto come ovunque, la politica è una tela fatta di imbrogli, cialtronaggini, giochi di ruolo, ignoranza crassa, opportunismi. Lo sanno tutti che al centro del voto di ieri non c’era in primo luogo l’indipendenza del Veneto, ma qualche giochetto più o meno furbo in vista del prossimo appuntamento delle elezioni regionali (IN ITALIA) fissate per il 2015.
Eppure… succede talora che le cose possano sfuggire di mano: tanto a Zaia quanto ai suoi alleati di maggioranza. Perché ora in Veneto c’è chi inizia a sognare ed è disposto a impegnarsi fino allo stremo perché il diritto di decidere sul futuro (un diritto che ha valore sovra-costituzionale) sia presto riconosciuto nei fatti.
Molto sta a noi e a cosa sapremo fare. 

venerdì 13 giugno 2014

Il governo lascia senza cibo quattro milioni di italiani poveri

Venti giorni fa, in piena campagna elettorale, il premier Matteo Renzi faceva tappa alla fondazione Vita di Milano (autorevole riferimento del Terzo settore in Italia) per dimostrare il suo interesse verso il volontariato. Oggi proprio dal grande mondo del no-profit si leva una protesta fortissima contro il governo degli annunci senza seguito. «Quattro milioni di persone sono senza cibo per colpa di promesse non mantenute dal governo e lungaggini burocratiche», dicono gli enti caritativi del gruppo Insieme per l’aiuto alimentare (tra cui Fondazione Banco alimentare, Caritas, Croce rossa, Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Banco delle opere di carità e Società di San Vincenzo).
L’Unione europea, che – a differenza nostra – non è ancora del tutto insensibile verso gli indigenti, ha stanziato fondi cospicui per i più poveri. All’Italia sono destinati 85 milioni di euro, 75 gestiti dal ministero del Welfare e 10 dall’Agricoltura. In alcuni Paesi, come la Francia, questi denari sono già a disposizione degli enti caritativi. In Italia ancora no, e la colpa è delle lungaggini burocratiche del governo Renzi.
Dice Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare: «I tempi della fame e della burocrazia non sono compatibili! Promesse e attese non sfamano famiglie, bambini e anziani. Da sei mesi aspettiamo che il ministero dell’Agricoltura sblocchi il Fondo nazionale di 10 milioni e il ministero del Welfare renda disponibili 75 milioni di euro del FEAD (Fondo di aiuti europei agli indigenti). Il 19 maggio dalle pagine di Avvenire il viceministro Olivero ci tranquillizzava dicendo che nel giro di una settimana i soldi sarebbero stati disponibili per porre fine all’emergenza. Ma finora c’è stata solo la convocazione di un tavolo di lavoro il 12 giugno. Anche il ministro Poletti ha rassicurato più volte noi e le altre associazioni di voler procedere rapidamente nella presentazione all’UE del piano operativo, ma non ne sappiamo ancora nulla. Lo stesso premier Renzi nel documento di riforma del Terzo Settore ha lodato quell’Italia generosa – che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone, l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali, ma ci sentiamo abbandonati perché alle dichiarazioni non seguono i fatti».
Il Banco Alimentare, che distribuisce cibo e aiuti a migliaia di enti impegnati quotidianamente a sfamare quasi 5 milioni di italiani (l’8 per cento della popolazione), ha i magazzini quasi vuoti. Per questo è stata organizzata una Colletta alimentare straordinaria, che raddoppia il tradizionale appuntamento dell’ultimo sabato di novembre. La raccolta di cibo nei supermercati italiani si svolge domani, sabato 14 giugno, e invito tutti a partecipare facendo la spesa nei punti vendita che aderiscono. «La Fondazione Banco Alimentare e le 15.000 strutture caritative che in tutta Italia assistono gli indigenti chiedono che le istituzioni intervengano in maniera rapida e concreta, avendo a disposizione i fondi, per fronteggiare questo gravissimo momento e perché 4 milioni di persone povere non possono più aspettare», è l’appello di Lucchini.
Stefano Filippi (Giornale)

