"Per ricordare l'insensatezza delle guerre di
religione, ma anche per ribadire l'identità cristiana dell'Europa, portatrice
di valori che, se non difesi, ci vedranno soccombere".
L’assedio
di Vienna
A Vienna,
invasa dai profughi, si consuma la via crucis dell’assedio, che la città
sopporta eroicamente. 6.000 soldati e 5.000 uomini della difesa civica si
oppongono, tagliati fuori dal mondo, allo sterminato esercito ottomano, armato
di 300 cannoni. Tutte le campane della città vengono messe a tacere fuorché
quella di Santo Stefano, chiamata Angstern, "angoscia", che
con i suoi incessanti rintocchi chiama a raccolta i difensori. Gli assalti ai
bastioni e gli scontri a corpo a corpo sono quotidiani e ogni giorno può essere
l’ultimo, mentre i soccorsi sono ancora lontani. Sollecitato dal Papa e
dall’imperatore, alla testa di un esercito, muove a marce forzate verso la
città assediata il re di Polonia Giovanni III Sobieski (1624-1696), che già due
volte aveva salvato la Polonia dai turchi. Finalmente il 31 agosto si congiunge
con il duca Carlo di Lorena, che gli cede il comando supremo, e, quando viene
raggiunto da tutti i contingenti dell’impero, l’esercito cristiano si mette in
marcia verso Vienna, dove la situazione è ormai drammatica. I turchi hanno
aperto brecce nei bastioni e i difensori superstiti, dopo aver respinto
diciotto attacchi ed effettuato ventiquattro sortite, sono allo stremo, mentre
i giannizzeri attaccano, infiammmati dai loro predicatori, e i cavalieri tatari
scorazzano per l’Austria e la Moravia. L’11 settembre Vienna vive con angoscia
quella che sembra l’ultima notte e von Starhemberg invia a Carlo di Lorena
l’ultimo disperato messaggio: "Non perdete più tempo, clementissimo
Signore, non perdete più tempo".
La
battaglia
All’alba
del 12 settembre 1683 il venerabile Marco da Aviano, dopo aver celebrato la
Messa servita dal re di Polonia, benedice l’esercito schierato, quindi, a
Kalhenberg, presso Vienna, 65.000 cristiani affrontano in battaglia campale
200.000 ottomani.
Sono
presenti con le loro truppe i principi del Baden e di Sassonia, i Wittelsbach
di Baviera, i signori di Turingia e di Holstein, i polacchi e gli ungheresi, il
generale italiano conte Enea Silvio Caprara (1631-1701), oltre al giovane
principe Eugenio di Savoia (1663-1736), che riceve il battesimo di fuoco.
La
battaglia dura tutto il giorno e termina con una terribile carica all’arma
bianca, guidata da Sobieski in persona, che provoca la rotta degli ottomani e
la vittoria dell’esercito cristiano: questo subisce solo 2.000 perdite contro
le oltre 20.000 dell’avversario. L’esercito ottomano fugge in disordine
abbandonando tutto il bottino e le artiglierie e dopo aver massacrato centinaia
di prigionieri e di schiavi cristiani. Il re di Polonia invia al Papa le
bandiere catturate accompagnandole da queste parole: "Veni, vidi, Deus
vicit". Ancor oggi, per decisione di Papa Innocenzo XI, il 12
settembre è dedicato al SS. Nome di Maria, in ricordo e in ringraziamento della
vittoria.
Il giorno
seguente l’imperatore entra in Vienna, festante e liberata, alla testa dei
principi dell’impero e delle truppe confederate e assiste al Te Deum di
ringraziamento, officiato nella cattedrale di Santo Stefano dal vescovo di
Vienna-Neustadt, poi cardinale, il conte Leopoldo Carlo Kollonic (1631-1707),
anima spirituale della resistenza.
Il
riflusso dell’islam
La
vittoria di Kalhenberg e la liberazione di Vienna sono il punto di partenza per
la controffensiva condotta dagli Asburgo contro l’impero ottomano nell’Europa
danubiana, che porta, negli anni seguenti, alla liberazione dell’Ungheria,
della Transilvania e della Croazia, dando inoltre possibilità alla Dalmazia di
restare veneziana. È il momento in cui maggiormente si palesa la grandezza
della vocazione e della missione della Casa d’Austria per il riscatto e per la
difesa dell’Europa sud-orientale. Per svolgerla, essa mobilita sotto le insegne
imperiali le risorse di tedeschi, ungheresi, cèchi, croati, slovachi e
italiani, associando veneziani e polacchi, costruendo quell’impero multietnico
e multireligioso, che darà all’Europa Orientale stabilità e sicurezza fino al
1918.
La grande
alleanza, che riesce a prender vita all’ultimo momento grazie a Papa Innocenzo
XI, ricorda l’impresa e il miracolo realizzati un secolo prima grazie all’opera
di Papa san Pio V (1504-1572) a Lepanto, il 7 ottobre 1571. Per la svolta
impressa alla storia dell’Europa Orientale la battaglia di Vienna può essere
paragonata alla vittoria di Poitiers del 732, quando Carlo Martello (688-741)
ferma l’avanzata degli arabi. E l’alleanza che nel 1684 viene sancita con il
nome di Lega Santa vede un accordo unico fra tedeschi e polacchi, fra impero e
imperatore, fra cattolici e protestanti, animata e promossa dalla diplomazia e
dallo spirito di sacrificio di un grande Papa, tutto teso al perseguimento
dell’obiettivo della liberazione dell’Europa dai turchi.
In
quell’anno si realizza una fraternità d’armi cristiana che dà vita all’ultima
grande crociata e che, dopo la vittoria e cessato il pericolo, è presto
dimenticata; ma, dopo Vienna, in Europa le "campane dei turchi"
tacciono per sempre.
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