domenica 5 maggio 2013

Se Letta snobba il Nord



Solo un misero 25% della squadra di governo viene dalle regioni che producono più di due terzi della ricchezza del Paese. Caro Enrico, mai sentito il grido "nessuna tassa senza rappresentanza"? I numeri e le statistiche hanno – come ha ironizzato Trilussa – i loro evidenti limiti però “rendono l’idea”. Letta ha presentato la sua squadra al completo: una bella sfilza di più di sessanta glutei da sistemare su qualche cadrega di Ministero. Ha dovuto inventarsi tanti posti per riuscire a soddisfare tutti gli equilibri (chiamiamoli così) della sua strana maggioranza e ha dovuto ripescare il buon vecchio Manuale Cencelli e sicuramente la cosa non ha turbato più di tanto il suo cuore democristiano. Ha distribuito le cariche con il bilancino dei rapporti politici, partitici, di corrente e di cordata, ma ha sicuramente dimenticato la parte che riguarda le suddivisioni geografiche: evidentemente ritiene che non contino un accidente almeno dalla Linea Gotica in su, perché al di sotto tutte le conventicole territoriali sono ben rappresentate. 
Ci sono pochissimi padani e mancano del tutto quelli dell’Ovest. Così imparano piemontesi e liguri ad avere iniziato l’unificazione d’Italia! Su 40 sottosegretari e viceministri (ma che differenza c’è?) solo 12 sono nati in Padania e almeno due di questi sono “oriundi”, figli di genitori italiani veraci. Così si arriva a un misero 25% di settentrionali: la stessa percentuale che si ha fra i ministri. Letta non è riuscito a battere il record di Monti che di padani ne aveva il 24%, ma ha fatto meglio del governo De Mita (1988-89) che ne aveva il 27% e che nell’immaginario collettivo è diventato l’esecutivo meridionale per definizione, la quintessenza del terronismo in politica. Qualcosa sembrava essere cambiato con Berlusconi (lui stesso una sorta di icona della settentrionalità brianzola) che di padani ne aveva infilato il 42% nel primo governo e poi il 30%, il 38% e ben il 46% in quelli successivi. In effetti il Berlusca era stato una straordinaria eccezione in un panorama politico in cui il Meridione domina incontrastato nelle percentuali di parlamentari (favoriti dal costante paracadutamento di fedelissimi sudisti nei collegi del Nord), dalla maggiore “professionalità” meridionale e da una vischiosa solidarietà che il Partito Trasversale Meridionale (PTT) riesce a impiegare da 150 anni. Così la Repubblica ha un presidente napoletano, un primo ministro abruzzese e a presiedere le due Camere un siciliano e una marchigiana. Non parliamo della Corte Costituzionale dove il rapporto è di 15 a uno.
Il dato contrasta in maniera stridente con quello economico di cui è quasi speculare; il Nord produce più di due terzi della ricchezza complessiva e si vede riconosciuto un potere di rappresentanza ridicolo. La Repubblica italiana è la sola assemblea di condominio al mondo che funziona al contrario: chi ha meno millesimi comanda e chi ne ha molti di più (e perciò paga il grosso delle spese) subisce.
Non c’era neppure bisogno di ascoltare il discorso programmatico di Letta, pieno di affettuosi cenni al Mezzogiorno e silente sulla questione settentrionale, e non servirà neppure attendere l’azione di governo, per essere sicuri che si tratti di un altro esecutivo sudista, che – con la scusa di fare gli interessi del Meridione – massacrerà la Padania. Questo è la perfetta negazione del sacrosanto principio di rapporto fra tassazione e rappresentanza. C’è una sola via di uscita: farsi un altro condominio.

di Gilberto Oneto (L'Intraprendente)

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