Le chiedi
degli indagati al governo? Lei risponde parlando dell’ufficio anticorruzione
del Veneto. Le chiedi del record delle imposte sulla casa? Lei risponde
parlando dello spread. Le chiedi dell’Imu agricola? Lei risponde
parlando delle quote latte. Ogni tanto ci infila dentro qualche
dichiarazione spiazzante, come quando in mezzo al dibattito sulle pensioni
esclama: «Non è vero che gli imprenditori si divertono a licenziare», che è un
po’ come se uno in mezzo alla foresta equatoriale si mettesse a gridare: «Non è
vero che i pinguini sono rossi». Verità indiscutibile, per l’amor del Cielo,
solo appena un filo fuori contesto. Quando proprio non sa come svicolare dalle
domande ricorre alle paroline magiche che evidentemente le hanno fatto imparare
a memoria: «macchina del fango» (anche nella versione civettuola: «macchinetta
del fango»), «linee guida», «questo governo», «80 euro», «le cose fatte». E
soprattutto «Cantone». Dovete sentirla con quanto gusto pronuncia il nome del
magistrato, pensando così di salvare il resto della sua esibizione: un Cantone
per mille cantonate.
Se non avete assistito allo show di Alessandra Moretti l’altra sera da Floris
su La7, beh, avete perso l’occasione di vedere all’opera il concentrato del
renzismo sottovuoto spinto, paradigma perfetto di come il premier intende
trattare gli italiani, cioè da citrulli cui puoi raccontare che gli elefanti
volano, le tasse si abbassano, i sottosegretari si nominano da soli, le monete
crescono sugli alberi e i ministri si dimettono senza che il premier nemmeno lo
sappia. Manuale in tre regole per farci fessi: basta mostrare una bella faccia,
sparare balle impunemente e deviare sempre il discorso da un’altra parte per
non dover mai rispondere nel merito. Bugia e sorrisetto, renzista perfetto.
Se aveste avuto mezz’ora da dedicare alla trasmissione tv avreste avuta piena
consapevolezza di ciò. Alessandra Moretti, già portavoce di Bersani
convertitasi al renzismo dopo un breve passaggio nel cuperlismo, è uno dei
migliori prodotti della batteria Pd per i salotti tv. Per esempio, quando dice
cose false è insuperabile: «Il premier Renzi non ha mai chiesto a Lupi di
dimettersi», oppure «La pressione fiscale è diminuita», oppure «Abbiamo tolto
l’Imu sui terreni agricoli». Sa benissimo che niente di tutto ciò è vero, sa
benissimo che il premier Renzi ha fatto il diavolo a quattro per ottenere le
dimissioni di Lupi, che la pressione fiscale non diminuisce (dati del Documento
di programmazione economica e finanziaria del suo governo) e che l’Imu agricola
l’hanno messa, non tolta (l’unica cosa è che, in extremis, hanno aumentato il
numero dei Comuni esentati, ma c’è una bella differenza tra aumentare le
esenzioni e togliere una tassa…). Ma i dati di fatto non importano: con quella
bella frangetta, due complimenti («Ah Giordano, com’è bravo lei, leggerò il suo
libro») e una smorfia sarebbe in grado di dire che il Veneto confina con
Calabria e Molise. «Guardi Moretti, che non è vero…». «Ma noi abbiamo nominato
Cantone…».
È meravigliosa in questo suo vagare lungo i confini della logica, spesso
oltrepassandoli. La coerenza, si capisce, è un optional assai meno utile dei
suoi orecchini. Per esempio dice per tutta la sera che le questioni per cui
Lupi si è dimesso sono politiche, che non si può dipendere dalla magistratura,
un conto sono gli avvisi di garanzia un conto è la sensibilità istituzionale di
chi ricopre incarichi pubblici e ha ricevuto favori da persone che possono
trarre da lui vantaggio. Poi quando Giorgia Meloni le chiede perché Renzi
quand’era sindaco (incarico pubblico) e ha ricevuto favori (la casa) da chi
poteva trarre da lui vantaggio (Marco Carrai), non ha mostrato la stessa
sensibilità istituzionale, risponde: «Ma la magistratura non ha avuto nulla da
dire…». Ma come? La magistratura? Quindi dobbiamo dipendere dalle toghe? Oppure
no? Insomma: per giudicare sconveniente il comportamento di un politico
dobbiamo aspettare gli avvisi di garanzia o no? Che ne pensi davvero, Moretti?
Lei, ovviamente, non risponde. Se uno prova a insistere lei si spazientisce.
«Oh, insomma, sempre a rinvangare queste cose del passato». In effetti: la
questione della casa di Renzi appartiene al passato, non bisogna più tirarla
fuori. Mica come la questione delle quote latte (che lei tira fuori) o delle
mutande verdi di Cota (che lei tira fuori, con rispetto parlando) o dei
diamanti di Belsito (pur essi citati dalla Moretti con abbondanza di enfasi).
Ma perché la casa di Renzi è «una cosa vecchia» e i diamanti di Belsito o le
quote latte un argomento di attualità? Non provate a chiederlo alla damigella
del Pd, sarebbe inutile. Le hanno fatto credere che si può dire qualsiasi cosa,
basta avere un po’ di fard e una faccia che buca lo schermo. L’unico problema è
che quando lei si è alzata, nel salotto di Floris, e al suo posto si è seduta
l’onorevole Francesca Puglisi, nouvelle vague rampante del Pd da talk show, ci
è venuta quasi la nostalgia. «Le province sono state abolite», ha esordito
infatti l’onorevole Puglisi, impunemente. «Adesso infatti ci sono gli enti
territoriali vasti…». Quindi è cambiato solo il nome? «No, è che c’è bisogno di
qualcuno che spali la neve...». Ecco, a sentire che la neve giustifica il
pasticcio delle province, la Moretti d’improvviso con i suoi Cantoni e le sua
cantonate ci è parsa un gigante. La deriva del sottovuoto renzista,
evidentemente, ci sta preparando al peggio…
Mario
Giordano