«Se Renzi abolirà il Patto di stabilità
diventerà il mio presidente». Il governatore lombardo non usa mezzi
termini nell’indicare al neo-premier una delle priorità più stringenti della
nuova azione di governo. In particolare, ha precisato Roberto Maroni,
«da sindaco di Firenze Renzi lo definì patto di “stupidità”. Ora mi aspetto che sia coerente e lo
abolisca, altrimenti è solo un chiacchierone come altri o, come diciamo noi, un
“casciaball”».
Che la Lega stia martellando da parecchio tempo
sulla necessità di abolire la legge che impedisce agli enti virtuosi di spendere
fino all’ultimo centesimo è cosa nota. Qualche tempo fa una
pattuglia di sindaci, a maggioranza lumbard, ha lanciato l’iniziativa “Rompiamo il Patto” che ha
subito trovato una sponda in Matteo Salvini che vi si dedicò prima spostarsi,
anima e corpo, alla battaglia
contro l’euro. Il Patto di stabilità costituisce, del resto, un problema
non indifferente di cui Renzi dovrà tener conto. Anche perché,
contrariamente alla vulgata comune, non si tratta solo di
un’imposizione dell’Europa ma anche di una trovata tutta italiana,
almeno nelle sue derive.
Precisiamo. Europeo è il Patto di stabilità e
crescita, ed è stato firmato dai Paesi membri nel 1997 (da noi c’era il primo
governo Prodi): esso stabilisce che gli Stati non possono superare il 3%
del rapporto deficit/Pil e il 60% del rapporto debito/Pil.
Romana è stata invece la scelta di far pagare il debito pubblico agli enti
locali. Il ragionamento di fondo è stato questo: visto che lo Stato non sarà
mai in grado di pagare il proprio debito perché non imponiamo ai Comuni e alle
altre istituzioni virtuose del Nord di accantonare soldi per noi? Ebbene, così
si è fatto: così accade che piccole realtà della Val Brembana non
possano costruire la scuola elementare perché devono mandare i
propri soldi a Roma. Peccato sia stato tutto non solo ingiusto ma anche inutile.
A causa dei continui sprechi, il debito italiano ha raggiunto i 2.100
miliardi, il 140% del Pil. Abbiamo aumentato le tasse, pagato le sanzioni
europee senza voler vedere dov’era il problema fondamentale: una voragine
senza fondo di spesa pubblica.
Matteo Renzi può fare due cose. 1) Rinegoziare
gli accordi europei: strada lunga e tutta in salita che non risolve il
problema del debito pubblico. 2) Abolire il Patto di stabilità
interno dando a tutti gli enti la possibilità di spendere fino all’ultimo
euro, obbligandoli però a ripagare i propri debiti sempre fino all’ultimo euro.
Solo questo percorso che può portare risultati concreti e di lungo respiro.
Senza vera autonomia e responsabilità l’idea del Senato delle
Regioni – di per sé ottima – rischia di non avere alcun effetto.
di Matteo Borghi (L'Intraprendente)
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