Luca Zaia,
governatore veneto, la saggezza pop dice che nel cuore d’ogni veneto ghe xè on
Leon, miga on cojon. Da oggi da oggi on line fino al 21 marzo -giorno dello
spoglio in piazza dei Signori a Treviso- c’è il «Plebiscito per l’Indipendenza
del veneto».
«Eviterei le domande: va a votare? O Cosa ne pensa del Plebiscito?».
E allora, perdoni, cosa le chiedo?
«Per carità, ben venga il Plebiscito, è la terza o quarta volta che si tenta di
farlo; e solo la Lega ha raccolto nei gazebo 100mila firme. Ma è l’iniziativa
di un partito che si chiama appunto “Plebiscito 2013”, costola di un altro
partito , “Indipendenza veneta”. Bisogna fare delle riflessioni. Il sospetto è
che la gente voglia l’indipendenza perché, strangolata dalla crisi chiede
tassazioni più basse, mi piacerebbe che pensassero all’indipendenza come
movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia»
Diciamolo: dovevate votare l’indipendenza in Consiglio regionale, ma
c’eravate solo voi 20 leghisti e pochi altri. Ed è saltato.
«Tecnicamente per fare un referendum sul tema ci vuole una legge regionale, e
un Consiglio che voti la legge; l’anno scorso non la votò e la fece tornare in
commissione, perché quella legge non aveva la maggioranza e non sarebbe
passata».
Ma sarebbe stata comunque incostituzionale: «La Repubblica è una e
indivisibile», articolo 5 della sacra Carta...
«Vero, però il diritto di autodeterminazione e il diritto internazionale ci
danno ragione, e noi avremmo fatto volentieri scoppiare il dibattito sul
referendum. Ma, fosse stato fatto così, da qualcuno per vezzo, non avrebbe
avuto efficacia giuridica. La verità è che è importantissimo seguire quel che
avviene in Catalogna».
In Catalogna? Intende al referendum omologo di Artur Mas?
«Sì, loro sono avantissimo: dobbiamo capire se sull’indipendenza riescono ad
aprirci un varco. La loro deadline è il 9 novembre 2014. Se l’indipendenza la
ottiene Barcellona, seguendo il loro metodo potrebbe ottenerla Venezia».
Il premier Renzi si è espressamente dichiarato per il contro-referendum.
«Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al
Luna Park. Ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende
dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma. Matteo l’ha detto
chiaramente di non credere alle regioni, anzi fosse per lui le abolirebbe. É un
neocentralista che ha un ideale di sviluppo fordista; noi siamo quelli del
distretto industriale diffuso. Fosse per Renzi la Bavaria industriale autonoma
non esisterebbe. Lui giustifica questa cosa affermando che “ci sono regioni non
virtuose”; io rispondo: “ma scusa, perché non punisci quelle?”. La verità è che
ci vogliono le palle».
Una visione testicolare della politica che richiama la Lega bossiana, e un
po’ i toni odierni del suo segretario Salvini, oserei...
«Salvini sta facendo un buon lavoro. Ma è Renzi che deve avere il coraggio di
dire: che metà d’Italia -il sud- è tecnicamente fallita, e bisogna mandare i
curatori fallimentari. Vendere le auto blu non risolve il problema, e neanche
tassare le rendite finanziarie; è vero che in Germania le aliquote sono al 26%,
ma lì hanno la pressione fiscale al 46% , da noi è al 68%..».
Però il governo, oggi, lavora in direzione opposta al federalismo come lo
volevate voi (che, tra l’altro non ebbe un gran successo). La trasformazione
del Senato è diversa dal modello di Miglio, la cancellazione del titolo V° non
ne parliamo.
«Guardi, il Veneto è la regione più identitaria d’Italia: 7 persone su 10,
trasversalmente pensano e parlano in Veneto. Il federalismo, per noi, era un
passaggio obbligatorio, una forma di educazione. Abbiamo bussato alla parta con
i fiori in mano, ci siamo puliti i piedi sullo zerbino, ma non ci hanno aperto.
A ’sto punto, la porta noi la sfondiamo. Ormai siamo al Big bang delle
istituzioni, le rivoluzioni nascono dalla fame; e ci siamo, alla fame. Il
Veneto può scappare. Perchè siamo incazzati: abbiamo perso 85mila posti di
lavoro, siamo quelli che ogni anno lasciano a Roma 21 miliardi di tasse, e ci
ignorano...».
Però, ora, guarda caso, il ritorno ai regionalismi tentano di cavalcarlo in
molti. Grillo, per dire, evoca la «Repubblica di Venezia», roba sua, Zaia. O
no?
«Grillo non si capisce cosa voglia; se vuole l’indipendenza venga a firmare ai
gazebo, ma non penso che i suoi siano d’accordo»
A Treviso, però nell’ex «Zaiastan» il sindaco è renziano del Pd...
«Onore ai vincitori. Ma io non ho problemi nel mio rapporto con gli elettori.
Votano per me ancora 6 su 10. La verità, veda, è che la ricreazione è finita».
Questo lo dice anche Renzi.
«Questo lo tolga...».
di Francesco
Specchia (Libero)
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