“Prima il Nord” rimane uno slogan, la notizia è
che inizia a riempirsi. Di contenuti e atti politici, tutt’altro che secondari,
perché espletati dal fondatore, dello slogan. Il governatore della Lombardia,
negli ultimi due giorni, ha accelerato pesantemente sul suo lato nordista, su
Bobo-Jekyll, lasciando negli scantinati di via Bellerio quell’altro,
Maroni-Hyde, il politico fin troppo conoscitore dell’ammuina romana,
solleticato dal pensiero di una Dc blandamente territoriale. Al bando avverbi e
aggettivi “blandi”, al Nord (ancora per poco) produttivo serve la scossa
immediata, l’ha capito perfino Giorgio Squinzi, che di mestiere fa il
capo di Confindustria, non esattamente un fattore di modernizzazione
del Paese, in tempi recenti (assai più incisiva l’agenda dei
“medio-piccoli” di Confapi, che il suo presidente Casasco). La Csu
del Nord può essere affascinate (per chi scrive, certamente lo è più del
traffico di diamanti della Family), ma le democristianerie no, la crisi
s’aggredisce, possibilmente all’arma bianca, con la rivoluzione liberale
e quella federale, in ogni caso mettendo in discussione l’attuale
architettura dello Stato italico, grottesco residuo ottocentesco.
Ecco, allora, un uno-due di Maroni che spalanca
speranze, dopo un po’ troppa palude. Le tasse, anzitutto, certo, le
grandi questioni di libertà iniziano dalla messa in discussione della rapina di
Stato, la Rivoluzione Americana sta lì a dimostrarlo per sempre. Nessuna
tassa senza rappresentanza. Non date rappresentanza al Nord (il grande escluso
dalla convergenza d’interessi su Letta)? Beh, almeno lasciate al Nord le tasse
del Nord. Con Zaia e Cota, Maroni ha chiesto ufficialmente al governo
l’istituzione di un gruppo di lavoro per riformare il sistema fiscale del
Paese, con obiettivo dichiarato (seppur minimo): il 75% dei tributi
rimane sui territori d’appartenenza. Corollario, ma decisivo: Equitalia,
il Leviatano incostituzionale forgiato da Tremonti (e questo il Cavalier
Berlusconi se lo deve ancora far perdonare), sparisce dal Nord. Agenzie di
riscossione territoriale, che iniziano a tenersi i soldi, mentre la Macroregione
de facto pressa Roma.
A distanza ravvicinata, e non sappiamo cosa abbia
fatto per essere così ispirato in questo weekend, ma ci auguriamo replichi al
più presto, Maroni compiva un gesto simbolicamente rilevante, e l’uomo,
nonostante pochi se lo ricordino, è anche un animale simbolico. Ha ricevuto, da
un gruppo di indipendentisti e liberisti, vicini idealmente e
alcuni personalmente anche a questa testata, la petizione di Color 44
per il referendum sull’indipendenza della Lombardia, l’ha accolta e
firmata, e ha detto parole impegnative. «Se dal popolo vengono istanze in
questo senso e la maggioranza si esprimesse a favore, sarebbe giusto portare
avanti la cosa. Noi siamo per il principio del popolo sovrano». Libertà dal giogo
fiscale e libertà d’autodeterminazione. Che non sia solo un weekend
di lucida follia, caro presidente.
di Giovanni Sallusti (L'Intraprendente)
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