Inneggiava al tricolore, ora parla di autodeterminazione. E sulla moneta unica è arrivato a chiederne l’uscita per poi proporre gli
eurobond.
Evviva, Beppe Grillo vuole la
secessione. Meno male, Grillo difende il tricolore. Evvai, il Movimento 5
Stelle vuole abbandonare l’Euro. Per fortuna che il M5S difende la
permanenza dell’Italia nella moneta unica. Non è un delirio giornalistico
ma la presa d'atto delle mille giravolte che l’ex comico ligure ha fatto su due
tra i principali dossier sui tavoli di tutti i leader europei.
Il principio di autodeterminazione, la possibilità di autogovernarsi e di
decidere autonomamente del proprio futuro e del proprio destino, il diritto
internazionale che, prevalendo su quello nazionale, giustifica e legittima le
aspirazioni dei popoli all'indipendenza da Stati che non sentono più come
propri sono temi che stanno appassionando, o parallelamente terrorizzando,
le cancellerie di mezza europa, dall’Inghilterra alla Spagna. L’esempio di
quello che sta succedendo in Scozia o in Catalunya sta facendo scuola anche in
altre nazioni che aspirano ad uno Stato proprio, a cominciare dal Veneto.
Una questione non secondaria, che può portare a ridisegnare in toto l'attuate
Europa. Così come non è certo un dibattito accademico da farsi solo nelle aule
universitarie decidere se dopo essere entrati nel sistema della moneta unica
occorre sposarlo per l'eternità oppure è possibile lavorare per un
ritorno a valute nazionali. Siamo di fronte a due temi che sicuramente saranno
centrali alle prossime elezioni europee del 25 maggio. Due argomenti che
peseranno nelle valutazioni di milioni di cittadini che si recheranno alle
urne, nel nostro Paese così come negli altri Stati europei. Due questioni che
come spesso succede il partito di Beppe Grillo sta affrontando con
superficialità e demagogia. Guardando i sondaggi o cercando di
interpretare i sentimenti della rete, senza progetti e senza un minimo di
coerenza. Come dimostrano le infinite giravolte e dichiarazioni
contraddittorie che negli anni il comico ci ha propinato.
Già perché se negli ultimi giorni il leader del M5S ha mostrato una certa
sensibilità per il tema dell'indipendenza, delle macroregioni e della
possibilità più che concreta di una disarticolazione dello Stato italiano, nei
mesi e negli anni passati, invece, si era schierato decisamente contro
qualsiasi ipotesi di cambiamento. Solo a settembre dell'anno scorso 12
deputati grillini occuparono il tetto di Montecitorio per protestare contro il
tentativo di istituire un Comitato parlamentare per le riforme che avrebbe
dovuto redigere i provvedimenti per cambiare la Costituzione. Enrico
Letta aveva promesso una riforma della Costituzione in 18 mesi ma l’art. 138
(che obbliga ad un doppio passaggio nelle Camere e permette un referendum in
caso di una maggioranza in aula inferiore ai due terzi) fa a botte con la
velocità. Per questo era necessario un percorso più agile ma i grillini, al di
là del merito delle riforme, semplicemente difendevano lo status quo. La
Costituzione non si cambia. Punto e basta. Idea coerente con quanto
esposto da Grillo nel suo blog il 14 settembre del 2010, il giorno in cui la
Lega Nord si ritrovava a Venezia. Alcuni militanti cinque Stelle erano stati
fermati dalla polizia perché cercavano di infilarsi all’interno della kermesse
leghista sventolando tricolori e cercando di provocare i sostenitori del
Carroccio. Grillo era rimasto scandalizzato: «Esibire il Tricolore è una
provocazione, si rischia il linciaggio. Italiani che si credono padani (mai
esistiti nella penisola) che combattono italiani che si credono italiani, sarà
il caso di capire le cause di questa follia prima che sia troppo tardi.
