Il
governatore veneto Luca Zaia centra il punto: «Siamo al big-bang della storia
del Nord». Ormai l'esigenza di autonomia e resistenza fiscale è alfabeto
condiviso, e questo conta molto più di qualsiasi partito.
I partiti sono strumenti e, per definizione, devono
essere al servizio di un qualche obiettivo. Quando il leghismo iniziò a
prendere piede (prima in Veneto, nel 1980, e poi in altre aree del
Nord) l’obiettivo delle formazioni localiste che infiammarono il dibattito
politico era una proposta variamente orientata all’autonomismo e al federalismo,
che poggiava in larga misura su un desiderio di indipendenza talora
inconfessato, ma pure molto presente in Lombardia, in Veneto e altrove. Negli
anni successivi prese piede anche un progetto che ai temi dell’autonomia
(variamente declinati) univa quelli della resistenza fiscale, della sburocratizzazione,
della difesa dell’apparato produttivo settentrionale. Lo slogan “Basta tasse,
basta Roma” sintetizza un po’ quella fase confusa, ma non priva di qualche
tratto interessante.
Nel corso degli anni sono cambiate, e in profondità,
tanto la Lega quanto la società italiana. La prima si è progressivamente
perduta in logiche che poco avevano a che fare con la domanda di autogoverno
che veniva dal Nord, mentre l’intero Paese iniziava a entrare in crisi
anche a causa di maggioranze in cui la stessa Lega ha giocato un ruolo di primo
piano. La tassazione e la regolazione sono cresciute moltissimo durante
i governi di centro-sinistra, ma egualmente in quelli guidati da Silvio
Berlusconi e sostenuti dal partito di Umberto Bossi, che raramente è
stato in grado di mettersi in sintonia con chi lavora e con chi è
quotidianamente impegnato a soddisfare i propri clienti su mercati globali e
altamente competitivi.
Non è quindi una sorpresa che le ultime elezioni
comunali abbiano segnato una brutta battuta d’arresto del partito ora
guidato da Roberto Maroni. Può invece un po’ sorprendere che di questo
non si sia quasi parlato, nelle scorse ore, dato che ormai è Beppe Grillo
a essere al centro delle discussioni. Si ha insomma la sensazione che la Lega
stia uscendo di scena senza neppure un funerale di prima classe. Potrebbe non
essere così, poiché c’è del fuoco cova sotto la cenere. E potrebbe avere
ragione il presidente del Veneto, Luca Zaia, quando in un’intervista
rilasciata al Gazzettino afferma che «Siamo al big bang della storia del
Nord», aggiungendo che «il leghismo non è più una questione di partito: da
destra a sinistra i veneti riconoscono che la questione del Nord è cogente».
Per poi concludere che «il leghismo non si accoppia più con il filone
demagogico che ha sempre lambito il nostro partito». Sono parole che rinviano a
una prospettiva ben precisa. In particolare, queste dichiarazioni provengono da
una società, quella veneta, in cui la Lega perde voti proprio mentre si
moltiplicano le iniziative indipendentiste. E non a caso un partito
seriamente separatista quale Indipendenza Veneta, sorto solo pochi mesi fa, sta iniziando a ottenere
risultati elettorali di rilievo anche grazie alla determinazione con cui sta gestendo
il progetto referendario: la Risoluzione 44 approvata lo scorso
novembre, la nascita della Commissione dei giuristi, il deposito di una
proposta di legge regionale che dovrebbe convocare i veneti a esprimersi
sull’ipotesi di una piena indipendenza. Zaia avverte che la crisi economica è
terribile ed è cosciente che molti ormai sono informati sul fatto che il
residuo fiscale ammonta a circa 20 miliardi di euro: la differenza tra
quanto i veneti versano in tasse e l’insieme dei servizi (nazionali e locali)
ricevuti. Egli soprattutto sa bene che c’è ormai un “leghismo”
trasversale e che la voglia d’indipendenza è per certi aspetti sempre più
viva. Probabilmente sta pure posizionandosi in vista di una sua ricandidatura
per la scadenza del 2015, alle prossime regionali, ma al tempo stesso comprende
che non avrà alcuna chance se prima non sarà riuscito a mettere il Veneto nella
scia di Catalogna e Scozia. La storia dell’Italia centro-settentrionale,
d’altra parte, è caratterizzata da comuni, leghe, principati e Stati regionali.
Il nostro è un universo che è stato grande quando è stato diviso. Proveniamo da
una rete di entità indipendenti e quello potremmo presto tornare a essere. Per
giunta, l’intero Nord cede circa 90 miliardi ogni anno, secondo i dati del 2012,
al resto della Penisola e un salasso di questo genere non è più sopportabile in
questa fase di grave recessione.
Con ogni probabilità, Zaia cercherà di lavorare su due
binari: proverà a seguire la strada di una buona amministrazione che si
sforza di far fronte “qui e ora” ai problemi di un’economia in ginocchio; e al
tempo stesso, e soprattutto, non rinuncerà all’idea di offrire quel progetto
ideale e quella risposta radicale che da tempo, in Veneto, hanno individuato
nell’idea di una Serenissima 2.0. Il prossimo passaggio sarà il parere
della commissione giuridica e, successivamente, il dibattito in Consiglio
regionale sulla proposta di legge per un referendum consultivo riguardante
l’indipendenza della regione. Il disegno di legge elaborato da Indipendenza
Veneta è già stato depositato (dal consigliere Stefano Valdegamberi, eletto per
l’Udc) e a questo punto Zaia e la Lega avranno un ruolo cruciale. C’è davvero
da sperare che di pannicelli caldi come Macroregione e costi standard –
a Venezia – nei prossimi mesi si senta parlare sempre meno.
di Carlo Lottieri (L'Intraprendente)
di Carlo Lottieri (L'Intraprendente)