giovedì 12 giugno 2014

Chi sbaglia paga (anche tra le toghe). Vittoria del Carroccio, Renzi ko


L’emendamento del leghista Pini per la responsabilità diretta dei magistrati passa nell’Aula della Camera contro il parere del governo. Era già accaduto nella scorsa legislatura.
E’ un film già visto. Ma è una pellicola bellissima e speriamo che questa sia la volta giusta. Ieri, a sorpresa, l’Aula della Camera ha approvato a scrutinio segreto l’introduzione nell’ordinamento della responsabilità civile dei magistrati.La proposta, esattamente come un anno e mezzo fa, porta la firma di Gianluca Pini, vicepresidente della Lega Nord a Montecitorio. Anche la cornice è la stessa: all’esame della Camera c’è la legge comunitaria, ovvero quel provvedimento che raccoglie le direttive europee che non hanno trovato applicazione legislativa in altre leggi. Un déjà vu che si ripete ogni anno. Una buona occasione per il Carroccio però per mettere in difficoltà governo e maggioranza che infatti sono stati battuti con l’approvazione per soli sette voti (187 i favorevoli, 180 i contrari, 65 astensioni) di un emendamento presentato da Gianluca Pini alla legge europea che introduce oltre alla responsabilità indiretta dello Stato per gli errori giudiziali anche una responsabilità civile diretta personale del singolo magistrato di cui si è accertato un comportamento colpevole.
Iva Garibaldi

Nomadi rapinavano orafi e blindati al Nord, 18 arresti, base al campo rom di Padova

VICENZA. È in corso dall’alba di oggi un’operazione della Polizia di Stato tra Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna contro un gruppo di italiani dediti a furti e rapine in danno di rappresentati orafi e furgoni porta valori. Tra gli arrestati figura anche un rapinatore vicentino.
La Squadra mobile di Padova, coordinata dal Servizio centrale operativo, sta eseguendo 18 misure cautelari con il supporto delle squadre mobili di Milano, Treviso, Vicenza, Udine, Venezia, Verona, Rovigo, Belluno e Forlì e di personale del Commissariato di Monza. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal gip padovano Cristina Cavaggion.
Le operazioni vedono il concorso di numerosi equipaggi del Reparto prevenzione crimine Veneto, nonchè del Corpo dei Vigili del fuoco con attrezzature sofisticate.
L’indagine, coordinata dal pubblico ministero Benedetto Roberti della Procura di Padova, ha riguardato un’associazione a delinquere, tuttora in piena attività, dedita a delitti contro il patrimonio, ricettazione di beni di provenienza illecita e riciclaggio di consistenti somme di danaro, i cui sodali sono persone di etnia rom e la cui base logistica si trovava presso un campo nomadi.
Il Blitz di stamane ha riguardato i campi nomadi di via Longhin, a Padova, di via Tripoli, a Vicenza, e di via Indro, a Milano. I 18 provvedimenti di custodia cautelare - 15 in carcere e tre ai domiciliari - sono la conclusione di tre anni di indagini e riguardano i reati di associazione a delinquere finalizzata a rapine, furti, ricettazione e riciclaggio.
Il gruppo, strutturato con capi, gregari, fiancheggiatori e base logistica del campo nomadi di Padova, è accusato di almeno 50 episodi criminali tra furti, rapine, assalti ai furgoni portavalori (nel 2011 a Monselice, Padova, e a Mira, Venezia, dove la banda aveva assaltato due furgoni della Fidelitas riuscendo a prendere delle valigette portavalori contenenti 200 mila euro l’uno). 
Durante l’operazione scattata all’alba sono state uilizzate attrezzature per sollevare le roulotte e ruspe per scavare, aprire tombini. Interessata anche l’area limitrofa al campo nomadi. Sotto terra sono state trovate borsette con documenti che provengono da spaccate di autovetture, tablet e materiale di ogni genere provento di furto e rapina. Per l’accusa, a capo dell’organizzazione Antonio Braidjc, soli 27 anni, già in carcere a fine marzo per alcune rapine in Trentino.
GdV 12.06.2014

mercoledì 11 giugno 2014

Immigrati: il Veneto e vicentino hanno già dato troppo


"L'Italia sta subendo un'invasione di clandestini senza precedenti: bisogna sospendere subito l'operazione Mare Nostrum e fermare le continue ondate di sbarchi prima che sia troppo tardi. E' intollerabile che il Governo italiano sprechi 300mila euro al giorno per accogliere gli extracomunitari e per sistemarli in alberghi di prima categoria: queste risorse vanno destinate ai 3 milioni e mezzo di italiani disoccupati e alle famiglie che non arrivano alla fine del mese, non agli immigrati".

