Il Paese
brucia: sei notti di scontri. La polizia nasconde i nomi dei fermati stranieri.
Degli
arrestati si sa solo l'età. Tra i 15 e i 19 anni. Vivono in periferia e non
rispondono alle domande degli inquirenti. Sono diciotto in tutto. Altri venti i
fermati e subito rilasciati. Eppure è il sesto giorno che in Svezia si fa la
conta dei danni. Di notte le strade dei quartieri periferici diventano teatro
di una battaglia tra forze dell'ordine e ragazzi del posto. Centinaia i giovani
che scendono in strada. Altrettante le auto date alle fiamme, cassonetti
inceneriti, scuole, caserme. Il portavoce della polizia Kjell Lindgren si
rifiuta di ammettere che la situazione sia fuori controllo. Ma la protesta si è
estesa. Dalle periferie della capitale ad altre città svedesi, nonostante i
rinforzi arrivati da Göteborg e Malmö.
Domenica
scorsa i primi scontri. Ad Husby, quartiere a nord della capitale. 12mila
abitanti, l'80 per cento immigrati. Siriani, afgani, sudamericani, iracheni.
Prima un lancio di pietre contro una pattuglia della polizia, poi il caos. Nei
giorni successivi l'area degli scontri si è allargata a Skarpnäck, Norsborg,
Rinkeby. Tutti quartieri che circondano la capitale ad alta concentrazione di
immigrati. Venerdì notte altre venticinque auto date alle fiamme. A Oebro,
nella Svezia centrale, una trentina di ragazzi mascherati hanno dato fuoco a
tre auto e ad una scuola. Nessuno di loro è stato arrestato. Ancora, a
Linkoping, 200 km a sud di Stoccolma, alcuni ragazzi hanno incendiato una
decina di macchine e una scuola materna. Dalla polizia continua a non trapelare
nulla sulla nazionalità dei dimostranti. E quei giornali che provano a violare
il muro del politicamente corretto vengono prontamente smentiti. Sono
immigrati, ma non si può dire. Gli abitanti dei quartieri intanto cominciano a
dubitare sulla capacità delle forze dell'ordine di contenere le violenze. E una
cinquantina di militanti nei movimenti di estrema destra svedesi hanno
cominciato a presidiare i sobborghi. Dopo una settimana di strade messe a ferro
e fuoco, in Svezia continuano a rincorrersi più domande che risposte. Pare che
tutto sia nato dopo la morte di un 69enne di Husby, ferito a morte da un colpo
sparato da un agente che aveva minacciato con un machete. Pare, perché nulla è
confermato. Anche di lui si sa solo l'età, nonostante le cronache locali
(subito smentite da fonti istituzionali) parlano di un uomo di origine
portoghese. Sarebbe questa la miccia che ha fatto scatenare la rivolta. Da
tempo le periferie sono polveriere di rabbia e frustrazione. La percentuale di
disoccupati è del 10 per cento. Secondo un recente studio del governo, a Husby
il 30 per cento dei ragazzi tra i 16 e i 29 anni non studia e non lavora.
L'Ocse ha rivelato che in Svezia c'è la più alta divergenza al mondo tra
occupati svedesi e occupati di altre nazionalità. Una situazione che è andata
peggiorando nel tempo, insieme all'aumento del tasso di criminalità e del
numero di rifugiati politici che Stoccolma ha accolto: 44 mila le richieste nel
2012. Quest'anno il numero dovrebbe salire a 53 mila. In media ne vengono
accolte la metà. Un numero comunque elevato per un paese che conta 9 milioni di
abitanti. Molti gli irregolari.
La loro
rabbia nei confronti della polizia e delle istituzioni è cresciuta quando alla
fine del 2012 è stato approvato il progetto Reva. Agli agenti è stato
consentito di fermare e denunciare immediatamente gli immigrati senza permesso
di soggiorno. Una legge razzista, per le associazioni degli immigrati. Ma è
solo un altro anello della catena di cause su cui ci si interroga in questi
giorni. Mentre per le risposte, e le misure da attuare, c'è ancora da
attendere.
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