Dall'euro
che va rinegoziato all'urlo del suo territorio strozzato dallo Stato centrale
fino alla battaglia per una nuova leadership del centrodestra: chiacchierata
tutta politica col sindaco di Verona.
Flavio Tosi, sindaco di Verona, oggetto di interesse di quelli
che potrebbero essere letti come pizzini
giudiziari e, prima di altro,
candidato ideale per le (ancora inesistenti) primarie del centrodestra.
Leghista capace di sostanza politica-amministrativa, indicato da certi angoli
del Carroccio come l’“epuratore” e ascritto alla cordata liberista, insieme a
Roberto Maroni pare avere un progetto politico dal sapor romano. Ancora nel
mezzo di una polemica con Report, trasmissione di Milena Gabanelli in
onda sui Rai tre, liquida il caso in una manciata di battute: «È una
trasmissione che definirei una montagna di fango. Non c’è un fatto, un dato,
un’ipotesi. Spazzatura pura».
Il parlamentare forzista Angelo Giorgetti ha chiesto
alla Procura lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose.
«Ieri il Procuratore Schinaia ha rilasciato questa
dichiarazione: “Non ci sono elementi per aprire un’inchiesta su quanto è andato
in onda. Una cosa sono i sospetti, le voci, le ipotesi o le dicerie; ben altra
importanza, invece, è quella rivestita dai fatti concreti. E la mia è una
Procura che agisce, indaga e interviene sulla base di fatti concreti, non di
semplici parole”. È orrenda la bassezza a cui arriva cui certa politica priva
di argomenti».
Ventiquattro indipendentisti arrestati. Cosa ci dice
in merito?
«La voglia di indipendenza anziché di autonomia
esprime il disagio di un territorio fiaccato dalla crisi, che in Veneto si
sente moltissimo, essendo una regione che vive di economia privata e non
pubblica. Qui ci sono stati decine e decine di suicidi. La protesta esprime
l’insoddisfazione dei cittadini. Chi firma per il referendum non è necessariamente
secessionista, è semplicemente esasperato da uno Stato centrale che l’opprime
con le tasse, soffocando il tessuto produttivo».
Da dove nasce la rivolta?
«È una questione economica. Come fu per la ex
Jugoslavia: la Serbia era la loro Roma, con un apparato costoso e inefficiente.
Croazia, Bosnia e Slovenia di ribellarono. È solo una questione economica, mai
di identità».
Era giusto “ingabbiarli”?
«Lo Stato e la magistratura si sono fatti ridere
dietro. I veri delinquenti sono a piede libero, mentre loro hanno ammanettato
ventiquattro frequentatori di bar, piuttosto che terroristi. In uno Stato
normale gli sequestravi la ruspa giocattolo e gli facevi arrivare un arrivo di
garanzia».
Sarà il capolista della Lega Nord alle elezioni
europee?
«Lo reputo abbastanza probabile».
Va in Europa a cambiare cosa?
«Il problema è che la Ue ha un difetto di nascita: non
è un paese né un’unione politica ma un’insieme di tanti stati soggetti a regole
bancarie e commerciali. Stati che vanno avanti a farsi i fatti propri, cosa in
cui l’Italia è ultima, perciò non rimangono solo vincoli finanziari».
Lei ha espresso una posizione differente dal
segretario del suo partito sulla moneta unica: «Il problema non è l’euro». Ci
spiega?
«È vero, ho una posizione leggermente diversa da Salvini,
pur non essendo un europeista acritico. Bisogna ricostruire i rapporti,
ri-bilanciarli, far rivalutare il peso decisionale italiano. Siamo il terzo
paese dell’unione, è vero che la Germania è il primo ma non può darci i
compiti. Bisogna rivedere la rappresentatività. Al momento se saltiamo noi
salta l’euro».
Il futuro del centrodestra passa dalle primarie?
«Non può che essere così: qualsiasi scelta calata
dall’alto non sarebbe accettata dagli elettori, oltre al fatto che i partiti
non saprebbero trovare un candidato unico».
È una partita che vorrebbe giocarsi?
«Come sindaco che ha dimostrato di saper amministrare,
non tanto come militante o iscritto alla Lega».
Renzi, il riformista: Stefano Bruno
Galli su L’Intraprendente ha definito la riforma del Titolo V
centralista. Ha ragione?
«Si. Renzi ha individuato il problema trovando la
soluzione sbagliata. Sposta le materie dagli enti locali allo Stato per
regolare gli sprechi, ma lo Stato è il re degli sprechi. Perciò sbaglia».
Viva il federalismo, dunque.
«L’esempio sono gli Stati Uniti, anche perché bisogna
considerare che diversi stati americani per numeri di abitanti non sono affatto
superiori alle nostre regioni. Il federalismo lì prevede il decentramento di
tutti i poteri. È il federalismo nella sua massima espressione».
Le dico residuo fiscale e lei?
«Rispondo che è la conseguenza degli sprechi di cui ho
appena parlato. Ci sono regioni che spendo e spandono, tra l’altro male, e
altre che spendono bene e che quindi sono costrette a vedere le proprie risorse
utilizzate per coprire i buchi degli altri. Renzi è qui che dovrebbe mettere
mani, certo aspettandosi resistenze formidabili: dietro agli sprechi c’è un
sistema politico che ha bisogno degli sprechi per garantirsi».
di Federica Dato (Intraprendente)
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