Lo dichiara l'europarlamentare leghista Mara Bizzotto, vice segretaria veneta della Lega Nord, in merito ai continui sbarchi di clandestini.
"Dall'inizio del 2014 sono sbarcati sulle nostre coste oltre 54 mila clandestini, più di quanti ne siano sbarcati in tutto il 2013 (43 mila) - spiega l'eurodeputata Bizzotto - Un'invasione di tale portata ha ripercussioni gravissime, oltre che sulla nostra economia e sulla sicurezza pubblica, anche per la salute dei cittadini, come dimostrano i recenti casi di tubercolosi registrati fra i militari che hanno prestato soccorso in mare ai clandestini".
"I centri di accoglienza sono al collasso e le nostre città non sono più in grado di ospitare nessuno" continua la Bizzotto, che aggiunge: "Il Veneto e il Vicentino hanno già dato troppo in termini di accoglienza e di solidarietà, ospitando centinaia di clandestini dall'identità sconosciuta che, spesso, dopo aver goduto di vitto e alloggio gratuiti, sono spariti nel nulla facendo perdere le proprie tracce".
"È ora di finirla con il falso buonismo e con l’accoglienza a tutti i costi: l'Europa non può continuare a imporci di accogliere migliaia d'immigrati, quando in gioco c'è la salute e la sicurezza dei nostri cittadini - conclude Mara Bizzotto - Le politiche sull'immigrazione devono tornare in mano ai singoli Stati: soltanto così torneremo padroni in casa nostra, liberi di difendere i nostri confini e di non farci invadere da migliaia di clandestini".
Mara Bizzotto, LN

martedì 10 giugno 2014

"10 militari positivi al test della tbc": impegnati nei soccorsi ai clandestini. Ma quando Salvini dava l'allarme...


"Sono una decina i militari della Marina impegnati nelle operazioni Mare Nostrum risultati positivi al test di Mantoux, la prova di screening che individua la presenza di una infezione latente del microbatterio della tubercolosi". La notizia viene rilanciata dall'agenzia di stampa Adnkronos, che cita fonti della Marina Militare. Una decina di militari italiani, dunque, infettati dalla Tbc. "Nessuno di questi casi - continuano le fonti della Marina - è in fase attiva o contagiosa, sono risultati positivi a questo screening precauzionale e continuano a lavorare. Quindi nessun campanello d'allarme, perché in operazioni così complesse e dove sono impegnati migliaia di uomini questo dato è fisiologico". Secondo quanto si è appreso, tra i dieci casi non c'è nessun medico né operatore sanitario impegnati nei soccorsi a bordo delle navi.
La denuncia della Lega - Eppure, anche se la richiesta è quella di far tacere ogni "campanello d'allarme", alla luce di questa notizia forse a qualcuno verrà in mente l'allarme lanciato da Matteo Salvini e dalla Lega Nord nel corso della campagna elettorale delle ultime elezioni Europee: la nuova ondata di immigrati, denunciava il segretario del Carroccio, riporta in Italia malattie dimenticate da anni. "La tubercolosi e la scabbia - spiegava Salvini - non arrivano dalla Finlandia. Purtroppo con una sanità arretrata in Nordafrica questa gente riporta malattie che avevamo sconfitto da anni". Frasi che a Salvini erano costate le ironie di Ilaria D'Amico, conduttrice di Tango su SkyTg24, alla quale il segretario della Lega rispose: "Se le prenda lei, la tbc". Insomma, quelle di chi denunciava la possibilità che gli sbarchi dei clandestini potessero portarci "in dote" malattie che credevamo debellate non sembrano più "sparate da bar" buone per far campagna elettorale, e oggi arriva una prima prova.
Mare Nostrum - Significativo il fatto che i militari contaminati siano impegnati in Mare Nostrum, l'operazione militare di soccorso in mare degli immigrati iniziata nell'ottobre del 2013 e da tempo nel mirino sia di Forza Italia sia della Lega Nord. Recenti le critiche di Maurizio Gasparri e Paolo Romani, che hanno chiesto al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, di prendere atto del fallimento di Mare Nostrum e di riferirne in Parlamento: "L'operazione - spiegavano i due azzurri in una nota conginuta -, così come si sta sviluppando, travalica gli scopi umanitari e sta diventando un trasporto gratuito e assicurato per qualsiasi clandestino salpi dalla Libia".
Da Libero Quotidiano

lunedì 9 giugno 2014

Salvini riparte da Padova: "Il 20 luglio congresso per un nuovo centrodestra"

