Gianni Cuperlo. Viso dai tratti decisi, una manciata di rughe
d’espressione, un sorriso che un po’ non scordi e la pettinatura di chi ha
sotto controllo anche il singolo capello. Non è uno spettinato, Cuperlo, in
niente. Occhi di ghiaccio e nessun carisma. Gianni Cuperlo è uno che
pare emanare statalismo, uno che sembra arrivare da un mondo differente,
quello che non vuole abbandonare e che col 2013 non ha nessun collegamento, se
non l’animo di alcuni irriducibili.
Trasuda nostalgia, lui che ha la certezza di
detenere delle verità, presunzione che francamente fa paura masticata da
chiunque. Il candidato alle primarie sinistrorse può dirsi la fotografia
ufficiale del Pd, che annuncia rinnovamento e ripropone Finocchiaro
e D’Alema e Veltroni e Bindi in ogni salsa possibile. L’apparato
che indica Silvio Berluscono & Co. come vecchia politica ma che c’è da ben
prima di Tangentopoli. Professano novità e purezza, due cose che si
cuciono male a trent’anni di potere e passeggiate politici. Ecco, Cuperlo si
dice volto nuovo, poco d’apparato. Che poi i big democratici lo appoggino in
blocco pare essere più un caso che un processo naturale e inevitabile, se si
ascolta lui. Sono bugie. Il Gianni è deputato piddino dal 2006,
presidente del Centro studi del partito che vuol guidare e membro della
sua direzione. In curriculum vanta l’esser stato segretario nazionale delle Federazione
Giovanile Comunista Italiana, nonché della Sinistra Giovanile.
È stato cuore dirigenziale del Partito Democratico
della Sinistra e, per non farsi mancare nulla, parte della segreteria
nazionale dei DS. È un professore, cosa che dopo Monti ci spaventa ma,
seriamente, è l’apparato. Risulta perciò ridicolo che in un’intervista video
abbia ribadito che lui in politica è vergine, rispetto al suo competitor Matteo
Renzi. Il coraggio sfacciato dei politici scafati, è quello che porta
Gianni ad dichiarare l’indichiarabile. Lui che non una volta ha aperto alle imprese,
agli imprenditori. Che non rilancia una politica economica liberale, o
vagamente meno iniqua. Uno che, mettilo a guidare il Nord, e finisce il
lavoro iniziato dai suoi colleghi, uccidendolo. La politica di Gianni Cuperlo,
appoggiato da chi ha dichiarato sino ad oggi di disprezzare (o perlomeno
guardare con sospetto) la borghesia (per non parlare dei ricchi, che si leggono
mercato e denaro dalle nostre parti), non può discendente diretta del tassa
e spendi. Niente taglia alla spesa pubblica, niente riforme
sostanziali, allora no, non mettere un Cuperlo al Nord. Non metterlo neanche a
Roma e neppure nel Pd.
di Federica Dato (L'Intraprendente)
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