Sta
diventando una telenovela, ma state attenti a non chiamarla «Casa Kyenge», perché
Domenico Grispino da Modena, marito del ministro per l’Integrazione Cécile
potrebbe adontarsi: «Io mister Kyenge? Se lo scrive le tiro un calcio nei
maroni» aveva avvertito il cronista. E l’accattivante accento emiliano non era
bastato a smorzare la stizza. Che deve essere cresciuta ieri pomeriggio, quando
la moglie ha inviato alle agenzie questo comunicato: «Le dichiarazioni di
Grispino Domenico (sic, cognome e nome, ndr) sono di sua stretta responsabilità
personale: esprimo il mio rammarico per quanto detto, me ne dissocio
completamente, sottolineando che ogni mia scelta politica e personale è
avvenuta e avviene in completa autonomia e libertà, nel rispetto di
tutti».
Come un
verbale
A parte il linguaggio da verbale dei carabinieri, qual è stata la scintilla per
questo duro attacco al marito? L’intervista rilasciata da Grispino a Libero e
pubblicata ieri sotto il titolo: «Il ricatto del Pd a mia moglie Cécile». Un
articolo in cui l’ingegnere spiegava: «Le hanno fatto firmare un accordo molto
generico per presunte spese elettorali con cui lei si impegna dopo le elezioni
a versare al Pd 34 mila euro. (...) Non c’era alternativa, c’era il fumus del
ricatto (...). Ma quali sono queste spese elettorali? Per i tre mesi di
campagna ho investito io quasi 2 mila euro perché in giro non raccoglieva
niente». Poi aveva definito il Pd «una macchina da soldi».
Ieri
mattina, controllata l’intervista, Grispino aveva spedito una mail al cronista:
«Ho letto l’articolo, non ha riportato nulla di diverso da quanto penso e da
quanto ho detto. È un articolo che nel palazzo creerà molto rumore, ma è giusto
così. In fin dei conti sono state riportate cose che tutti sanno, ma che
nessuno, nel mondo ipocrita della politica ha il coraggio di dire».
La conferma
Nel pomeriggio la doccia fredda della presa di posizione della consorte. Verso
le 16 telefoniamo a Grispino che si è appena svegliato da una pennichella. Gli
domandiamo se abbia letto le dichiarazioni di Kyenge. Si stupisce: «Non so
nulla, Cécile non mi ha detto un casso, non ha mica avuto il coraggio di
telefonarmi». Non è con lei? «No, è a Napoli per una manifestazione con Erri De
Luca e padre Alex Zanotelli». Oggi non l’ha sentita? «Assolutamente no. Ma non
mi chiamerà, tranquillo». L’ha contattata qualcun altro? «Alcuni renziani per
farmi i complimenti. Mia moglie dovrebbe essere contenta: lei sostiene il
sindaco di Firenze e alcune cose che ho detto possono fargli comodo».
«Solo la
verità»
Gli leggiamo il comunicato: «È vero la responsabilità è mia. Si dissocia? È un
italiano che non capisco. Sono frasi alla casso. Ci avranno pensato tutto il
giorno per decidere cosa scrivere e alla fine l’avrà messo giù l’ufficio
stampa. Però mi devono dire se ho detto delle cose false, di quelle devo
rispondere». Sua moglie sembra essersi schierata con il partito: «Lei stia con
chi vuole, io sto con la mia onorabilità. Se avrò le mani libere dovranno avere
paura davvero. Vorrà dire che diventerò famoso e scenderò in politica».
Nessun
timore
Adesso la sua consorte non le chiederà mica il divorzio? «Me lo aspetto, io
sono più intelligente degli altri e anticipo le situazioni. Ma non mi rimangio
niente: certe cose vanno dette. Bisogna spiegarlo che c’è gente in giro che
guadagna 4 mila euro al mese e non ha mai lavorato». Si fermi, altrimenti sua
moglie la butterà fuori casa. «A me non mi sbatte fuori nessuno, perché le case
sono tutte mie».
di Giacomo
Amadori (Libero Quotidiano)
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