Il segretario della Lega pronto ad "aggiornare l'offerta politica". Maroni: "Serve un rinnovamento".
Forte dell'ottimo risultato elettorale, sia alle Europee che alle Amministrative, la Lega Nord è pronta ripartire. 
E lo farà con un congresso federale "politico" che si terrà il 20 luglio, "probabilmente a Padova", dove il candidato del Carroccio si è imposto al ballottaggio.
"Il congresso che dovevamo fare per aggiornare lo statuto alla nuova legge sul finanziamento ai partiti abbiamo scelto di trasformarlo in un congresso politico per aggiornare l’offerta politica della Lega e accogliere la sfida di un centrodestra in libera uscita", ha spiegato Matteo Salvini, "Per noi la politica non va in vacanza e c’è’ tutto un ampio spazio da riempire in alternativa a Renzi".
"Immeritatamente l’attuale segretario della Lega gode della maggiore fiducia nell’elettorato di centrodestra, prima ancora di Renzi e dello stesso Berlusconi", ha aggiunto il segretario citando un sondaggio Swg, "Ci mettiamo a disposizione del centrodestra, che anche queste elezioni dicono di essere un po' tanto in difficoltà. Dobbiamo ricostruire il centrodestra - ha continuato - senza ripensare a una riproposizione di minestroni di sigle del passato. Lega e Forza Italia in questi ultimi anni sono state dalle parti opposte della barricata. Non è ipotizzabile una riedizione, non ci interessano edizioni amarcord del passato. Le elezioni ci dicono che il vecchio ha stufato".
"Serve un nuovo centrodestra", ha ammonito intanto Roberto Maroni, che punta i riflettori sulle amministrative: "I candidati forti, da soli, non bastano. Bisogna convincere la gente, prima di tutto, ad andare a votare e la vera sfida adesso è rinnovare il centrodestra. Bisogna far capire che serve un rinnovamento. La Lega lo ha fatto con Matteo Salvini e ha funzionato", ha detto il governatore della Lombardia, "Mi auguro che i colloqui in corso con Forza Italia possano portare a questo".
di Chiara Sarra (Giornale)

A Padova la Lega manda a casa il Pd: l'asse del Nord ha funzionato

Padova va al centrodestra. Con il 53,5% dei voti Massimo Bitoncidiventa sindaco della città veneta lasciano il suo avversario, il democratico Ivo Rossi, al 46.5%. Alla fine, dunque, fa festa il "laboratorio" del centrodestra di nuovo unito. Nella città veneta il primo turno aveva visto in vantaggio proprio il sindaco uscente Rossi, reggente dopo il passaggio del suo predecessore Flavio Zanonato a Roma come ministro nel governo Letta. Il test si caricava di valore politico per Rossi, che non ha caso dopo la sconfitta si è lamentato ("Abbiamo perso perché siamo al governo") ma soprattutto per lo sfidante, appoggiato da una larga coalizione opposta al centrosinistra, con Forza Italia, Lega nord, Nuovo centrodestra e Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale tra i principali partiti alleati. L'affluenza al primo turno è stata del 74,92%, al ballottaggio il dato ha fatto registrare un notevole calo fermandosi al 43,33%.

Mare Nostrum: in Veneto non possiamo garantire ospitalità e accoglienza


“Se ripensiamo alle parole con cui Alfano presentò nell’ottobre dello scorso anno l’operazione Mare Nostrum possiamo ben dire che la realtà dei fatti ha sconfessato il ministro sancendo il fallimento di un progetto che sta creando problemi veramente gravi. I dati stimati dall'agenzia Frontex dicono che nei primi quattro mesi di quest’anno il numero di stranieri che hanno raggiunto le coste italiane è aumentato dell'823% rispetto ai primi quattro mesi del 2013”.
L’assessore regionale del Veneto al Bilancio ed Enti Locali, Roberto Ciambetti, commenta così “l’emergenza profughi sulla quale era sceso il silenzio elettorale: finite le elezioni si riscopre questa tragedia – ha detto Ciambetti – causata da una operazione maldestra concepita e gestita da dilettanti che hanno portato all’aumento abnorme dei flussi arricchendo in maniera altrettanto abnorme la malavita che gestisce questi traffici indegni. Alfano, il 14 ottobre 2013 nel presentare questa operazione disse che essa avrebbe avuto ‘un effetto deterrente molto significativo per chi pensa di fare impunemente traffico di esseri umani’: i numero sono sotto gli occhi di tutti: solo nelle ultime 48 ore in questa settimana oltre 3400 migranti. Rispondendo ad una interrogazione della Lega ancora nei primi del maggio scorso il ministro Roberta Pinotti spiegò che la Difesa sta spendendo circa 9,3 milioni il mese per questa operazione i cui meccanismi infernali hanno nei fatti aumentato i flussi diventati oggi insostenibili e non solo in Sicilia dove la situazione è onestamente al di là di ogni limite. La Sicilia è bene al di là dell’emergenza, mentre i nostri Comuni, anche in veneto, hanno saturato tutte le disponibilità e ormai non hanno nemmeno risorse: il presidente Zaia lo aveva già detto chiaramente ai primi di maggio”. L’assessore veneto poi continua: “Il ministro Delrio, sempre riferendo in Parlamento, disse poche settimane fa che l’Italia dovrebbe affrontare il problema dialogando con la Libia - ha ricordato Ciambetti - affermazione che la dice lunga sulla chiarezza di idee che il ministro ha visto la confusa, a dir poco, situazione istituzionale libica: affermazioni come quella di Delrio spiegano il dilettantismo con cui si è gestita politicamente questa materia che sta diventando esplosiva. Tecnicamente, invece, bisogna dare atto innanzitutto alla Marina italiana e alle forze impegnate in campo, Capitanerie non ultime, di aver svolto un lavoro inane, senza precedenti: va dato atto anche alle comunità locali di aver fatto il possibile. Tuttavia oggi siamo arrivati al limite. Grazie all’operazione Mare Nostrum siamo l’unica nazionale al mondo che non difende le proprie frontiere e che nei fatti agevola al massimo i neoschiavisti impegnati nella tratta di uomini, donne e persino bambini. Da mesi chiediamo che venga sospesa Mare Nostrum: speriamo sia la volta buona”.
Roberto Ciambetti, assessore Regione Veneto

