Via le bandiere di partito, da oggi gli
indipendentisti parlano una sola lingua: Veneto Decida. Un
comitato pro referendum, nato a luglio ma formalizzatosi ieri a Grisignano, che
raccoglie dentro di sé le anime storiche del sentimento indipendentista veneto:
gli acerrimi nemici Indipendenza Veneta e Veneto Stato, ma anche Futuro
Popolare Veneto di Stefano Valdegamberi, Veneto Stato Europa, Europa
Veneta, Liga Veneta Repubblica. E ancora le organizzazioni storico
culturali come Raixe Venete e la Milizia Veneta.
«Un passo indietro di tutti per uno comune
verso la democrazia» dice Alessio Morosin, tra i fondatori del comitato.
Obiettivo: portare al voto del consiglio regionale del Veneto la proposta di
legge 342 per il referendum d’indipendenza. Proposta rimandata in commissione dai
consiglieri pidiellini che han poi presentato una contro-proposta: apertura del dialogo con Roma per
l’autonomia. Un’idea che il comitato boccia all’unisono. Lo dice per
tutti l’avvocato Luca Azzano Cantarutti, presidente di Indipendenza Veneta
e già membro della commissione giuridica istituita da Zaia: «Parlare di
referendum per l’autonomia non è solo un modo per sviare l’attenzione
sul tema dell’indipendenza, ma anche una perdita di tempo: la Corte
Costituzionale, nel 2000, ha dichiarato l’impossibilità di modifica diretta
dell’articolo 116 della Carta (per intenderci quello che riconosce le regioni a
statuto speciale). Sentenza Mezzanotte – dice Cantarutti – dal nome del suo
relatore».
Indipendenza e solo indipendenza, quindi. E senza politica: «Il comitato
ha un suo simbolo, ma non è chiuso all’interno di nessun cerchio –
spiega Morosin -. Vogliamo esser chiari: non ci interessano le europee né
politiche, qui si parla solo del diritto di un popolo di scegliere se diventare
indipendente o meno». Una visione che non solo ha portato ad unire i simboli
indipendentisti intorno ad un tavolo (tanti i precedenti tentativi: I Veneti,
Forum dei Veneti, Casa dei Veneti etc), ma che ha raccolto anche
il favore – in breve tempo – di oltre 130 comuni e due province. Segno
tangibile che qualcosa, in Veneto, sta cambiando. A conferma è arrivato
l’invito alla conferenza organizzata dall’associazione Apindustria Vicenza
sul tema “Delocalizzazione o indipendenza”, cui parteciperanno come relatori
molti aderenti del comitato come Valdegamberi: «Non è stata una nostra
iniziativa – chiarisce lui – ma una volontà specifica dei giovani industriali
di Vicenza di dibattere sul tema». «L’ulteriore conferma che la questione è più
calda che mai – aggiungono dal comitato – fino a qualche anno fa ci saremmo
sognati un’iniziativa del genere».
E che il tema sia scottante lo
chiariscono i sondaggi, che segnano un favore verso l’indipendenza mai
inferiore al 60%. Dati che certamente iunfluenzano la politica veneta, oggi
puzzle confuso su una scacchiera che lentamente prende forma. E che il
governatore seguirebbe da vicino. Morosin esclude la possibilità che il
comitato guardi alle prossime regionali («Spero signorina che lei sia andata a
votare nel 2010 – mi risponde – perché la prossima volta che tornerà alle urne
il sigillo sulla scheda sarà quello della Repubblica Veneta»), ma che non può
escludere l’inverso: l’attenzione di Zaia per il comitato,
per le prossime regionali. E infatti il suo nome viene ufficialmente presentato
tra i sostenitori di Veneto Decida: «A titolo personale» chiariscono i soci,
«ma non fondatore» ribattono dalla Regione. La verità è a verbale,
ma non è tanto importante quanto il risultato di un’eventuale convergenza tra
il neonato comitato e il partito leghista a guida trevigiana. Quest’ultimo il
riferimento istituzionale necessario per paragonare il percorso Veneto a quello
di Scozia, Catalunya, Montenegro o Fiandre. Il primo, invece, il “contenitore
anche elettorale” di riferimento per il popolo indipendentista.
Partitico no, ma di scopo si. Per una nuova politica in un nuovo Stato.
di Francesca Carrarini (Intraprendente)
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