La
provocazione: gli immigrati non vengano in Italia. Sarebbe meglio per loro e
per noi.
Siamo
maestri di autodenigrazione, salvo lamentarci se la stampa straniera, prendendo
spunto da quella nazionale, ci piglia sul serio e ci reputa straccioni,
corrotti e corruttori.
Qualche
tempo fa una delle famigerate carrette del mare colò a picco e noi - in
particolare vari politici - ci flagellammo: dovevamo essere più pronti nei
soccorsi, siamo colpevoli, che Dio ci perdoni. Si trascurò di considerare un
fatto che dimostrava la nostra innocenza: il barcone, quando cominciò a essere
in balia delle onde, si trovava nelle acque territoriali di Malta. Le autorità
della Valletta si guardarono bene dall'intervenire. Nonostante questo, ci siamo
addossati responsabilità che non avevamo. Recentemente - alcuni giorni fa -
nuove polemiche a causa degli immigrati. A Lampedusa, un gruppo di poveracci
arrivati nella nostra patria, spinti dall'illusione di abbandonare l'inferno e
di conquistare il paradiso, sono stati denudati, condotti in un cortile delle
strutture cosiddette di prima accoglienza e irrorati con un potente
disinfettante. Sadismo degli inservienti? Disprezzo per i diseredati?
Figuriamoci. Questa gente aveva la scabbia, malattia parassitaria
caratterizzata da eritemi, che provoca un prurito irresistibile alle mani e ai
polsi ed è assai contagiosa, basta un contatto superficiale per beccarsela.
L'unico modo per debellarla è quello adottato dai «torturatori» dell'isola a
sud della Sicilia. Via ogni indumento e avanti con gli spruzzi di sostanze
idonee a neutralizzare il maledetto acaro. Non si poteva agire diversamente.
L'episodio però ha suscitato scandalo e indignazione, incomprensibilmente.
Nell'immediato dopoguerra dilagava la scabbia anche in Italia. Eravamo in
miseria, malnutriti e forse sporchi: nel 60 per cento delle case non c'erano
neppure i servizi igienici. Chi era stato infestato dal parassita veniva
sottoposto allo stesso trattamento subito dagli extracomunitari in questione.
Obbligato a sbiottarsi, offriva il suo corpo piagato all'infermiere affinché
questi provvedesse a cospargerlo di un liquido acconcio. I malati non erano
contenti di simile terapia, ma ben felici di poter guarire.
Perché
allora tanto chiasso attorno agli immigrati curati a Lampedusa con i sistemi
descritti? Siamo in inverno, fa freddo, come si fa a trascinare all'esterno
tanta gente e annaffiarla? Ciò effettivamente fa impressione, ma solo se non si
tiene conto che nell'isola c'erano 18-19 gradi. Tant'è che non risultano casi
di polmonite, bronchite o roba simile. D'altronde la scelta era fra tenersi la
scabbia - con quel che comportava, compresa una diffusione incontrollabile
della malattia - e l'accettazione di qualche spruzzo provvidenziale
sull'epidermide. Chiunque sa che conviene patire un brivido per alcuni minuti
che il tormento persistente cagionato dall'acaro.
Non fosse stata sufficiente questa gratuita polemica, subito dopo ne è
scoppiata una seconda altrettanto gratuita. L'accoglienza riservata ai migranti,
secondo alcuni di essi e non pochi commentatori nostrani, merita di essere
censurata e giustifica proteste clamorose. Anche qui abbiamo da obiettare. Non
è facile ospitare a Lampedusa centinaia di persone che quotidianamente vi
sbarcano in condizioni pietose. Si fa quel che si può. Ci si arrangia. Se una
quantità sterminata di persone lascia il Terzo mondo per venire qui, ci sarà
pure una ragione. Probabilmente, più che una ragione è una speranza. Quando
tale speranza si rivela poi un abbaglio, c'è un solo rimedio: non la
ribellione, ma la rinuncia a raggiungere la nostra terra. Se meno disperati
optassero per l'Italia, meglio sarebbe per loro e per noi. Siamo brutti e
cattivi? Stateci alla larga.
di Vittorio Feltri
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