Sì, la
guerra all'Isis riguarda direttamente noi. Noi italiani, settentrionali,
milanesi, abitanti di città da cui partono volontari della jihad. E dove
potrebbero sorgere "polizie islamiche" che impongono la sharia. È già
successo, in Inghilterra e in Germania. Vanno fermati, ora.
Essere interventisti in Iraq, chiedere a gran
voce una guerra contro l’Isis, è una cosa che non ci riguarda da vicino?
La guerra per stroncare il nuovo Califfato Islamico viene vista come un
impegno altruista, per salvare dalle sue fauci i cristiani iracheni e
soprattutto gli yezidi (e chissà perché si parla quasi solo degli yezidi e non
dei cristiani: le religioni esotiche fanno più notizia?). Ma la guerra riguarda
direttamente noi. Non noi “occidentali” in senso lato, ma proprio noi,
italiani settentrionali, milanesi, torinesi, genovesi, trevisani, vicentini,
pordenonesi, abitanti di città e
cittadine da cui partono volontari della Jihad. E partono per
tornare (sempre che non vengano ammazzati prima), per realizzare un disegno
ideologico che non è affatto locale, ma universale. Mohammed Merah, lo
stragista di Tolosa, si era fatto le ossa nella guerra di Siria. Mehdi
Nemmouche, lo stragista di Bruxelles, aveva fatto esperienza nello stesso
conflitto.
Gli attentati fanno paura, ma non sono tutto.
Il pericolo peggiore consiste nella nascita di veri e propri emirati
all’interno delle nostre città. Torino, Milano, Roma e tante altre città minori
dell’Italia centro-settentrionale hanno già nuclei di quelli che potrebbero
diventare ghetti islamici, veri e propri emirati in miniatura, con tanto
di polizia religiosa che veglia sul rispetto della legge coranica.
Succede già in tutte le maggiori metropoli ad alta immigrazione islamica,
nell’Europa occidentale e settentrionale. Qualche esempio? A Wuppertal,
se non ve ne siete accorti, la polizia tedesca ha smantellato un corpo di
polizia islamica. Avete letto bene: polizia islamica, come in Arabia Saudita.
Era formata da un tedesco convertito, Sven Lau, che ha ritrovato la sua purezza
nell’Islam e ha iniziato a raccogliere gente disposta ad applicare la legge
coranica in tutta la città, con le buone e con le cattive. Andavano dalle
donne e le costringevano a mettersi il velo, andavano dai ragazzi e li
costringevano a non fumare, a non giocare d’azzardo, a non andare in discoteca.
Se la polizia non li avesse sciolti in tempo, avrebbero vietato concerti in
pubblico, locali dove si vendono alcolici, salumerie (che sono haram! Proibite)
e tutto ciò che riguarda il “malcostume” occidentale.
Quello di Wuppertal non è un caso unico. Anche a
Londra i Tower Hamlets, per un certo periodo del 2011, sono diventati “Shariah
Controlled Zone”, una zona in cui si applicava la sharia, la legge
coranica. Anche in questo caso, una mini-polizia religiosa, formata da
volontari, pattugliava le strade e implementava le norme coraniche. «Se le
persone sono terrorizzate dal taglio della mano, non rubino – diceva il leader
islamico Anjem Choudary ai suoi intervistatori – se la gente si scandalizza per
la lapidazione delle adultere, si eviti l’adulterio». Per fortuna che questa
polizia religiosa è stata sciolta dalle autorità. Ma il problema resta, perché
a Birmingham i radicali islamici locali hanno tentato di conquistare le
scuole pubbliche e cambiarne i programmi. In Inghilterra, dove sono già in
funzione 85 corti islamiche, le minoranze musulmane sono già uno Stato nello
Stato.
Di fronte a queste realtà, che sono diffuse anche in
Francia, Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia, oltre che nella già citata Germania,
è facile commettere tre errori molto comuni. Il primo è la fuga a destra:
considerare la nascita di queste enclave come un esito dell’immigrazione.
Chi sostiene questa tesi se la prende, nel nome dell’identità italiana, anche
con arabi cristiani, musulmani laici, animisti e buddhisti che mai e poi mai
penserebbero di mettere in piedi un emirato nel cuore delle nostre città. Il
secondo errore è il rifugio a sinistra: considerare che questa frammentazione
sia dovuta alla povertà. Una spiegazione semplice, comoda, conforme ai
dettami del politically correct, ma completamente falsa. I radicali islamici in
Inghilterra non sono poveri. I radicali islamici in Germania neppure. In
compenso, tanti altri immigrati poverissimi, cercano onestamente lavoro nelle nostre
città. Il terzo errore è la santificazione (tipica dei libertari) delle comunità
volontarie: se le nostre città si frammentano tanto meglio, ognuno si
governa da sé in barba allo Stato. Neanche per sogno. Non c’è nulla di
volontario in questi progetti. È un disegno egemonico teorizzato,
in varie versioni simili tra loro, da Al Qaeda (“Ederat al Wahsh”,
governare alla macchia di Abu Bakar Naji), dall’Isis (una strategia di
destabilizzazione in tre fasi, teorizzata da Al Zarqawi ed ereditata da Al
Baghdadi) e anche dai più “moderati” Fratelli Musulmani: è una
colonizzazione ideologica e religiosa delle nostre città. Si assume il
controllo di un quartiere, lo si sottopone alla legge coranica, si creano
istituzioni parallele e poi si passa alla colonizzazione del quartiere
successivo. Poi si passa alle regioni e infine si dichiara guerra al governo.
Il problema va affrontato subito, ma con estrema lucidità. Si deve combattere
contro l’ideologia jihadista, i suoi predicatori, i suoi combattenti. Meglio
attaccarli quando sono lontani, in Iraq e Siria, piuttosto che doverli
affrontare qui nelle nostre vie, piazze e strade. Il problema va affrontato
immediatamente con l’educazione, allontanando i musulmani da questa ideologia.
E con la polizia: smantellando istituzioni parallele ovunque sorgano. E non
continuando a dar ragione agli jihadisti, nel nome di un malcelato odio contro l’Occidente.
di Stafano Magni (Intraprendente)