Valanga
di promesse dal premier: "Ora aiuti a famiglie e sgravi a
pensionati". E il ministro: "Il bonus da 80 euro resterà".
Il
governo confeziona il regalo di Pasqua. Ci sono l'uovo, il fiocco e la
sorpresa. Un bellissimo regalo che, però, non si può toccare. Perché è fumoso
come le promesse che sono state urlate in queste prime settimane di governo."La
rivoluzione è appena iniziata, gli 80 euro e l'Irap sono l'antipasto",
promette il premier Matteo Renzi che, in una intervista a Repubblica, annuncia
aiuti alle famiglie e sgravi ai pensionati.
Promesse,
promesse, promesse. Gli fa eco il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
annunciando dalle colonne
del Corriere della Sera che il bonus da 80 euro "deve
restare" altrimenti l'esecutivo rischia di "non essere più
credibile". Promesse, promesse, promesse. Che, se va a finire come coi
"mitici 80 euro", gli italiani rischiano solo di rimetterci.
Come ha spiegato Gian Maria De Francesco sul Giornale, dietro al taglio del cuneo fiscale
c'è un trucchetto da fine prestigiatore: il datore di lavoro potrà decidere di
prelevare il bonus dai contributi previdenziali dei dipendenti, in un secondo
tempo lo Stato ripianerà lo sbilancio. Peccato che, almeno per ora, non ci sia
alcuna certezza.
Per Renzi
l'obiettivo è mantenere credibilità sui mercati. E sa che può farlo solo
andando avanti col serratissimo programma di riforme che lui stesso. Il piano,
in realtà, è già saltato più volte per la litigiosità interna al Pd, per i
numeri ballerini a Palazzo Madama e per l'accidentata campagna elettorale per
le Europee. Il Jobs act, fino ad alcune settimane fa considerato di vital
importanza, è slittato al 2015. Nella chiacchierata con Repubblica, è
lui stesso ad ammettere che anche a trovata del bonus a in sé un vulnus: "Ottanta
euro dati a un single hanno un impatto diverso rispetto a un padre di famiglia
monoreddito con 4 figli. Dobbiamo porci questo problema. L'Italia non si può
permettere il lusso di trattare male chi fa figli". Un problema che
nelle ultime ore sembra porsi anche Padoan. Licenziato il Def, il
titolare del Tesoro sta infatti cercando di trovare un escamotage per
rendere duraturo il taglio del cuneo fiscale: "Il bonus del decreto
Irpef deve essere permanente, altrimenti non è credibile e non viene
speso". Sa bene, infatti, che una maggiore propensione a spendere e a
investire darebbe un impulso benefico all'economia.
Nel giorno
di Pasqua il premier non bada a promesse. Tanto che non si ferma alle misure
economiche, ma si decide ad aprire un confronto su quella che è la madre di
tutte le riforme. "In tema di giustizia - promette - a giugno,
dopo le elezioni, ascolteremo tutti e faremo la riforma". Inizierà con
il processo civile telematico, quindi passerà al processo penale. Infine,
toccherà alla giustizia amministrativa. "Il sistema dei Tar non
funziona come dovrebbe", chiosa Renzi che sembra non curarsi della
levata di scudi della categoria. La sola spending review sui
pachidermici stipendi dei magistrati ha addirittura portato il Def
all'attenzione del Csm, un'eventuale riforma della giustizia rischierebbe di
scatenare la rivolta delle toghe.
"Voglio
ridare fiducia al Paese, voglio che a Bruxelles e nelle altre capitali
dell'Unione si dica - conclude Renzi a Repubblica - l'Italia è tornata in
Europa". Per
riuscirci, punta a restare a Palazzo Chigi fino al 2018. Una eventualità per
niente condivisa da Silvio Berluconi che ieri ha pronosticato nuove elezioni
politiche "entro un anno e mezzo".
di Andrea Indini (Giornale)
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