Senza vergogna. Se uno chiede
trasparenza sui compensi di Crozza, Fazio, Benigni, Littizzetto, ecco che viene
subito accusato di voler distruggere la Rai per favorire Mediaset. Come se loro
rappresentassero la Rai. Spudorati e indecenti, soprattutto dalle parti di
Repubblica. Ma perfetto segno del degrado culturale, esistenziale e politico in
cui è precipitata la sinistra.
C'è una parola tratta dal
linguaggio militare che è perfetta per osservare la continuità della strategia
comunista. Esiste un dna della mente, del desiderio. Che è quello della presa
del potere attraverso una guerra che non versa nelle intenzioni il sangue del
prossimo, ma costringe alla resa delle coscienze, che si mettono nelle mani di
chi ha la potente arma di una cultura vincente. Vincente non perché ha ragione,
ma perché ha saputo affermarsi insediandosi nei luoghi da cui si dominano le
vie di fuga del nemico.
Gramsci teorizzò la conquista del
potere attraverso il possesso delle coscienze del popolo. È stato il primo a
definire il concetto di «società civile». Si tratta allora di penetrare la
società civile trasferendovi la cultura delle élites materialiste e
dialettiche. Ma com'è possibile questa conquista? Ecco allora la formula delle
«casematte». Che cos'è la «casamatta»? È una macchina da guerra un po' datata.
La casamatta è il locale di un'opera di fortificazione, chiuso all'interno e
coperto nella parte superiore a prova di bomba, munito di una o più cannoniere,
destinato nella maggior parte dei casi a ricevere artiglierie. Ecco, secondo
Gramsci, la presa del potere sulla società civile per assimilarla all'ideologia
del Nuovo Principe, il Pci, doveva passare attraverso la occupazione delle
casematte. Se le prendi, sei invulnerabile. Ogni epoca ha le sue casematte. La
lezione gramsciana della guerra di posizione ha individuato nel nostro paese
tre casematte principali. Tre luoghi del dominio comunista: la magistratura; la
cultura; i mass media.
La casamatta della magistratura è
stata occupata progressivamente sin dal 1945, grazie alla posizione di ministro
guardasigilli di Togliatti. Ha avuto il suo momento apicale con la fine degli
anni '80. È passata prima dalla conquista delle procure per poi passare alla
magistratura giudicante, ricattata attraverso la principale casamatta del
potere giudiziario: il Csm.
Il lavoro da fare nella
comunicazione è quanto qui vorremmo esporre. La Rai è di fatto il motore della
cultura italiana profonda. La scoprì la Dc, l'ha coltivata, con ben altra
tempra politica e organizzativa, il Pci. Da sempre Rai3 si pone come
avanguardia, è il «tom tom» sulla road map per affermare un'egemonia culturale.
È il punto di asserita ribellione al controllo dell'Arcinemico. Una volta era
il Pentapartito e in particolare il Caf. Oggi è il punto di massimo ascolto dei
talk show e degli infotainment. Che tempo che fa e Ballarò, ma anche Agorà
praticano una filosofia della medietà, sono un tappeto comodo per tutti. In
realtà, in particolare Fabio Fazio, con la sua cantilena quieta, il suo volto
perbene, da oratoriano appena rientrato dal seminario, realizzano il mito di
una sinistra equilibrata, moralista il giusto, che ama arte e scienza, e rispetta
tutti, purché accettino il pentagramma di valori esemplificati da Fazio.
Così Ballarò. Così - anche se la
testata non è riferibile a Rai3, ma essendo lì ospitata, ne assorbe i caratteri
di autorevolezza - anche il TgR. Il mio lavoro è stato quello di demitizzare
questi pretesi eroi . Le cifre sono testarde. Abbiamo fatto emergere come loro
caschino sulla parentela ideologica di ospiti politici e no. E quindi sono
dovuti per forza essere tutti sanzionati dall'AgCom.
La mia presenza da Fazio ha posto
davanti al conduttore gli stessi elementi di scandalo per la ricchezza che sono
il sale della cultura di sinistra. Incidendo su quel tipo di pubblico portato,
per protestare, a convergere su Grillo. Non si tratta ovviamente di attaccare
le persone, ma il mito che essi rappresentano (su www.ilmattinale.it abbiamo
già iniziato a farlo sulla giustizia). Sono sicuro che gli oltre 10mila uomini
e donne lavoratori della Rai stanno organizzando una pacifica rivolta o almeno
una class action. La sinistra e i commentatori di riferimento hanno deciso che
la Rai sono i tre comici non dipendenti, ma strapagati, senza di cui la Rai
sarebbe morta. Gli attacchi che ho subìto per aver banalmente chiesto
trasparenza sui contratti di Fazio, Crozza e Benigni sono stati intesi come se
la Rai coincidesse con questi tre comici, cui va garantito lo status divino.
Sarebbe tutta lì, dicono
involontariamente le reazioni di Pd e soci, la consistenza della più grande
realtà culturale d'Europa. Se è così, questa è un'offesa colossale alla dignità
del capitale umano della Rai, che non ha certo bisogno di nascondersi dietro la
barbetta négligée di Fazio. Oppure se davvero la Rai coincide con i tre
moschettieri della sinistra, perché gli italiani dovrebbero essere costretti a
pagare un canone che offre la benzina alla comica macchina da guerra di
propaganda del Pd?
La Rai dovrebbe ritrovare se
stessa, rendendosi conto di essere uno dei pochi acquirenti, specie nelle ore
della prima serata, delle «performance» che gli artisti o i conduttori di
programmi offrono. E se per un prodotto c'è un solo acquirente (o pochi) a
fronte di una pluralità di venditori, beh, il prezzo lo fa l'acquirente, la
Rai. Sono le regole del mercato. Se poi al venditore non va bene il compenso
offerto, sarà libero di cercarsi acquirenti altrove. Solo così la Rai
recupererà la sua allure e sarà l'artista/conduttore a diventare famoso: non la
Rai ad acquisire valore perché ci lavora Tizio o Caio.
Così come Fazio non può
giustificare il suo compenso sostenendo che il suo programma porti all'azienda
più ricavi che costi. Che tempo che fa è un programma di infotainment pensata
per fare share, ascolti, introiti. In un'azienda sana, e a maggior ragione
nella tv di Stato, una trasmissione di questo tipo dovrebbe e deve servire per
garantire la possibilità di fare altri programmi in altre fasce orarie e che
magari incassano molto poco dal mercato. Bene che esista e bene che vada a
gonfie vele. Meno bene il fatto che le sue star si sentano autorizzate a
chiedere e a ricevere compensi da nababbi.
Gramsci non si sa se sarebbe
contento. Qui segnaliamo che la macchina da guerra comunista è diventata prima
la «gioiosa macchina da guerra» progressista di Occhetto, e oggi la «comica
macchina da guerra», condotta dai Benigni, dai Crozza, dai Fazio, dalle
Littizzetto. Una casamatta che si è posizionata come una sanguisuga nella Rai.
Smontiamo la casamatta. Basta con le rendite parassitarie che ammazzano il
profitto della libertà.
di Renato Brunetta
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