Maledetta realtà e maledetti fatti, realmente accaduti,
che discriminano sempre gli stessi. È di oggi il comunicato
dell’associazione Naga, che si occupa di assistere le persone in
difficoltà, che denuncia un atteggiamento diffuso di ostilità –
da parte della stampa – a danno dei rom. Un’opinione che pare
molto diffusa anche all’interno della stessa comunità rom-sinti che, nella
riunione tenuta in Comune qualche settimana fa, ha lanciato una seri di appelli
accorati e continui ai giornalisti presenti chiedendo di non discriminarli.
Ma analizziamo, punto per punto, cosa dice Naga
attraverso le parole dei suoi volontari. Dice Natascia Curto: «L’indagine
che abbiamo svolto parte dal presupposto che anche attraverso la stampa
si costruisce un’immagine sociale negativa dei rom e sinti».
Insomma non proprio un’analisi scevra di pregiudizi ma, piuttosto, uno studio
che – data una serie di premesse stabilite a priori – giunge a una serie
di conclusioni: un’indagine che, per quanto ben documentata possa
essere, non risulterà mai comunque imparziale. Poi prosegue dicendo che «si può
affermare che inserire i rom in articoli che parlano di fatti
negativi è un’abitudine molto diffusa, in tutti i giornali, e relativamente
a differenti tipologie di fatti […]. Spesso queste associazioni raggiungono
livelli discriminatori e vengono fatte ricorrendo a dichiarazioni
riportate tra virgolette». Peccato che il dovere di cronaca
imponga a un giornalista di riportare gli eventi negativi,
indipendentemente dal fatto che i loro protagonisti siano italiani, rom o
cittadini di altra nazionalità: onestamente non ci è mai capitato di vedere una
sola notizia (di cui i media hanno costantemente fame) censurata per via della
provenienza dei suoi protagonisti sempre identificati con nome, cognome
ed età (ad eccezione, ovviamente, dei minori). I virgolettati
sono, peraltro, mezzi di cronaca giornalistica che ottemperano, perfettamente,
a quanto enunciato nell’articolo 21 della Costituzione che
recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». «Dalla nostra
analisi – proseguono le volontarie di Naga – emerge che nel 30% degli articoli
sono presenti dichiarazioni che si possono considerare discriminatorie»: bisognerebbe
quindi censurarle?
Allo stesso modo ha poco senso dire che una «modalità
riscontrata nel trattamento dei rom nella stampa è quella di creare una separazione,
un noi e un loro, i “cittadini” e i rom: due gruppi divisi,
diversi ontologicamente, che non si intersecano e il cui benessere è
alternativo». Italiani e rom sono due gruppi etnici diversi e la
cui convivenza può creare momenti di difficoltà: un dato di fatto
cui Naga, certo, ha tutto il diritto di voler porre rimedio
ma con cui bisogna comunque fare i conti.
In definitiva i volontari farebbero meglio ad occuparsi
della vera integrazione, senza accusare i giornali. Ricordando che se
una vera vittima attira su di sé il favore dell’opinione
pubblica, chi la vittima la fa non attira alcuna simpatia.
di Matteo Borghi (L'Intraprendente)
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