Campi nomadi, palazzi occupati, discariche e
immigrati. Nelle zone a rischio si può perdere il 50% del valore.
I flash e le
telecamere si accendono sulle periferie di Roma e di Milano dopo anni di silenzio.
Ma inquadrano soltanto la punta di un iceberg.
Tor
Sapienza, o il Corvetto, raccontano la storia di quegli angoli di città
scomparsi dai radar dei media fino a che la bomba non è esplosa.
È evidente:
il sonno della politica genera mostri e mina la convivenza civile. Il razzismo
non c'entra, semmai è un luogo comune per chi non vuole affrontare i problemi.
Campi nomadi come favelas da terzo mondo, occupazioni indisturbate di alloggi
popolari, concentrazioni abnormi di immigrati che si trasformano in bacino
prediletto dalla criminalità, centri d'accoglienza per profughi o presunti tali
fatti piovere dall'alto in barba a qualsiasi valutazione di buon senso. A
pagarne le spese, ancora una volta, è quel ceto medio che nell'acquisto di una
casa ha messo tutti i propri risparmi, i sacrifici di una vita. E il mattone,
da bene rifugio per eccellenza, nelle zone «calde» ostaggio dell'illegalità si
è ridotto a un bene che di valore ne ha ormai ben poco e non rappresenta più
alcun rifugio dal degrado circostante.
Incrociando
le tabelle del mercato immobiliare si scopre che svalutazioni del 10-15 per
cento nel giro di un anno sono la regola, ma ci sono casi fin troppo frequenti
in cui l'invasione di rom ed extracomunitari irregolari ha praticamente
dimezzato il patrimonio racchiuso nelle pareti domestiche. Il nostro viaggio
per le strade di Milano, Roma e Napoli evidenzia le tante facce di questo
paradosso. Com'è possibile che a un quarto d'ora di metropolitana dal Duomo un
trilocale di 90 metri quadrati valga oggi il 15 per cento in meno rispetto a
sette anni fa? Intanto nella capitale il settore chiave dell'edilizia è avvolto
in una spirale di impoverimento che sembra senza via d'uscita. Prendete il
quartiere Tiburtino, ad esempio. È «bastata» l'occupazione di un edificio da
parte di centocinquanta famiglie di disperati per far crollare il valore degli
appartamenti e dei locali commerciali dell'intera zona.
Nell'indifferenza
delle istituzioni le «criticità» si moltiplicano e si stratificano. A Scampia,
già stretta nella morsa della camorra, per i residenti si è aggiunto un altro
girone infernale: la mega baraccopoli di via Cupa Perillo con i roghi continui
di rifiuti speciali e materiali tossici. A Napoli l'aria è diventata
irrespirabile, e il concetto ha smesso di essere un modo di dire. Una casa
«sotto assedio», da quelle parti, costa mille euro al metro quadrato ma sul
mercato ne vale la metà. Ammesso che vi sia, un mercato. Nel secondo semestre
del 2014 gli agenti immobiliari hanno previsto un'ulteriore caduta dei prezzi
del 10 per cento. E non è l'unica emergenza, dato che a rischio c'è persino la
salute. Certo, qualcuno si è salvato. Per i pochi privilegiati che abitano nei
centri storici o in zone di pregio la flessione è stata quasi impercettibile.
Tutti gli altri cercano una via di fuga: vendere a prezzi decenti in certi
contesti è un'utopia. E non c'è niente di peggio che sentirsi prigionieri (e
più poveri) a casa propria.
di Giacomo Susca (Giornale)
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