Gli stranieri nella regione sono circa mezzo milione e
il 20% è senza lavoro.
Il Veneto
leghista pagherà il rimpatrio degli immigrati rimasti senza lavoro. Di chi,
arrivato nell’ex ricco Nordest con la prospettiva di un’occupazione e di una
vita dignitosa, per colpa della crisi e della chiusura di migliaia di piccole e
medie aziende si è ritrovato senza impiego e senza prospettive. Gli stranieri
residenti nella regione governata da Luca Zaia sono circa 500 mila, un decimo
della popolazione. L’immigrazione contribuisce al 6 per cento del prodotto
interno lordo regionale. I posti di lavoro però sono sempre meno e anche quegli
immigrati che erano riusciti a inserirsi nel tessuto sociale, oggi si ritrovano
nuovamente ai margini: in Veneto la disoccupazione straniera ha raggiunto il 23
per cento. Vien da sé che la situazione, pur in una delle regioni più
accoglienti d’Italia sul fronte dell’immigrazione, sta diventando molto
complicata da gestire. Ecco dunque che Zaia rispolvera il vecchio adagio
leghista «aiutiamoli a casa loro» e mette sul piatto 650 mila euro, cifra che,
assicura il governatore, arriverà al milione prima dell’approvazione definitiva
del bilancio. Parte di questa somma, secondo la nuova legge sull’immigrazione
che andrà a sostituire il testo del 1990, sarà destinata ai rimpatri. Il piano
è stato concordato con le associazioni che fanno parte della Consulta regionale
per l’immigrazione. Zaia ha la delega ai Flussi migratori dopo la bufera che la
scorsa estate si era abbattuta sul compagno di partito, Daniele Stival, secondo
cui il paragone di Roberto Calderoli tra Cècile Kyenge e l’orango sarebbe stato
offensivo per quest’ultimo.
Zaia parla
di una vera e propria «emergenza dettata dalla disoccupazione e
dall’impossibilità da parte degli immigrati di tornare a casa». Il leghista,
che respinge al mittente le puntuali accuse di razzismo avanzate da alcuni
esponenti di sinistra, sta mettendo a punto un piano «per riportare le persone
là dove hanno le loro famiglie, i loro affetti e le loro piccole proprietà».
Nel fondo destinato ai rimpatri rientreranno anche i prestiti d’onore, ossia
piccole somme di denaro che la Regione Veneto sta pensando di destinare a
quegli stranieri che, imparato un mestiere nelle fabbriche e nei campi del
Nordest, vogliano provare ad aprire attività in patria. Questo, fa sapere il
governatore, sarà anche un modo per combattere l’immigrazione clandestina, per
evitare che le persone rimpatriate, dopo pochi mesi tornino in Italia. La
proposta però non piace alla Caritas di Venezia. Il direttore, don Dino
Pistolato, dice che lo scenario dei rimpatri torna di moda ciclicamente e che
finora ha sempre fallito. La Caritas boccia anche i prestiti d’onore. «Che
allora ci presentino loro una soluzione attuabile» replica l’assessore
regionale al Lavoro, Elena Donazzan (Pdl Fi-Veneto). «Il progetto della nostra
giunta punta sia al rispetto della dignità degli immigrati sia a quel “prima i
veneti” scelto da Zaia in campagna elettorale e che non è soltanto uno slogan.
Venerdì presentiamo i dati relativi al mercato del lavoro. Nel 2013 in Veneto i
fallimenti sono stati 10 mila, 2 mila in più rispetto al 2012. È chiaro» conclude
Donazzan «che non c’è più posto per tutti. La situazione è drammatica, bisogna
intervenire con delle azioni concrete».
Il progetto
della giunta Zaia è stato reso noto nei giorni in cui il governo spagnolo ha
rilanciato il “programma di ritorno volontario” per tentare di limitare il
fenomeno dell’immigrazione clandestina. Madrid, dopo l’esperienza dello scorso
anno che ha riguardato 246 stranieri, ha di nuovo offerto 350 euro a ciascun
immigrato che deciderà di fare ritorno nella terra di origine. Le situazioni
più delicate riguardano le enclavi marocchine di Ceuta e Melilla. Il governo di
Madrid ha sottolineato che elargire una somma di questo tipo significa «mettere
gli immigrati nelle condizioni di poter affrontare al meglio la vita nei loro
Paesi, dove il reddito pro capite è bassissimo». Il Veneto prova a seguire
l’esempio.
di
Alessandro Gonzato
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