Oggi siamo un’Euroregione “Senza
Confini”. Veneto, Friuli Venezia Giulia, Carinzia, e guardando al
futuro anche Slovenia e Istria, con il nostro Gruppo Europeo di cooperazione
territoriale (Gect) a cui abbiamo dato vita hanno straordinarie
possibilità di sviluppo.
Ricordare oggi questa
realtà e i suoi scenari potenziali è tra gli omaggi più singolari, quanto
stimolanti, che si possano fare a quelle genti che 95 anni or sono vedevano
concludersi il primo conflitto mondiale tra lutti e dolorose ferite impresse
nei corpi, nella mente come nel territorio. Novantacinque anni or sono, Veneto,
Friuli Venezia Giulia, Carinzia con paesi e campagne devastate e distrutte,
abitanti di intere cittadine costretti al profugato, soldati internati in campi
di prigionia: quando si parla di Grande Guerra in Italia si guarda alle
montagne vicentine, al Carso, al Piave, ci si dimentica Kobarid, Caporetto oggi
in Slovenia, all’incrocio tra la vallata dell’Isonzo e del Natisone lungo
l’antica strada che unisce Friuli alla Carinzia; non si pensa al fronte
carinziano, che pure fu teatro di sanguinose e laceranti vicende, di quella
parte di guerra non a caso trascurata non solo dalla propaganda italiana
post-bellica. Come nel Sud Tirolo, come in Trentino anche tra Carinzia e Friuli
la memoria dei combattenti nell’esercito austro-ungarico come delle genti
costrette a fuggire (ne sanno qualcosa ancor oggi nell’Altipiano di Asiago) fu
soffocata ed il ricordo di quella guerra combattuta a difesa delle proprie
case, fu a lungo nascosto al pari dell’oblio colpevole con cui si vollero
celare i veri responsabili dello sfondamento di Caporetto, tra i quali spicca
quel Badoglio che ritroveremo, non poco sprezzante, a Villa Giusti a Padova a
sottoscrivere l’armistizio del 3 novembre 1918.
Sono passati 95 anni e il tempo ha
curato molte ferite, che solamente la retorica patriottarda, anche di
recente rispolverata, non è capace di superare. I 95 anni che ci separano
dall’armistizio di Villa Giusti oggi ci stanno presentando opportunità
eccezionali: quella grande euroregione dove si combatté un’aspra guerra,
la guerra dell’ “inutile strage”, è ora il terminal dell’asse
Baltico-Adriatico, che, come ribadì nell’ottobre scorso la
Commissione Europea è “uno dei più importanti assi stradali e ferroviari
transeuropei che collega il Mar Baltico al Mare Adriatico attraversando zone
industrializzate che vanno dalla Polonia meridionale (Slesia superiore) a
Vienna e Bratislava, alla Regione delle Alpi orientali e all'Italia
settentrionale”. Proprio nella nostra Euroregione il Corridoio Adriatico
Baltico intercetterà il Corridoio Mediterraneo che, con le parole della Commissione,
“collega la Penisola iberica con il confine ungro-ucraino costeggiando il
litorale mediterraneo della Spagna e della Francia per poi attraversare le Alpi
nell'Italia settentrionale in direzione est, toccando la costa adriatica in
Slovenia e Croazia, e proseguire verso l'Ungheria”.
I nostri porti, da Chioggia a Venezia,
Monfalcone, Trieste, Capodistria, Pola, Fiume, saranno l’hub and spoke
del corridoio Adriatico e delle rotte verso il mar Nero e in
direzione del nuovo Suez mentre contestualmente il nostro
territorio sarà interconnettore ideale dei gasdotti Tap (Trans Adriatic
Pipeline) e Itgi (Interconnector Turkey-Greece-Italy) che rientrano nei
programmi strategici voluti dall’Unione Europea.
Questo scenario futuro apre al nostro
territorio e alle nostre regioni straordinarie opportunità: da un lato,
grazie all’asse del Brennero, si vede rafforzato lo storico legame con il
centro-Europa, dall’altro, appunto attraverso la Carinzia e la Slovenia, ci si
proietta non solo su Monaco ma anche verso Vienna e l’Europa dell’Est.
Immaginiamo cosa significa per il
tessuto della nostra piccola e media industria, per tutta la nostra
economia, questa realtà che si va profilando con occasioni concrete.
Tra i tanti motivi che abbiamo per
giocare al meglio le carte che abbiamo in mano, ad iniziare dal dare un futuro
al lavoro e al benessere dei nostri figli, non dimentichiamo il debito,
se non altro morale, che abbiamo verso quei “santi Maledetti”, per dirla con
Malaparte, e non solo i soldati, ma anche le genti più umili, che sotto questa
o quell’altra bandiera, soffrirono in maniera indicibile una guerra di
certo da loro non voluta, che sconvolse i nostri territori, dove oggi è nato il
Gect dell’Euroregione “Senza Confini”.
Roberto
Ciambetti, assessore Regione Veneto
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