I familiari del nomade ucciso all'attacco: «Soldi e denunce».
Intanto i carabinieri hanno sequestrato tutti i fucili
di Stacchio a cui è stata sospesa la licenza di caccia in attesa dell'esito
degli accertamenti.
VICENZA. «Chi ha sbagliato, sia sparando,
sia con parole esagerate, deve pagare». I parenti di Albano Cassol, il nomade
di 41 anni morto a Ponte di Nanto, sono quanto mai decisi. La compagna
Cristina, incinta, e suo padre Diego, da Fontanelle nel Trevigiano dove vivono
in un campo, non alzano la voce ma le parole sono decise. Conversando con i
giornalisti spiegano di «non sapere nulla del progetto di Albano e della rapina»,
di essere «amareggiati per la tragedia» e le modalità con cui è avvenuta
(Albano aveva avuto un passato difficile, spiegano, ma ora stava lavorando
regolarmente), di non «mangiare e dormire più», ma di «volere giustizia». E
chiedono che i politici la smettano di «attaccarli», perchè sono «nati a
Montebelluna, o a Treviso, o a Vicenza: siamo anche noi razza Piave»,
sintetizzano. Nel concreto, in questi giorni vedranno un avvocato per
concordare con lui le modalità per costituirsi parte civile nell'eventuale
processo contro Graziano Stacchio, il benzinaio di Nanto, e chiedere quindi un
risarcimento dei danni. (...)
GdV 07.02.2015.
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