Brutta bestia il razzismo, certo, ministro Kyenge.
Il razzismo non è solo quello del pigmento, non attiene solo al colore della
carnagione, lo sa vero, ministro Kyenge? Il razzismo è anche antropologico,
morale, a volte sornionamente borghese, e spesso è quello più pericoloso,
quello legittimato dalla pubblicistica perbenista e dalla minoranza chiassosa
che si spaccia per maggioranza etica. Il razzismo è anche razzismo del gesto
e conseguenza del mancato riconoscimento dell’Altro, lo sa vero,
ministro Kyenge, ci tiene dotti sermoni quotidianamente, si prende le home page
di tutti i siti della gente che piace, ma poi lo sa, vero, che il monito va
applicato nel mondo della vita, nelle giornate e nei dettagli? Ad esempio,
accettando la mano tesa di un modesto e fiero capogruppo comunale della Lega
Nord, per esempio Alessandro Morelli, che guida la pattuglia lumbàrd
a Palazzo Marino. Il quale oggi, durante la cerimonia in cui si
conferiva la cittadinanza “simbolica” ai minorenni milanesi figli di
genitori stranieri, le si è avvicinato, per stringerle la mano. Da politico, da
cittadino italiano (e conterà ancora qualcosa, caro ministro), da uomo. «Volevo
spiegarle le nostre ragioni, condivise da centinaia di migliaia di persone. Ma
anche solo farle capire attraverso un gesto distensivo che la nostra è e sarà
una battaglia durissima contro le sue idee che non uscirà mai dai termini democratici
della politica». Che lezione, caro ministro, e finalmente, avrà detto lei,
finalmente qualcuno che indica senza possibilità d’equivoco la scissione tra idea
e persona, tra agone pubblico e rispetto privato, tra lotta politica e
aggressione razziale, cioè il sale di una democrazia liberale.
Macché. Lei si è rifiutata di dare la mano a
Morelli, per rancido senso di superiorità, del tutto ingiustificato, se non da
una forma istituzionalmente corretta di razzismo antropologico, e si è
trincerata dietro l’atto più banale, arrogante, tristemente italico (in questo
senso, certo lei è un monumento all’integrazione): la scorta che
interviene ed allontana il cittadino, del tutto innocuo e anzi bendisposto, dal
potente, chiuso nel suo circolino autistico, che annuisce sempre e non
contraddice mai. No, Morelli voleva rompere il circolo, con onestà,
contraddirla, contestare alla radice l’impianto della sua politica
immigratoria, e allo stesso tempo stringerle la mano, per “distendere”,
levare la tensione, riconoscerla come individuo ed essere riconosciuto da lei.
Caro ministro, lei non ha voluto. Se non è una condotta razzistica, scelga lei
come definirla. Eviti, però, il consumato doppiopesismo, altra arte nostrana in
cui eccelle. Poco prima, infatti, aveva sminuito la becera ordalia degli ultras
fiorentini contro Balotelli: «Non sempre si tratta di razzismo». Già,
c’è qualcuno più nero degli altri. E ci sono mani che si possono stringere,
mentre altre no. C’è l’eterno razzismo intagliato nell’umanità, caro ministro.
di Giovanni Sallusti (L'Intraprendente)
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