La Kyenge si divide tra convegni e cene benefiche. Ma
finora non ha combinato nulla per le famiglie italiane in Congo e per
Lampedusa. Quasi tutto il partito la attacca: "Non basta piangere".
Lerner: bilancio negativo.
«Non vale
un'acca! Il ministro Kyenge dimostra di non valere un'acca! Prenda subito un
aereo per il Congo! E già che c'è ci resti anche a lungo!» strepita il leghista
Borghezio al telefono col nostro ambasciatore a Kinshasa.
Ventisei
famiglie italiane sono bloccate lì, in Congo, alcune da più di due mesi,
insieme ai loro bambini adottati, tra malaria, visti scaduti, assurdità varie.
Dal ministro
Cecile Kyenge, congolese di origini, ci si aspettava un aiuto («Stiamo
intensificando il lavoro diplomatico» promise a metà dicembre...), ma finora
nessun risultato, solo promesse. Una mamma ha anche denunciato: «Abbiamo
chiamato il ministero più volte, ma la Kyenge non ci ha mai dato ascolto». La
materia è competenza della Farnesina, ma è difficile non leggerlo anche come un
insuccesso personale della Kyenge. Nove mesi complicati per la traballante
poltrona della ministra (dell'Integrazione), sotto attacco anche del Pd, stufo
del suo ministro. «La sua presenza nel governo non dev'essere solo un modo per
ripulirsi le coscienze. Non basta piangere e condannare, deve dare risposte
concrete ai migranti» la rimprovera il deputato Pd Kalid Chouki (che ieri si è
recluso al Cie di Lampedusa, incassando la solidarietà di mezzo partito) anche
lui un «Turco boy», nel senso di un pupillo dell'ex ministra Livia Turco, che
ha sponsorizzato la nomina della Kyenge presso Letta. Sul fronte dei
«migranti», stavolta sua piena competenza, la Kyenge ha fatto solo buchi
nell'acqua. Prima della tragedia dei morti a Lampedusa, e prima degli scandali
sulle condizioni dei clandestini nei Cie, la Kyenge assicurava:
«L'immigrazione? Non è un'emergenza, ormai è un fenomeno stabile». Anche
l'antileghista viscerale Gad Lerner, che pure - scrive sul suo blog - ha
«gioito per la sua nomina» e si è «indignato per gli attacchi razzisti di cui è
stata oggetto» (le battute da osteria sull'orango...), chiede: «Porterà a casa
qualche risultato?».
Come dire:
finora nulla.
La Kyenge, prima firmataria come deputata soltanto di due disegni di legge e di
una interrogazione, assente per missione il 93% del tempo (ma è così per tutti
gli onorevoli con incarichi di governo), è molto impegnata in conferenze,
convegni, cene benefiche, tavole rotonde... Dove arriva anche con tre auto di
scorta, a sirene spiegato, come Milano (tra l'altro, contromano) quando i
passanti le gridarono «vergogna». In questi giorni l'agenda della ministro
prevede Inaugurazione Casa della Misericordia il 21 dicembre, Pranzo con i
poveri di Padre La Manna il 25 dicembre, conferenza L'Italia del domani: c'è un
futuro per i giovani? il 28, eccetera. Parole, parole, parole... A volte anche
spericolate, cose che le comporta frequenti critiche. «Lo ius soli? Lo faremo
entro i primi mesi di gennaio 2014. È italiano chi nasce in italia».
Il professor Sartori, editorialista non ascrivibile al centrodestra, dopo
averle consigliato qualche «lezione di italiano», l'ha fatta a pezzi sul
Corriere della sera: «La Kyenge è una incompetente raccomandata. Lo ius soli è
una idea demenziale. Sarebbe un disastro in un paese con altissima
disoccupazione. Aumenterebbe le file dei lavoratori sottopagati e la
delinquenza per le strade». Altre frasi della Kyenge sono subito entrate nel
repertorio cult: «Genitore 1 e 2 al posto di mamma e papà nei documenti? Sono
d'accordo»; «Andrebbe abolito il reato di immigrazione clandestina»; «Bisogna
superare i campi nomadi e collocarli i Rom in alloggi»; Poi le «quote nere» in
azienda: «Bisogna introdurre una norma che preveda quote bloccate e posti
riservati per gli immigrati nelle aziende».
Per non dire di certi infortuni, come la sorella Kapya, residente a Pesaro,
denunciata per lesioni, minacce e ingiurie (razziste, tra l'altro) da una donna
albanese. Sorella Kyenge, tra l'altro, avrebbe detto: «Ho le spalle coperte,
mia sorella è in Parlamento». Poi il marito, che ha sparato a zero sul Pd («è
una macchina da soldi, le hanno chiesto 34mila euro») proprio mentre lei si
stava riposizionando sul segretario Renzi... La sua integrazione con la Casta è
riuscita perfettamente.
di Paolo Bracalini (Giornale)
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