L’Italia è l’unico Paese della Terra in cui può essere sconsigliabile girare
con la bandiera italiana. Un simbolo senza pace, ma che ci rappresenta ancora
come popolo e come Istituzioni... Il federalismo... chiedete a una persona
qualunque, un amico, un parente, in cosa consiste? I piemontesi sono
piemontesi, i lombardi sono lombardi e i veneti sono veneti e, ognuno di loro,
è anche italiano». Insomma, non il pensiero di chi crede nella secessione o nel
principio dell’autodeterminazione. Ma le parole e i pensieri di Grillo,
proprio come un tricolore appeso ad un pennone, cambiano in base al vento. O
alle parole di Napolitano. Siamo a ottobre dell'anno successivo. Il Capo dello
Stato delizia il Paese con un’altra delle sue sparate contro la voglia di
indipendenza dei popoli della penisola. Grillo, per puro spirito di
contrapposizione, lo attacca: «L’Unità d’Italia è avvenuta con una feroce
guerra di occupazione del Sud da parte dell’esercito sabaudo con un milione di
morti e milioni di emigranti. La cassa dei Borboni, uno Stato legittimo, venne
trasferita a Torino. Le mafie si svilupparono dopo l’Unità. Perché Napolitano
non lo ricorda? L'annessione del Sud avvenne nel sangue di patrioti chiamati
briganti. E’ Storia, forse è meglio ricordarla se vogliamo veramente guardare
avanti».
Parla, ma non fa. Comizia, ma non agisce. Come sull’Euro, dove i suoi balletti
sono continui. Ad aprile del 2012 Grillo scrive sul suo blog: «Quando si
mette in discussione l’euro, la reazione indignata e corale è “Non possiamo
uscire dall'Europa”, come se l’Europa si identificasse con l’euro. Si può
rimanere tranquillamente nella Ue senza rinunciare alla propria moneta».
Concetto ribadito durante lo tsunami tour, in vista delle politiche dell’anno
scorso. A fine febbraio però, subito dopo il successo elettorale. Mauro
Gallegati, professore di economia ad Ancona e consigliere economico del comico
genovese (ora probabile candidato nelle liste di estrema sinistra alle
europee), intervistato da Stefano Feltri per il Fatto Quotidiano, smentisce
tutto: «Non ho capito come si è diffusa questa idea. Uscire dall’euro vuol dire
impoverire la nazione di almeno il 30% da un giorno all’altro. Non gli ho mai
sentito dire una cosa simile. La sua posizione è più del tipo: “Invece che calare
tutto dall’alto, meglio farlo maturare dal basso”». Ulteriore cambio di
direzione nell'intervista rilasciata a giugno direttamente da Grillo al più
importante quotidiano svizzero, TagesAnzeiger. «L’Europa - affermava - è
stata fondata sul principio di sussidiarietà, ma la Grecia è stata abbandonata.
L’Ue è solo un motore della Germania. L’Italia è il terzo finanziatore di
Bruxelles, ed ha il diritto di esprimere le sue posizioni, per esempio
sull’immigrazione, senza timori di essere definiti fascisti o razzisti (e anche
su questo argomento non si contano più le giravolte dei grillini, ndr). Non si
può lasciare da solo il nostro paese su questo tema». Pochi giorni dopo uno
studio di una settantina di pagina elaborato da un gruppo denominato Economia 5
Stelle, composto anche da parlamentari grillini, spiegava, tra le altre cose,
il senso dell’uscita dalla moneta unica. In piena estate, ennesima
giravolta. Intervistato da Stephan Faris di Bloomberg Businessweek, l'ex
comico indicava come una priorità la rinegoziazione del debito ma evita di
rispondere sul voto nel caso di referendum sull’euro. Al VDay di Genova,
a dicembre, Grillo ricambia idea e si dice favorevole ad un referendum per
l’uscita dall’euro. Contemporaneamente però propone l’istituzione di eurobond,
che presuppongono una moneta unica. Il dubbio è che con Grillo si possa
percorrere un percorso assieme solo nei giorni pari. Perché in quelli dispari
dice esattamente l’opposto.
Di Igor Iezzi
Nessun commento:
Posta un commento