Dalla tangentopoli abruzzese alle figuracce di
democratici e alfaniani.
«Contro di
me si è messa in moto la macchina del fango». Tempo qualche ora ed è spuntata
anche per Massimo Cialente, sindaco dell'Aquila travolta dalle mazzette
(presunte), l'infallibile alibi della «macchina del fango».
Riassunto:
otto persone finiscono indagate, quattro agli arresti, nei guai anche il
vicesindaco del capoluogo abruzzese Roberto Riga, fedelissimo di Cialente,
nell'ambito dell'inchiesta «Do ut des» sulle tangenti del dopo terremoto a
L'Aquila. Si scoprono particolari raccapriccianti, tra cui un'intercettazione
dove l'ex assessore alle Opere pubbliche della giunta Cialente dice al telefono
con un amico architetto: «Il terremoto è un colpo di culo, se non fai i soldi
mo'...». Persone, uffici, linee di comando che il sindaco non poteva ignorare
se non colpevolmente, come responsabile del governo cittadino. Al quadretto si
aggiunge poi la vicenda scoperta dal Tempo. La cognata del sindaco Cialente
aveva comprato una casa nel 2004 per 180 mila euro, e dopo il terremoto ha
ottenuto un rimborso di 547mila euro, quasi il triplo. Cialente (non indagato)
dopo qualche giorno di resistenza si dimette, ma per colpa di chi soprattutto?
Della «macchina del fango». I giornali vicini al centrosinistra, peraltro,
raccontano la vicenda senza attribuire lo scandalo ad una parte politica, in
questo caso una cricca legata al centrosinistra locale (non solo Pd, anche
Udeur e Api). Repubblica gli dedica una pagina intera senza citare il Pd e
punta i riflettori su altro: «Le casette promesse da Berlusconi sono costate il
158 per cento in più del prezzo di mercato». E come per magia il colpevole (o
almeno indiziato) sparisce.
In altri
casi l'appartenenza politica conta, e viene evidenziata, anche quando è
temporalmente scaduta. Come in quello della De Girolamo, ministra lettiana
(quota Ncd) dell'Agricoltura, finita sotto tiro per la vicenda degli appalti
all'Asl di Benevento e le sue pressioni per un intervento coi vertici dell'Asl,
rivelato da una registrazione abusiva. Dopo qualche giorno di affinamento in
botte la vicenda è deflagrata sui giornali, con dovizia di turpiloquio, quello
della De Girolamo nella conversazione domestica rubata da un manager (indagato)
per vendetta («Mandagli i controlli e vaffanculo!») e l'sms a Mastella: «Sei
una merda». Guerre di potere, sconfinamenti impropri (specie al Sud) della
politica in campi dove dovrebbe tenersi a debita distanza, come la sanità.
Repubblica però in questa vicenda ci legge «la prova definitiva» di un'altra
verità: che «la bellezza berlusconiana è sempre stata una menzogna». L'origine
di tutti i mali. Colpa d'altri anche per Alessia Morani, la sottosegretaria renziana
alla Giustizia, fattasi notare per una caviglia tatuata molto aggressive e, a
Ballarò, per un eloquio non proprio sciolto. Libero ha fatto notare la
performance dialettica non eccezionale della Morani, riportando ampi stralci
della sua ospitata già ribattezzata su internet «la supercazzola della Morani»:
«Io credo che questo anno incredibile bisogna metterci un punto e il Pd di
Renzi vuole mettere un punto a questa prassi di incertezza, di confusione, di
sfiducia (...). Il timing che abbiamo dato, serrato, che qualcuno lo vive in
maniera se volete anche sbagliata pensando che questo nostro pressing sulla
maggioranza possa essere un pressing che voglia metterla in difficoltà è tutto
il contrario». Il Corriere la interpella e lei spiega che non era poco chiara,
è che la dipingono così: «Noi renziani dobbiamo abituarci ai giornalisti di
parte, di destra, pagati per infangarci, per demolire subito il nuovo che
nasce, che cresce». La macchina della supercazzola.
di Paolo Bracalini (Giornale)
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