Ex funzionario di Frontex: "I trafficanti
avvisano le autorità italiane prima di partire e partono con meno benzina del
necessario: sanno che verranno salvati"
Gli scafisti
che partono dal Nordafrica per traghettare gli immigrati verso le
coste italiane avvertirebbero in anticipo le autorità del nostro Paese, per
sfruttarle come "scialuppe di salvataggio" a chiamata.
La clamorosa
rivelazione arriva da Graham Leese, ex consigliere speciale di Frontex,
ed è stata raccolta tra gli altri dal britannico
The Telegraph.
Il copione è lo stesso di sempre, solo che ora c'è la conferma da parte di una fonte
ufficiale: gli scafisti partono dall'Africa con il loro carico di disperati,
avvertirebbero le autorità italiane e addirittura si preparano al
viaggio imbarcando meno carburante del necessario perché già certi del
"passaggio" che a un certo punto verrà loro garantito dai mezzi della
Marina Militare o della Capitaneria di porto. Che naturalmente non agisce come
un taxi, ma solo mossa da motivi umanitari e da quell'inderogabile legge del
mare che impone il salvataggio di chiunque si trovi in difficoltà.
La Gran
Bretagna, spiega il quotidiano conservatore londinese, dissente dalle
raccomandazioni delle Nazioni Unite, che vorrebbero incrementare le
missioni di soccorso, sostenendo che moltiplicare questo tipo di operazioni
altro non farebbe che spingere sempre più disperati a tentare la sorte in mare,
sicuri a buon diritto che da parte italiana arriverà una mano tesa e un
passaggio per l'Europa.
"Secondo
le mie informazioni le persone che organizzano questi viaggi della speranza -
ha spiegato Leese nell'intervista al Telegraph - Spesso telefonano alle
autorità italiane prima di salpare, avvertendo che i barconi sono già in
rotta per la Penisola. Non imbarcano nemmeno il carburante necessario". Il
funzionario britannico, che ora lavora come consulente su questioni che
riguardano le frontiere e l'immigrazione, spiega che "molti migranti
interrogati una volta in Italia confermano che dopo il varo di Mare Nostrum
gli scafisti libici hanno saputo di poter contare sul dispiegamento di un
numero sempre maggiore di navi impegnate nelle operazioni di soccorso."
Più che
biasimare l'Italia, però, mr Leese punta il dito contro le Nazioni Unite:
"L'Onu ritiene che siamo moralmente obbligati a soccorrere le persone in
pericolo mentre sono in mare. Questa idea però secondo me è molto pericolosa
perché finisce per incoraggiare lo stesso processo a cui si vorrebbe porre
fine. Alcune di queste persone sono disperate, ma la maggior parte è spinta
dalla ricerca di una miglior condizione economica: non dovremmo incoraggiarli a
rischiare la propria vita in mare."
di Giovanni Masini (Giornale)
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