La
carenza di controlli sulle navi mette a rischio contagio i militari. Ma la
Marina rassicura: "Siamo preparati".
Roma - Tre
circolari del ministero della Salute in quindici giorni. L'ultima, martedì.
Tutte con lo stesso argomento in oggetto: «Misure di sorveglianza per
contrastare la diffusione dell'Ebola».
E in tutte i
toni sono piuttosto allarmati.
Da un punto di vista ufficiale, tali misure sono concentrate sui «punti
internazionali d'ingresso»: porti, aeroporti, frontiere. Ma l'operazione Mare
Nostrum ha - nella sostanza - esteso questi «punti internazionali d'ingresso» a
tutto il Mediterraneo. E in prima linea ci sono gli uomini della Marina
militare e delle Capitanerie. Sono loro che accolgono, recuperano, salvano i
migranti che a frotte arrivano nella Penisola.
Le loro
uniche protezioni sono guanti in lattice e mascherina. Bastano a fermare
l'Ebola? Un ufficiale di rango preferisce non scendere in dettagli. «Ci hanno
spiegato - dice - che i migranti che soccorriamo non possono essere infetti da
Ebola. La malattia ha un'incubazione di 21 giorni. Quindi, quelli che
imbarchiamo sui nostri mezzi al centro del Mediterraneo non possono averla. Chi
l'ha contratta nei paesi in cui è stata segnalata l'epidemia è già morto prima
di imbarcarsi dalle coste libiche».
E se un
contagiato l'avesse trasmessa durante il periodo in attesa dell'imbarco, prima
di morire? La domanda cade nel vuoto. «Il contagio è improbabile», ripete.
«Comunque - aggiunge - il migrante che segnala febbre alta e astenia viene
messo subito in isolamento».
Il ministero
della Salute, comunque, in chiave anti-ebola chiede alla Marina militare ed
alle Capitanerie di imbarcare sulle proprie navi «barelle di alto
bio-contenimento»: «Il cui impiego potrebbe essere necessario per il trasporto
di pazienti all'interno del territorio nazionale, sui vettori aerei ad ala
fissa o rotante».
Ma il
problema più serio per gli uomini della Marina non sono i migranti a bordo dei
barconi, sono quelli che vengono portati a terra dai mercantili. L'alto numero
(in tre giorni ne sono arrivati 6mila) e la mancanza di controlli preventivi
operati a bordo delle navi militari, fa di questi migranti un evidente rischio
epidemiologico. Insomma, il rischio che qualche migrante possa sfuggire al
calcolo probabilistico legato ai tempi d'incubazione dell'Ebola c'è eccome.
Tant'è che il
ministero invita l'Enac a informare le compagnie aeree delle «procedure
nazionali per l'evacuazione medica ed il trasporto in alto bio-contenimento di
persone affette, o sospette di essere affette, da malattie infettive
contagiose». Evacuazione medica - precisa la circolare della Salute - che deve
essere effettuata anche senza ricorrere ai velivoli dell'Aeronautica militare.
E proprio
all'Aeronautica, il ministero della Salute chiede di verificare la possibilità
di caricare sui propri mezzi «ambulanze ad alto isolamento in dotazione
all'Istituto per le Malattie infettive Lazzaro Spallanzani».
Ma a
preoccupare non è solo l'Ebola, che potrebbe non arrivare (sempre per il famoso
calcolo probabilistico), ma anche la tubercolosi. Negli ultimi anni la diffusione
della Tbc è aumentata di quasi il 50 per cento: da 4 a 6mila casi all'anno. Era
stata praticamente debellata negli anni Ottanta, per poi tornare a crescere.
La causa
della diffusione è la crescente immigrazione da paesi ad alta endemia. Non
solo. La terapia seguita (massicce dosi di antibiotici) sta selezionando ceppi
batterici che diventano sempre più resistenti alle cure. E anche questi malati
vengono accolti da marinai dotati solamente di guanti in lattice e mascherine.
di Pier Francesco Borgia (Giornale)
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