Dalla costruzione alla bonifica,
passando per le forniture idriche ed elettriche e gli interventi di scolarizzazione,
i Comuni di Milano, Roma e Napoli in 7 anni hanno speso una cifra a 8 zeri.
Dare una casa ai nomadi: è il
paradosso che alcune associazioni umanitarie, come Amnesty International,
sognano di far diventare realtà. A spese, va da sè, dei contribuenti italiani.
E chissà che cosa ne pensano i diretti interessati.
In attesa di saperlo, e di conoscere i costi di una politica abitativa che
sposterebbe decine di migliaia di rom da roulotte e baracche in case popolari e
appartamenti condominiali, possiamo fare due conti su quello che costano, oggi,
i campi nomadi in termini di costruzione, attrezzature e manutenzione. Senza
toccare, dunque, l’argomento dei costi sociali e giudiziari che questi
insediamenti comportano sulle comunità circostanti.
Scopriamo così che i cosiddetti “villaggi attrezzati” costano un occhio della
testa: in soldoni, decine di milioni di euro all’anno. A fare qualche conto
hanno provveduto fonti al di sopra di ogni sospetto: le associazioni Berenice,
Compare, Lunaria e OsservAzione, attraverso il rapporto Segregare costa. La
spesa per i campi nomadi a Napoli, Roma e Milano.
La ricerca, limitata ai tre comuni citati e agli anni dal 2005 al 2011, fissa
un totale di spese a carico delle amministrazioni pubbliche superiore ai 100
milioni. Tanto, tantissimo se si pensa che dei 170 mila nomadi presenti in
Italia (più della metà dei quali ha la cittadinanza italiana), quelli che
vivono ancora nei campi sono meno di un quarto del totale, ovvero 40 mila
anime. Di questi, meno della metà vive in baracche, roulotte o container,
all’interno di campi regolari gestiti dalle amministrazioni comunali.
Anche per loro, gli autori del rapporto auspicano un giro di vite con «progetti
di inclusione abitativa, sociale e lavorativa finalizzati alla reale
autonomizzazione dei rom». Qualunque cosa significhi, esperimenti simili sono
già in atto a Milano, Padova, Bologna e Pisa, guarda caso tutte città
amministrate dal centrosinistra.
MILANO. Il rapporto citato è ricco di dettagli sulle spese che
comportano i campi, anche se per quanto riguarda il capoluogo lombardo le cifre
a disposizione sono piuttosto parziali. Gli autori della ricerca - come
riportato nei giorni scorsi dal manifesto - sono riusciti a ottenere
informazioni relative solo ad uno stanziamento di poco più di 2 milioni di euro
che si è aggiunto agli 8,5 milioni del “piano Maroni” per «interventi di
riqualificazione e messa in sicurezza dei campi» ai tempi delle giunte di
centrodestra. Ma con il cambio di bandiera sotto il Duomo, le cose sembrano
peggiorate. La consulta cittadina di rom e sinti se l’è presa con la Giunta
Pisapia per gli «insufficienti» stanziamenti destinati all’inclusione
scolastica, la sospensione dello scuolabus che accompagnava i bambini a scuola
e «il grave abbandono dei campi», cui si aggiungono «gli sgomberi e le
demolizioni».
NAPOLI. Nel capoluogo campano, nei sette anni presi in esame, sono
stati stanziati quasi 18 milioni di euro per l’allestimento dei campi rom, ai
quali vanno aggiunti altri 4,6 milioni per un contratto tra il Comune e una
cooperativa per la realizzazione di uno specifico campo, e altri 3 milioni per
forniture idriche ed elettriche.
ROMA. Nella capitale i campi nomadi sono costati la bellezza di
69.869.486 euro. Una montagna di soldi. La fetta più grande (quasi 20 milioni,
cui ne vanno aggiunti 12,6 per investimenti vari) è stata spesa per la gestione
ordinaria. Gli interventi dell’Ama (la municipalizzata che si occupa dei
rifiuti) sono costati 9,4 milioni, quelli per la bonifica delle aree 8,1; altri
6,5 milioni sono serviti a pagare lavori di manutenzione e 2,4 servizi vari a
sostegno delle famiglie rom. Per gli interventi di scolarizzazione, infine, il
Campidoglio ha speso poco più di 9 milioni di euro.
Andrea Accorsi
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