domenica 8 giugno 2014

Il mercante di Venezia

Presi! I pesci che nuotavano, contando le mazzette, fra le paratie del Mose, il modulo sperimentale elettromeccanico per la difesa di Venezia e della laguna dallʼacqua alta, sono finiti nella rete della Procura di Venezia. Ci sono tutti, politici, imprenditori, faccendieri, magistrati della Corte dei Conti, ex generali della Guardia di Finanza.
Nella rete è finito il pesce più prelibato, Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, della premiata pescheria del Nazareno, sede di quel Partito Democratico cui, se il colpo fosse stato assestato prima delle Europee, avrebbe avuto di che traballare, sgretolando la vanagloria del signore di Firenze, che oggi siede, abusivo, a Palazzo Chigi.
Gli elettori del Partito Democratico, pasciuti a slogan, bendati ad arte perché non vedano, chissà se avranno il coraggio di ammettere – noi che a ogni elezione tiriamo fuori i cadaveri dalle tombe, attaccandoci alle loro tibie, vantandoci della nostra alta moralità -, davvero abbiamo sbagliato tutto.
E forse Orsoni, questo pingue veneziano, ordinario di Diritto Amministrativo alla Caʼ Foscari, con le mani in pasta ovunque e dove possibile, sarebbe diventato ministro della Repubblica se solo Pierluigi Bersani, ubriacato dalla vittoria delle primarie, fosse arrivato a Palazzo Chigi. “Bersani pensa a Moretti, Zanonato e Orsoni per la squadra di governo”, titolava il Corriere del Veneto il 4 dicembre 2012, ricordando come il nome di Orsoni, eletto sindaco nel 2010, circolasse a Venezia con una certa insistenza, ma come lui, rampante “leader delle città metropolitane”, ancora oggi difeso dal sindaco di Torino, Piero Fassino, non intendesse mollare lo “scranno in municipio”.
E perché mai avrebbe dovuto, il buon Orsoni, lui che durante la campagna elettorale, questa lʼaccusa rivoltagli, sʼera semplicemente preoccupato di intascare finanziamenti illeciti, quindi rimestando con allegria nel malaffare del paiolo veneziano?
Massimo Cacciari, lʼex sindaco di Venezia, già della corte di Don Verzé e che oggi prende le distanze dalla melma salita dalla laguna, nel 2009 ne parlava come del candidato giusto. Quando Orsoni si candidò, Venezia fu luogo di pellegrinaggio. Tutti al cospetto del futuro sindaco: Massimo D’Alema, Pier Ferdinando Casini, Pierluigi Bersani. Tutti a passeggiare fra calli, vongole e mercatini, spandendo sorrisi, regalando abbracci. Ah, la moralità del Partito Democratico, la sponda uddiccina, che dove sente odore di affari, intrecci, è là, paniere in mano, pronta a raccogliere anche le briciole sputate dal peggiore dei faccendieri.
Bersani voleva smacchiare il giaguaro, il suo uomo in laguna, come ricorda un vecchio spot elettorale, sollevare Venezia. Chissà, forse adagiandola sulla montagna di banconote entrate nelle sue tasche in puro stile Partito Democratico: anchʼio rubo, ma rubo elegantemente, perché il mio rubare è diverso. Morale.
Da Quelsi Quotidiano