Non c’era azzurro nel cielo domenicale di Bassano del Grappa, tinto dei colori di 2500 gonfaloni veneti che sventolavano sulle strade cittadine all’urlo «indipendenza». Mille paia di scarpe in viale Fosse, dove il comitato referendario Veneto Decida aveva fissato la partenza del corteo, giunto con più del doppio dei partecipanti in piazza Duomo. Li sentivi tutti, gli indipendentisti, quando sullo storico ponte Vecchio un agente della polizia municipale intima la testa del corteo al dietrofront: «Abbiamo sbagliato strada». E raggiungere il lato opposto della lunga biscia di manifestanti, a quasi un chilometro da dove ci si era fermati, era come nuotare in mare aperto, controcorrente. Senza spazio ai lati della strada dove i residenti si fermavano ad ascoltare la voce che usciva dal megafono: «Par tera, par mar». E più di uno sapeva rispondere: «San Marco».
Come soldati della Serenissima, hanno applaudito l’arrivo del governatore Luca Zaia a metà del percorso, che si è subito schierato in prima fila al fianco di tre dei fondatori di Veneto Decida, Alessio Morosin, Luca Azzano Cantarutti e Antonio Guadagnini, ai consiglieri regionali Stefano Valdegamberi, Roberto Ciambetti, Federico Caner, al senatore Massimo Bitonci, all’europarlamentare Mara Bizzotto, al mastino padovano Roberto Marcato. La gente lo avvicinava con sorrisi silenziosi che lasciavano trasparire incitamento e voglia di farcela. Ma con le parole chiedevano solo una cosa: «quando ci porterai a votare». Una domanda che non attendeva una data come risposta, ma la spiegazione di un progetto chiaro e fattibile, oggi responsabilità più nelle mani della politica che nelle loro.
A metà pomeriggio, sotto il palco allestito nel centro della cittadina, si percepiva l’attesa per quella risposta. Quell’intervento di Zaia che loro speravano si sarebbe concluso con l’incoronazione di un leader. Ci si avvicina, il governatore, quando prende la parola davanti all’occhio della telecamera di Agorà per mandare un messaggio a Roma: «Ricordategli che qui sette persone su dieci, parlano veneto. Sette su dieci pensano veneto». Strappa applausi toccando i nervi scoperti di una crisi economica che il Veneto prima non conosceva. Ma non arriva fino in fondo, e la gente delusa lo giudicherà “sottotono”.
Eppure le parole che Zaia grida al microfono hanno chiarito, come non mai, i fatti: «Serve il 50 percento più uno dei voti». A significare che il referendum, oggi, non è più una questione di possibilità, ma di mera maggioranza. Non era mai successo prima, per bocca di un politico, in una piazza. Ma la folla pare non sentirlo, forse perché loro – che fosse possibile – lo sapevano già da tempo. Le sue parole suonano come una tirata di orecchie per chi vuole tutto e subito, senza rendersi conto che l’indipendenza è un solo colpo in canna che non deve essere sprecato. Ma tra le righe il presidente bisbiglia l’accordo reciproco: a voi l’onere di votare e cambiare la maggioranza in Consiglio regionale, a me tutto il resto. Cauto, quanto onesto, il governatore non parla esplicitamente di elezioni, ma auspica la fiducia.
Una richiesta che resta una possibilità nell’aria, certamente dipendente dalla forza politica che il governatore sarà chiamato ad esprimere definitivamente fra 20 giorni dopo che il suo partito, la Lega Nord, scoprirà le carte incoronando il nuovo segretario. Un appuntamento vitale, che potrebbe portare all’esclusione di Umberto Bossi e alla conseguente ricompattazione dell’ala indipendentista sotto il suo nome. Ma soprattutto, in Veneto, al riscatto della forza d’azione di Zaia contro quella di Flavio Tosi.
Una manifestazione forse in anticipo sui tempi necessari alla strategia politica, ma che conferma quanto non riescono a smentire i sondaggi: 2500 persone ieri, rappresentati di 147 comuni e 4 provincie già pronte al voto referendario. Più di 2 milioni di veneti che hanno sostituito la spilla politica con il leone marciano, a significare che loro sono pronti non solo alla battaglia, ma anche a pretendere una classe dirigente che eguagli il loro coraggio. Un sentimento che Veneto Decida riporterà presto sulle strade, puntando all’incontenibile forza che hanno ammirato nei catalani sulle strade di Barcelona. Una forza che allora non guarderà più ai palazzi del potere, ma a quello delle istituzioni: palazzo Ducale.
di Francesca Carrarini (L'Intraprendente)
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